lunedì 12 gennaio 2009

Vittoria Ravagli alla LA TELA SONORA - venerdi 9.1.2009

Joice Iussu "sibilla del novecento"


Carissima Anna,

so bene che tu senti come me questo crescente disagio che ci fa prigioniere nelle nostre vite, in difesa, guardinghe, a galleggiare dentro bolle trasparenti che rendono stentata la comunicazione. Succede anche noi, che nella parola riponiamo amore e rispetto. Ma è forse l’uso che se ne vede fare che ci disgusta. Gli “intellettuali”, quelli che scrivono di sé e per sé (tra loro purtroppo non mancano donne) si stanno riposizionando, sono abbastanza silenziosi o si trovano in giri sempre più chiusi: studiano come potere continuare il proprio inutile esercizio autoreferenziale. Senza offendere troppo il potere. Gli altri sembrano ammutoliti. E’ tale e tanto quello di negativo che “passa” e così assente un senso morale, civico, un coraggio di fare e di dire al di fuori di bandierine e slogan, nei fatti concreti e giornalieri della vita, che ci si trova attoniti e muti.

Mi trovo a fare una selezione durissima nei contatti che mantengo. Seguo il mio sentire, le priorità che da anni mi sono data. Regole. Bravi o no che siano i poeti, le scrittrici, la scelta è sulla persona, sul suo modo di vivere e di essere più che di scrivere, di apparire.
Molte delle tante amiche come te più giovani, con le quali ho un rapporto forte da anni, sono in questo momento più insicure che mai: c’è chi cambia o perde il lavoro, chi la casa, chi il compagno. Ansiose, oberate di lavori, spesso con genitori o parenti da seguire, da accudire. Un mondo difficile che credo ormai solo le donne possano cambiare prendendo in mano le cose, modificandole, rivedendo le regole, facendo scelte di nonviolenza, di parità, mettendo al centro i bambini, la loro vita, la qualità di tutte le vite. Ma per farlo dovranno sentire la gioia di essere donne, consapevoli di portare valori diversi, necessari - non in corsa a superare, copiandolo, l’uomo – Partiamo da noi, dalle nostre piccole vite, dai luoghi che frequentiamo, dalle scelte che facciamo. Si cambiano le cose a partire dal basso.
Sappiamo di affari sporchi, piccoli e grandi crimini, violenze, soprusi. Siamo attorniati da notizie spesso tremende. Questo ci opprime, tende a renderci opache.
Il coraggio, che può e deve essere anche individuale (di denunciare, di dire, di chiedere, di far conoscere, di volere risposte) ora in Italia sembra assente. In politica ma anche nelle vita di ogni giorno, nelle scuole, sui giornali, negli scritti, e più ancora nei comportamenti. Essere coraggiosi, normalmente coraggiosi, chiari, vuol dire oggi essere isolati, estremisti o pazzi.
Niente di nuovo, dirai. Ma ora è peggio, Anna, è disperante. Sembra di vedere svolgersi un copione ineludibile, scritto da altri, accettato supinamente.
Noi come indiane nelle riserve della parola? Cerchiamo che così non sia. Restiamo consapevoli del poco che a la vita ci chiede.
Continuare a lavorare con le donne più giovani, cercare di dare loro forza e speranza, seguirle passo passo, restare collegate, sostenersi a vicenda, è un compito, una strada da seguire sino alla fine, per le anziane come me, per le donne come te. Un’impresa che occupa tutti i nostri giorni.

Ti abbraccio Anna, sorella più giovane, ma sorella maggiore Vittoria

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