LINA SALVI
testi tratti da Abitare l'imperfetto - ed. La Vita Felice, 2007
Abitare l’imperfetto
Affrontare la quarta fase
investire in ciò che siamo
non siamo, di verità avidi
sempre in bilico il sapere.
Bisogna sempre mentire al titolare
garbatamente dire,
infilare l’ago dolcemente nel punto
più dolente della gamba,
nascondere lo sdegno.
*
Mi spaventa il ritmo regolare
delle piante, le stagioni, sempre quelle
catena al collo
si potrebbe inventare, dire
di una sinistra variazione del tempo
qualcosa che sfugga suo malgrado
primitiva alla morte.
*
È uno strano movimento
del cervello, il girare a vuoto
nella sagoma di un coltello,
la solita infiammazione di un nervo,
un fuoco che pervade il cerebrale
lo stare della scrittura su una gamba
sola.
*
Resto comunque aggrappata
alla vastità di una pianura, al mare
d’oriente, a quel bacio inesplorato,
ritmo cardiaco. Dopo il primo pianto
ci sarà dato, al secondo giro di vento,
al cenno sovrano del bicchiere.
*
La messa è finita
raccogli dunque il tuo pane
l’epifania del lago, i battelli
battezzati, un nome solo
a memoria.
La parola non è che
un corpo innaturale
pelle avida di sale.
*
Spingersi oltre questa sera
per netta conseguenza
dentro a un film
in uno spostamento d’aria di vuoto,
che ognuno porta con sé.
Conosco il male, ciò che hai lasciato
la necessaria violenza del sale
quel freddo che restringe
in un appello nominale, le arterie.
Socialità
La lettera giunse in dicembre.
La lettera parlava chiaro: non avevo
scelta dovevo partire, accettai contro
il parere di mia madre. La nostalgia
mi costringeva a lunghe telefonate
a faticosi viaggi, interrotti da turni
di lavoro, incomprensioni di colleghi
che dei meridionali non ne parlavano
mai bene, lei non mi salutò mai
con un bacio, con una carezza.
Desiderava che accettassi
l’aiuto di un parente o che tornassi a casa
il ragù che ribolliva sui fornelli
potesse amalgamare non solo la pasta!
L’ordine del giorno scivolava
apparentemente su argomenti più frivoli,
ero fidanzata, non ero fidanzata,
pensavo di esserlo a breve, mi vergognavo
della mia schiena, della sua cicatrice.
Alle sue domande reagivo come se non avessi
ascoltato, come se si fossero d’un tratto
interrotti i fili della comunicazione,
come se l’esistenza di un bisogno
mi procurasse un’emozione
dalla quale era meglio stare alla larga.
Riprendevo vigore, scatto assumevo
un’espressione inflessibile e statuaria, io
che senza una barra metallica conficcata
nella schiena non ero nemmeno in grado
di governare il capo.
lunedì 11 maggio 2009
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La Tela Sonora
La Tela sonora e' una rete che attrae la poesia per espanderla e farla conoscere nel mondo, qui e ora: non esiste passato non esiste futuro. il futuro é il passato come é stato pensato da TE.
Ascolta ora in questo momento, l'unico possibile attimo.
Le parole della poesia letta sono adesso e ora, la loro musicalità é un tantra che raggiunge il cervello e soprattutto il cuore.
visita http://www.radioalma.blogspot.com/ ed ascolta le puntate trascorse in compagnia dei poeti.
La tela é per tutti grandi e piccini senza distinzione, accoglie per espandere per ritornare nel mondo con una forza più grande
Grazie a tutti coloro che hanno deciso di partecipare, la tela é vostra
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