Ibn `Arabî, L'interprete delle passioni, a cura di Roberto Rossi Testa e Gianni De Martino, Urra - Apogeo s.r.l., Milano, 2008.
Il libro comprende una revisione di quanto riportato nel 2004 su SuperZeko (in particolare, sono indicati i segni diacritici dei termini arabi) più una lunga prefazione di Gianni De Martino (L'eccedenza mistica), una Introduzione di Roberto Rossi Testa e una bibliografia di base. È stata riscritta anche la Nota del traduttore italiano.
Per ordinazioni: http://www.urraonline.com/
Il libro comprende una revisione di quanto riportato nel 2004 su SuperZeko (in particolare, sono indicati i segni diacritici dei termini arabi) più una lunga prefazione di Gianni De Martino (L'eccedenza mistica), una Introduzione di Roberto Rossi Testa e una bibliografia di base. È stata riscritta anche la Nota del traduttore italiano.
Per ordinazioni: http://www.urraonline.com/
Cara Daniela,
RispondiEliminanon credo esista,“ il vero senso islam”, cioè una specie di “islamoessenza” da diffondere. Significherebbe confondere il nome e l’essenza. Come recita un versetto del Corano: “Solo Dio conosce la sua parola”. Il che apre lo spazio dell’interpretazione e della fedeltà a una parola che, se presa alla lettera, uccide lo spirito. E talvolta, anche gli uomini e le donne, “nel nome dell’islam…”.
Quando viene captata dalla politica arrogandosi il potere di distruggere, la formula essenzialista “nel nome dell’islam” può diventare, purtroppo, una folle litania.
Islam non significa solo “sottomissione”, ma anche “salvezza”, “accoglienza”… ha molti significati.
Quando Ibn Arabi scrive il suo poema dell’ ardente desiderio, ovvero “L’interprete delle passioni”, dice che la realtà del tutt’Altro ( ‘akbar) suppone il desiderio di rivelarsi e di essere conosciuto attraverso l’infinità dei suoi nomi. ILDIO ( è quel che significa AL-LAH, che designa il senza nome) è presente ovunque, in tutte le credenze.
E’ quel che il Maestro riprende nel famoso poema: “ Il mio cuore è diventato capace di ogni forma… L’amore è la mia religione e la mia fede.”
Questo è dunque un togliere qualsiasi “essenza” al nome “musulmano”, “islamico”, “islamista”, eccetera, pur restando “musulmano”. Non cadere nell’idolatria della lettera, dei nomi e delle identità fisse e contratte, implica una fiducia nella parola, a partire da un pensiero del desiderio di Dio come desiderio creatore di vita e di esistenze nel seno di ciascuna esistenza singolare. A partire dalla donna, la cui bellezza è irradiazione della bellezza del divino.
Dio, quindi, si fa conoscere nella gioia e nella fragile felicità di ogni vita, non nella morte “nel nome dell’islam”.
Bacio
Gianni