giovedì 22 gennaio 2009

Aldina De Stefano

Libro: Le Krivapete delle Valli del Natisone
Un'altra storia

Da: Mauro Daltin
Data: Monday 21 November, 2005



Mitiche Krivapetedi Marina Giovannelli
Attraverso l’intero Friuli, dalla Carnia alla Bassa, da Andreis alle Valli del Natisone, si contano numerose grotte indicate ufficialmente nei dati catastali e nella toponomastica come abitazioni di Fate, Agane, Krivapete, Torke, Pagane. Nella diversità del comportamento e dell’aspetto, queste figure famminili hanno in comune,oltre all’appartenenza al mondo degli essere mitologici e nel collegamento con l’acqua, le sorgenti, le grotte, la marginalità. Ovviamente non si trovano solo in Friuli, al contrario si assimilano ad analoghe figure sia verso ovest che verso est, e rimandano, secondo Carlo Ginzburg (Storia notturna), a culti a sfondo sciamanico.Il libro di Aldina De Stefano dedicato a “Le Krivapete della valli del Natisone. Un’altra storia” (Kappa Vu) affonda l’osservazione nell’area fino ad ora meno studiata con un’inchiesta a tutto campo, per molti versi interessante. Intelligente, innanzitutto, la puntualizzazione del significato di “marginalità” per quanto riguarda le Valli: queste, poste al confine oritentale d’Italia, diventano centrali se considerate all’interno di un sistema geo-culturale più ampio, connesso al mondo slavo e germanico, cosicchè quello che si poteva considerare negativamente conservazione all’interno di un sistema chiuso, diviene preziosa permanenza in un ambiente percorso dal flusso di persone e di idee, in questo mod invitando da subito alla prosecuzione degli studi e alla comparazione.Leggendo i frammenti dei racconti orali e scritti che riguardano le Krivapete, ripercorrendo le interpretazioni date nel tempo alla loro natura, indagando anche linguisticamente il significato del nome che le definisce, e assumendo infine come riferimento genrale dell’indagine la teoria esposta ne “Il linguaggio della dea” da Maria Gimbutas (teoria oggi per il vero non molto accreditata in ambito scientifico), Aldina de Stefano avanza diverse ipotesi che qui si possono solo sintetizzare. Potrebbero essere “solo uno dei tanti nomi e volti della dea”, oppure donne di particolare capacità e sapienza, autonome rispetto agli uomini e per questo malviste, temute e al contempo rispettate, o anche ribelli all’ordine sociale e soprattuttuo religioso post-riformistico, considerate streghe. Presentano analogie con i benandanti o potrebbero anche venir ricondotte alle correnti eretiche che attraversarono nel secondo Cinquecento l’area sottoposta al Capitolo di Cividale.L’importante, per l’autrice, non è assumre uno dei concetti come vero escludendo gli altri, ma al contrario evidenziare da un lato l’impossibilità attuale di far chiarezza, dal momento che solo frammentaria è la memoria di un passato ormai mitico, dall’altro valorizzare proprio questa incertezza nell’ottica di un sapere lunare che vuole mantenere al mistero la sua complessa conformazione, rispettarne la sacralità e trarne indicazioni per un miglior rapporto odierno tra individui e natura. Questa sembra l’istanza più presente nel libro di De Stefano, che anche nel metodo propone e persegue sue caratteristiche comportamentali quali l’incontro e il dialogo, come si evince dalla struttura del testo, vero texturm che si apre con più voci compartecipi della ricerca, sia di informatori/trici, sia di appassionati/e all’indagine, adulti e bambini, presenti in vario modo nel percorso compiuto. Lunga la via delle Krivapete si incontrano senza soluzione di continuità elementi di carattere scientifico ed ampi spazi poetici, a sottolineare l’auspicio di un sapere dell’anima lontano dalla freddezza e soprattutto dall’impersonalità. Non a caso finore conoscevamo Aldina come poeta sensibile alla natura e alla valorizzazione di un femminile presente nella storia, nella letteratura, nell’arte, nella filosofia, ma non sempre conosciuto, non sempre ammesso al tavolo dell’ufficialità.

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