martedì 11 novembre 2008

Fabia Ghenzovich

Fabia Ghenzovich, Giro di Boa, Novi Ligure, Joker edizioni, 2007Vi sono raccolte poetiche in cui l’assemblaggio dei testi segue un disegno più ampio, alla ricerca di rapporti e proporzioni che li incorporino come elementi interdipendenti di una struttura; e raccolte che, al contrario, tendono ad adeguare con naturalezza la scrittura alla magmaticità dell’esistenza, a fare di quella lo specchio di questa, fondando nella realtà vissuta, storica e/o psichica che sia, un modello già pronto, intrinsecamente letterario, di inattingibilità del senso. Giro di Boa, raccolta d’esordio della veneziana Fabia Ghenzovich, sembra collocarsi in questa seconda dimensione; si tratta infatti di un insieme di testi eterogenei, che fissano in mobili “istantanee” di versi non solo un’esibita varietà di moventi espressivi, siano essi input esterni (es. il tema della guerra), autobiografici (es. le poesie dedicate ai genitori), o lirico-introspettivi, ma anche un’ampia diversità di registri, che sembra rendere la poesia stessa una specie di crogiuolo metamorfico, in cui gli aspetti dell’esistenza depositano una propria quieta attitudine a significare “altro” da sé. "Giro di boa" indica allora una specie di inversione a U attraverso cui si ritorna sui propri passi, per rivisitare un flusso di coscienza da una visuale capovolta, e l' "altro" può affiorare anche "quando tutto è uguale / eppure niente è più come prima nemmeno punto / virgola o rima / [...]” (Giro di Boa, p. 14).

La poesia insegue quest’ “altro” con ogni mezzo a sua disposizione, attingendo da una consolidata tradizione di modelli disponibili, con una certa attrazione per intonazioni di sapore ermetico, specie ungarettiano; svariando da modalità pianamente descittive ad echi surrealisti, dal verso lungo al monoverbo, fino all’haiku. E si ha l’impressione che la scelta del registro risponda a una fondamentale istanza comunicativa, quella di rappresentare per esteso la gamma delle varianti disponibili a significare il proprio rapporto con l’esistenza, a tradurlo in versi come forma ancorata a un altrove sempre ben presente, cui invitare il lettore a identificarsi senza caricare l'empatia di troppe stratificazioni e filtri letterari.

Il che, se da un lato testimonia un livello di “autenticità” di scrittura a tratti ammirevole, paga d'altra parte il prezzo di una certa discontinuità dell’insieme; la funzione poetica, assorbendo l’estemporaneità dell’ “occasione” come movente primario all’affioramento del verso, sembra disegnare un ritratto polimorfo, con macchie di colore iridescenti associate a graffi e consunzioni improvvise. Moventi di natura “privata” di testi come Astroalbero I (“Nata il 22 luglio sotto il segno del fico / La sensibilità: molto forte, un po’ volitiva / [...]”, p. 54) affiancano felici intuizioni metapoetiche, (vedi La parola: “Vista dall’alto s’impenna / nell’etere moltiplica / elude per sovraesposizione / uguali/discordanti cloache d’illusione / forma/pensiero parabola inversa / allo zenit flottiglia dispersa / in caduta libera / la parola”, p.30) o felici inserti di sapore esistenziale, come ad esempio in Alchimie ([...] bulbi piliferi in estensione / di occhi e mani inflorescenze / liquide corporali alchimie / e suoni e armonie [...] , p. 30). Abbonda quasi ovunque l’uso di assonanze o rime interne, che risulta particolarmente efficace quando offre il controcanto d’identità fonetica a frequenti operazioni di smembramento verbale e/o lessicale ( “Mi chiedo se sempre sia l’estrema resa / (dei conti) alla rinuncia un giro di boa / quando tutto è uguale / eppure niente è più come prima nemmeno punto / virgola o tima / [...]”, in Giro di Boa, , p. 14; “[...] / flussi riflussi piastrine filamenti e budelli / cellule staminali e altri potenziali / lavorii di invisibili abili mani. / [...]”, in Vita e morte, p. 8).
Fabia GhenzovichUn libro non privo di pregi, insomma, quello di Ghenzovich, prova d’esordio che accanto a un indubbio talento poetico sconta forse qualche sfocatura nell’assestamento simbolico del singolo elemento nell’insieme, specie quando la frammentarietà della vita cerca di comporre sulla pagina il cifrario nascosto, sempre delicatissimo, di uno sfaccettato percorso interiore Fabia Ghenzovich è nata a Venezia dove vive, dividendosi tra il lavoro e la passione per la poesia. Ha partecipato a numerose antologie nazionali: ed. Lietocolle, Montedit, Anterem antologia del premio Lorenzo Montano,ed Il Filo: Territori. Ha partecipato alla prima biennale di poesia Officina della percezione Anterem ed. nel 2004 e nell'0ttobre del 2005 al Festival Veronapoesia, sempre per Anterem.È interessata alla poesia e alle sue possibili contaminazioni e interazioni tra i linguaggi dell'arte e in particolare con quello musicale, come nel caso di Metropoli, performance che vede la poesia musicata in rap, presentato nel 2004 al Legrenzi live a Mestre (Ve), a Milano per la giornata mondiale della poesia, 21 marzo 2005, musicato dal compositore Berardo Mariani all'interno del progetto Poiein di Milanocosa e a Venezia eseguito con Matteo Casini, (chitarrista e cantante del gruppo rock/blues Rumori di fondo) giugno 2005 galleria Artlife, per Fragments evento poetico continuato. E' socia di Milanocosa dal 2004.

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