lunedì 19 gennaio 2009

SUL LIBRO EBREZZE E SORTILEGI, INCANTESIMI DELLE DONNE MAYA



Questi incantesimi sono stati sognati da donne maya sugli altipiani del Chiapas, nel sud del Messico. Secondo le autrici tzotzil di questa antologia, i canti e i sortilegi sono stati tramandati dai loro antenati, i Primi Padresmadres, che conservano il Grande Libro in cui sono scritte tutte le parole. Pasakwala Kómes, una veggente analfabeta di Santiago El Pinar, ha appreso i suoi scongiuri sognando il Libro. Loxa Jiménes Lópes di Epal Ch’en, una contrada di Chamula, parla di una Anjel, figlia del Signore delle Grotte, che glieli ha sussurrati all’orecchio e poi, in sogno, le ha mostrato il Libro con tutte le parole magiche da imparare.

Mostrami i tuoi tre libri,
le tue tre lettere,
l’inchiostro delle lettere

recita Maria Tzu per chiedere il segreto della tintura di hojamarga e rivolge i suoi versi all’Antica Terra in Fiore, lo Scrigno che Custodisce i Segreti.
Manwela Kokoroch, di Laguna Petej, Chamula, canta al Fratello Maggiore della Scrittura e della Pittura, che conserva il Libro in cui sono scritti i nomi di tutti gli abitanti della terra, insieme al giorno della loro morte. Così chiede una lunga vita:

Lascia che il mio spirito animale viva
per molti anni ancora
nelle pagine del Libro,
nelle sue lettere,
nei suoi disegni,
su tutta la superficie della Terra.

Anche se poche autrici di questa antologia sanno leggere, anche se i maya tzotzil non hanno librerie né biblioteche nelle loro comunità, di una persona saggia si dice che “ha libri nel cuore”, secondo un dizionario spagnolo-tzotzil del XVI secolo tradotto da Robert M. Laughlin.
La parola maya per designare un libro – hun o vun – significa anche “carta” e la fabbricazione della carta è un’importante tradizione mesoamericana. Negli antichi rituali del periodo classico, le donne maya si perforavano la lingua e versavano il loro sangue sulla carta, che veniva poi bruciata. Ancora oggi, nel villaggio di San Pablito Pahuatlán nello stato di Puebla, dove si produce la carta amate dalla corteccia di un albero, questa viene bruciata come offerta alle divinità.
In tzotzil, scrivere e dipingere sono designati da un solo verbo – tz’ib – così come il colore yosh comprende sia il blu che il verde. Antonia Moshán Culej di Huixtán domanda: “Com’è che Maria Tzu sa dipingere se non sa scrivere?”. La tessitura è considerata oggi una forma di scrittura e le donne tzotzil possono leggere i versi dei loro telai.
All’antico dio maya Itzamná si attribuisce l’invenzione della scrittura. Secondo la tradizione, sua moglie creò l’universo dipingendo tutte le cose. I Padresmadres diedero vita a una delle poche culture nella storia che inventarono una forma di scrivere la loro lingua. I progenitori di Loxa Jiménes, Maria Tzu e Manwela Kokoroch crearono i codici maya, magnifici libri scritti quando queste terre erano abitate solo dai popoli originari. Su pagine di corteccia stuccate dipinsero ritmi e orbite dei pianeti, profezie, almanacchi e incantesimi. Nella cronaca della sua Conquista de la Nueva España, Bernal Díaz del Castillo, un soldato che accompagnava Cortés nell’invasione del Messico, scrive:

“Trovammo templi e luoghi di sacrificio imbrattati di sangue e l’incenso che bruciavano e idoli con altre proprietà, anche le pietre su cui facevano i loro sacrifici e piume di pappagallo e molti dei loro libri, che piegano come facciamo con i tessuti in Spagna.”


......... segue a richiesta ... latelasonora@gmail.com

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