giovedì 27 novembre 2008

LA TELA SONORA - 28 novembre 2008 alle ore 20h00


Ibn `Arabî, L'interprete delle passioni, a cura di Roberto Rossi Testa e Gianni De Martino, Urra - Apogeo s.r.l., Milano, 2008.
Il libro comprende una revisione di quanto riportato nel 2004 su SuperZeko (in particolare, sono indicati i segni diacritici dei termini arabi) più una lunga prefazione di Gianni De Martino (L'eccedenza mistica), una Introduzione di Roberto Rossi Testa e una bibliografia di base. È stata riscritta anche la Nota del traduttore italiano.
Per ordinazioni: http://www.urraonline.com/

Muhyî-d-Dîn ibn al-`Arabî

1) Una nuvola gravida
di temporale a Dât al-Adâ ruppe
in un baleno sopra la pianura.
2) E il tuono del segreto
suo dialogo scoppiò,
e la nube di pioggia
abbondanti rovesci fece piovere.
3) Si dissero l'un l'altro: "Fate mettere
i cammelli in ginocchio",
però non ascoltavano,
ed io nella passione
gridai: "O cammelliere,
4) Deh tu fermati qui, sosta e riposa,
poiché è una donna
che sta con voi che amo.
5) È una fanciulla snella
e graziosa, di tenera bellezza,
per cui agogna il cuore
del desolato amante.
6) La sala del convito
si colma di fragranza al nome suo,
ed ogni lingua il nome suo invoca;
7) E se il suo seggio fosse una vallata
(però il suo trono è una montagna eccelsa)
8) La pianura, per lei,
diventerebbe altura:
e chi rivolge intorno
sguardi pieni d'invidia
non può arrivare mai a quell'altezza.
9) Si popola per lei ogni deserto,
per lei ogni miraggio si tramuta
in abbondante acqua;
10) Per lei ogni giardino
acquista brillantezza,
ogni vino per lei diventa chiaro.
11) La mia notte è raggiante col suo volto,
con la sua chioma il giorno mio è oscuro.
12) Il cuore del mio cuore,
quando chi l'ha ferito
coi suoi dardi l'ha preso,
13) Fu trafitto dagli occhi
adusi a colpir visceri:
e di quei loro strali
nemmeno uno andò fuori bersaglio.
14) Nessun gufo dei luoghi solitari,
e nessuna colomba dal collare,
nessun corvo gracchiante
15) È tanto sfortunato
quanto il cammello adulto che sellarono
per condurre lontano
uno la cui bellezza era preclara,
16) Nel Luogo di al-Adâ abbandonando
uno che ama appassionatamente
come se fosse morto,
per quanto nell'amore
per loro sia veridico e sincero.

COMMENTO
1) "Una nuvola gravida di temporale": una manifestazione dell'Essenza.
"Dât al-Adâ": località di Tihâma, in Arabia Saudita, rappresenta la Stazione dello Stupore relativo all'Esaltazione, poiché Dio esalta coloro che si umiliano dinanzi a Lui.
"baleno": è la luce della suddetta esaltazione.
4) "qui": presso uno che ti cerca e ti ama.
"una donna che sta con voi": si rivolge alle scienze apprese da tale manifestazione. Dal momento che esse sono perseguite non per il loro valore intrinseco ma per quello di ciò da cui dipendono, egli dice che desidera accostarsi a quest'ultimo per mezzo loro.
5) "una fanciulla": un attributo divino che si è manifestato nel mondo delle somiglianze.
7-8) Il senso è il seguente: la sua sublimità esalta chiunque nel quale ella dimori.
"una montagna eccelsa": il cuore del conoscente.
"non può arrivare mai": l'Essenza divina è inconoscibile.
9) "ogni deserto": ogni cuore si ritrova vuoto nell'oblio divino.
10"vino": godimento spirituale.
11) Il verso significa: "Ho acquisito conoscenza del mondo invisibile grazie alla sua chioma, e di quello visibile per mezzo del suo volto, e il mio mondo visibile "la produce" come un essere invisibile all'occhio", vale adire: "Io ho il potere di apparire in forme diverse, come al-Kidr e certi santi, ad esempio Qadîb al-Bân.
12) "chi l'ha ferito": Dio, in riferimento a Corano, 6,95-96.
13) "fu trafitto": dalle scienze e manifestazioni delle Idee divine.
14-16) Il senso è il seguente: "Cosa infelicissima è un'estasi fra te e gli attributi divini: poiché l'estasi prende possesso del cuore, cosicché il mistero dell'Onnipotente, che fu illuminato da questa manifestazione d'Essenza, rimane incompreso, e non si capisce più ciò che era già stato rivelato.

Verso Sud

Verso Sud

Prigioniero nel silenzio
Io sono un’Anima persa nel tempo
Quale strada
Quale vento
È da seguire per trovare il mio senso
E se c’è
una cura per me
Come aria
Per respirare io ancora la cerco

Se il mio passo fosse vento
L’universo apprenderei in un momento
Ma sono uomo
E mi perdo

Sto camminando verso sud
Cerco il mio stesso risveglio
navigando verso me
Ma nel cammino io ancora mi perdo
Si mi perdo
Io mi perdo

Io mi perdo
Si mi perdo

Camminando verso sud
Ho attraversato deserti
Navigando sul mare
Ho conosciuto montagne
Ma è questa sete che io non riesco a placare
Che mi trascina via
Via lontano da me
Che mi trascina via
Via lontano da me

MAI DI GIOVEDì

Stasera su Radio Verona: MAI DI GIOVEDì
Dalle 21 lle 23 (fm 103.00 /103.90 - http://www.blogger.com/www.radioverona.it per ascoltarci in streaming)
Conduce: Federico Castagna
Tema della serata: I TURBAMENTI
Ospite: Serafino Rudari (pittore)
Regia video: Michele Morando
Musica live: Fabio Fiocco
Fotografie: Francesca Marzano
e film della serata: Picnic ad Hanging Rock - di Peter Weir (1975)
Vi ricordo inoltre l'appuntamento con MDG ASPIRINE dal lunedì al mercoledì su radio verona dalle 22 alle 22:30, con cinque pezzi musicali sfiziosi per non perdere il collegamento con lo show del giovedì.
http://www.myspace.com/maidigiovedi
a stasera!
:)


Michele
http://www.blogger.com/www.desiderioumile.it

giovedì 20 novembre 2008

Viaggio dentro i ‘paesaggi interiori’

Viaggio dentro i ‘paesaggi interiori’ di 20 scrittori italiani(rubrica settimanale a cura di M.P. Ciancio - V appuntamento)

Scrivere è un atto solitario, intimo e privato. Ci vuoi raccontare che significato ha per te la parola scritta e come vivi il rapporto della scrittura con “l’altro” e con il mondo esterno?
Questa settimana abbiamo con noi lo scrittore Domenico Cipriano:
La parola è precisa, definita nel suo equilibrio. C’è un ordine scritto, non precisato a priori, che si dispiega in un ritmo interiore per accogliere i segni linguistici che nominano le cose, il mondo. Così ogni parola prende il suo posto in modo meticoloso, conducendoci a percezioni tattili nella sua immaterialità, obbligandoci a ritornare più volte su ogni singolo segno, su ogni sillaba e suono. È una eco che si crea e si collega con l’esterno, quell’esterno da cui le parole provengono prima di sedimentarsi dentro di noi e rivelarsi lentamente in un momento di estrema solitudine, in un luogo e un tempo inattesi, un luogo e un tempo che hanno bisogno di confidarsi con noi o dove noi sentiamo il bisogno di ritrovarci in loro.Sono delle voci che – mi accorgo – a volte sussurrano da lontano, da dentro il paesaggio, questo sconfinato bisogno di vita; altre volte è la vita che cerca compassione attraverso le parole, una compassione da cui rinascere. È un atto di coraggio, ma anche l’estrema rivelazione di un segreto impalpabile, che lega il visibile con ciò che non possiamo vedere, quelle dimensioni simili e apparentemente distanti. La poesia, prima della scrittura, ha questo dono immenso di rivelazione. Il suono intimo e inafferrabile si imprime così tra i densi tracciati della scrittura e alla fine di un testo tutto è così perfetto ma impalpabile, non ci sono paroleche possano dirsi senza le altre, perché a quel punto è come se tranciassimo l’anello di una catena.La scelta della poesia non ammette deroghe; se la vita sociale ci prospetta soluzioni obbligate, di convenienza, nella poesia col tempo ogni convenienza ha il suo risvolto negativo, ci fa perdere la fede nella parola, nella ricerca che abbiamo affrontato fino a quel momento, nel compito stesso della scrittura che abbiamo saputo accogliere incoscientemente e che, coscientemente e spesso con sofferenza, portiamo avanti contro ogni richiesta della società.
[settembre 2008]

Nato nel 1970 a Guardia Lombardi (Av), vive in Irpinia. Già vincitore del premio Lerici-Pea 1999 per l’inedito, ha pubblicato la prima raccolta organica dal titolo “Il continente perso” (Roma, Fermenti, 2000; 2a. ed. 2001), con introduzione di Plinio Perilli e nota del musicista jazz Paolo Fresu (libro vincitore del premio Camaiore “Proposta” 2000 e segnalato al premio Eugenio Montale 2000). Ha pubblicato i libricini da collezione, “L’assenza” (con foto a cura di Enzo Eric Toccaceli), PulcinoElefante, 2001; “La pelle nuda delle stelle” (con 1 disegno di Antonio Baglivo), Idridilibri, 2008; “L’enigma della macchina per cucire” (con 1 disegno di Prisco De Vivo), Edizioni L’Arca Felice, 2008. Interessato al connubio Jazz e Poesia è inserito nell’antologia della poesia in jazz in Italia, Swing in versi, a cura di Guido Michelone e Francesca Tini Brunozzi (Lampi di stampa, Milano, 2004) e ha dato vita, insieme all’attore Enzo Marangelo e al pianista Enzo Orefice, al progetto JP band da cui il CD “Le note richiamano versi” (Abeatrecords, 2004), con sezione ritmica di Piero Leveratto ed Ettore Fioravanti. È presente nei volumi collettanei “4 poets” (Il Filo, Roma, 2003) e “7 poeti campani” (Orizzonti Meridionali ed., Cosenza, 2006) e in varie antologie, si ricordano: “Melodie della Terra”, a cura di Plinio Perilli (Crocetti, Milano, 1997), “La poesia in Campania”, a cura di G. B. Nazzaro (Marcus ed., Napoli, 2006), “Da Napoli / verso”, a cura di A. Spagnuolo e S. Di Spigno (Kairòs, Napoli, 2007) Corale, a cura di F. Bianchi (La voce della luna, 2007). Poesie, interventi e recensioni ai suoi lavori sono apparse sulle riviste: Poesia, Pagine, La Clessidra, Il Segnale, Hebenon, Le Voci della Luna, Hortus, Pietraserena, L’Immaginazione, La Mosca di Milano, Banco di Lettura, Fermenti, Poiesis, Capoverso, Graphie, L’Ortica, Scorpione Letterario, Risvolti, Il Filorosso, Fucine Mute, Atelier, Plurabelle, Lo Specchio de La Stampa, Gradiva, Forum Italicum, Ameritalia, ecc. Partecipa a Festival e pubbliche letture ed è redattore delle riviste Sinestesie e Il Madrigale. È incluso nella galleria di ritratti pittorici “Mostropoeta” di Serena Maffia. Collabora alla rivista La Mosca di Milano. Ha ideato e curato eventi di poesia.Sito web www.domenicocipriano.it

CALENDARIO DELLA POESIA ITALIANA 2009

ISBN 13 978-2-87448-020-1
Price: EUR 25,95
Price: $29.95






365 Poesie 250 Autori

Un calendario ed un’antologia insieme.

Il Calendario della poesia italiana 2009, è un oggetto dalla veste elegante, e presenta 365 poesie e più di 250 autori italiani. Raccoglie testi appartenenti a diverse epoche e scuole, con particolare attenzione alla poesia contemporanea. Perfetto da tenersi sulla scrivania o sul comodino, il calendario offre l’opera di alcuni tra i maggiori poeti italiani dal XIV al XXI secolo. Per ritrovare le più belle poesie della tradizione letteraria italiana, conoscere le più importanti voci della poesia contemporanea, e scoprire i migliori autori emergenti del panorama italiano.

Il calendario è raccolto in una spirale, che permette di voltare pagina, e di utilizzarlo anche in seguito, come un volume da consultare. C’è anche un indice per autori e per testi.

Il Calendario della poesia italiana 2009 di Alhambra, è molto più che un semplice calendario, è un libro da conservare.

ilfilodipartenope



IlfilodiPartenope: parole intrecciate sul filo della materia.
Fili di editoria artigiana nati da un’idea e da un progetto editoriale del laboratorio di Lina Marigliano e Alberto D’Angelo.
Piccoli librini d’arte vestiti di carta materica che ci parlano del testo prima ancora di essere aperti. Parole sigillate da un fermaglio di rame forgiato a fuoco, legati da un groviglio di fili! I librini racchiudono tra le pagine un’incisione d’artista tirata a mano nel Laboratorio di Nola diretto da Vittorio Avella. Ogni testo viene letto interpretato e vestito. La stampa è impressa a piombo da Carmine Cervone

I librini finora pubblicati sono:
Tufo di Erri De Luca – Breve racconto realizzato in carta di tufo flegreo ( pietra gialla partenopea), con all’interno una acquaforte-acquatinta di Vittorio Avella . Tiratura 99 copie con acquaforte e 100 solo testo. Formato 10x15. Esaurtito
Bruna di Michele Sovente Poesia d’amore realizzata in carta di cotto toscano (è infatti una poesia di un innamorato cotto) con all’interno un’acquaforte –acquatinta di Vittorio Avella. Tiratura 99 copie con acquaforte e 100 solo testo. Formato 10x15. Esaurito
Ho paura di me di Regis Jauffret – Breve racconto realizzato in carta alcolica di acini d’uva decorata con frammenti di specchi e con all’interno un’acquaforte-acquatinta di Lello Esposito. Formato 10x15. Tiratura 140 copie.
Amare l’amore di Riccardo Dalisi – Raccolta di poesie realizzata in carta di polvere di rame ( Riccardo Dalisi può essere a ragione definito come l’artista che ha dato un’anima al metallo ed in particolare al rame) e con all’interno un’acquaforte-acquatinta dello stesso autore. Tiratura 150 copie. Formato 10x15. Esaurito
Olga dei dolori di Stella Cervasio – Breve racconto realizzato in carta di assenzio (anestetico per eccellenza) e con all’interno un’acquaforte-acquatinta di Sergio Fermariello. Formato 10x15. Tiratura 150 copie.
L’alba non è più felice ed altre poesie di Sandro Pedicini – Raccolta di poesie realizzata in carta di trucioli di alberi e con all’interno un’acquaforte-acquatinta di Antonio Mastronunzio. Formato 10x15. Tiratura 150 copie.
Una lavagna di Maria Luisa Spaziani – Raccolta di poesie realizzata in carta di ardesia e gesso con all’interno una acquaforte-acquatinta di Vittorio Avella. Formato 10x15. Tiratura 150 copie.
“ e nacquero le viole” scelta di poesie dai poems di K. Mansfield a cura di Marcella Corsi e realizzata su carta di pigmenti blu oltremare con all’interno una acquaforte-acquatinta di Riccardo Dalisi.. Formato 10x15. Tiratura 150 copie.Esaurito
Conversando sull’amore di Ugo di San Vittore tradotto e curato da Lorenzo Gobbi realizzato in carta di ulivo con all’interno un’acquaforte-acquatinta di Vittorio Avella. Formato 10x15. Tiratura 150 copie.
Un guscio di Nocciola - I fiori e le erbe di Shakespeare a cura di Lorenzo Gobbi realizzato in carta di nocciolo con all’interno un’acquaforte-acquatinta di Pietro Lista. Formato 10x15. Tiratura di 150 copie.
Camminare ad occhi chiusi di Riccardo Dalisi Breve testo per esaltare la memoria del corpo e gli altri sensi realizzato in carta di tufo e rame con un’acquaforte-acquatinta dello stesso autore. Formato 13x18. Tiratura 150 copie.
Odore di caffè di Riccardo Pazzaglia, Racconto sul caffè e la caffettiera napoletana realizzato in carta di caffè con un’acquaforte-acquatinta di Riccardo Dalisi.. Formato 13x18. Tiratura 300 copie.
In onore del giorno e della notte di Adonis - Raccolta di poesie del grande poeta franco-siriano realizzata in carta di mirra e con all’interno un’acquaforte-acquatinta di Lello Esposito. Formato 13x18. Tiratura 198 copie.
Immutato compimento dell’estate di Luigi Olivetti – Raccolta di poesie ispirate ad Alassio realizzata in carta di sabbia bianca di Alassio e con all’interno un’acquaforte-acquatinta di Pietro Spica. Formato 13x18. Tiratura 198 copie.

Il salto dell’acciuga di Nico Orengo realizzato in carta di sale con all’interno un’acquaforte di Giuliano Tomaino. Formato 13x18. Tiratura 198 copie.
La figlia del mare scelta di poesie dai poems di K. Mansfield a cura di Marcella Corsi, realizzata in carta di sabbia della spiaggia di Aphrodite e con all’interno un’acquaforte di Rinedda. Formato 13x18. Tiratura 198 copie


Info: IlfilodiPartenope – 80138 Napoli, via della Sapienza 4
0039 081295922, mobile 3388581875
ilfilodipartenope@libero.it

Alberto Mori

venerdì 21 : ROGGIU DE MUSSA PIN-A - domenica 23: Alberto Mori . "Distribuzione"
venerdì 20:POST FOLK STUMENTALE ore 22
ascoltali qui.

Sotto lo pseudonimo di Roggiu de Mussa Pin-a si cela il progetto di cinque musicisti: Felice Cosmo, Giampiero Sicurella, Gabriele Zamboni, Davide Bonfanti e Samuel Colette. Cinque sensibilità musicali diverse che si uniscono in unico progetto dando vita ad una musica strumentale non catalogabile. La definiamo post folk per semplicità.

domenica 23:
“DISTRIBUZIONE"
performance live di Alberto Mori- audio/video poesia - con la presenza del filosofo Franco Galloautore della prefazione "Una ricerca quella di Alberto Mori che affonda in un humus scandagliato sul temporeale, in continuitàcol presente, parola del tempo,del prodotto chiamato, consumato,distribuito ,dispensato, dispendiato, accelerato"(Maria Grazia Martina)
Alberto Mori è nato a Crema (Cr) nel 1962. Poeta Performer Artista. Dal 1986 pubblica libri di poesia. Scrive saggi di poesia e d’arte, racconti, prose. Effettua readings, letture pubbliche, installazioni, video e performance.
Collabora a progetti d’interazione della poesia con tutte le espressioni artistiche.
La produzione di videopoesia dell’ultimo decennio è documentata e consultabileal centro di documentazione per le arti visive del Careof e Via Farini di Milano e on line sul loro sito www.docva.org .
E’ tra i membri fondatori del Circolo Poetico Correnti che dal 1995,opera nella riflessione, incontro, divulgazione della poesia.
I suoi testi sono raccolti su riviste ed in diverse antologie.
Tra le pubblicazioni più recenti: Iperpoesie (1997) Percezione (2000) Multimedia Edizioni ; Cellule (2001) Raccordanze (2004) Cierre Grafica; Urbanità (2001) Non luoghi A Procedere (2003) Utópos (2005) Bar (2006) Distribuzione (2008) Scrittura Creativa Edizioni; Suonetti (2006) Alla Pasticceria del Pesce ; Il libro di te ovunque (2007) LietoColle ; Raccolta (2008) Fara Editore.Iperpoesie (2001) per Save As Edicion ed Utópos (2006) per Emboscall Peccata Minuta sono stati tradotti in Spagna. Nel 2007 finalista con segnalazione per la poesia inedita della XXI edizione del premio “Lorenzo Montano”. Nel 2008 premiato con segnalazione alla XXII edizione dello stesso premio per il libro Raccolta edito da Fara Editore.

mercoledì 19 novembre 2008

EUROPEAN VOICES débarque à Paris

Performances, concerts, lectures: le projet EUROPEAN VOICES débarque à Paris
Après le bon succès dans le Festival Internationale de Poésie de Gênes, la plus grande manifestation en Italie en ce qui concerne la poésie, European Voices arrive à Paris.
European Voices est un projet européen créé par l’association culturelle italienne CVT (Circolo dei Viaggiatori nel Tempo) et qui a eu le soutien de la Commission Européenne dans le cadre du Programme Culture 2008.
Ce projet, sous la direction artistique du poète italien Claudio Pozzani, prévoit la participation de plus de 50 poètes qui représentent 22 Pays européens, à travers des spectacles gratuits dans quatre villes, Vienne, Paris, Berlin et Helsinki, de octobre à décembre 2008.
Cette initiative est née pour être un point de repère pour les poètes en Europe et contribuer à la diffusion et connaissance de la poésie contemporaine, sans limites de langue, de style et de forme expressive.
Pour atteindre à ce but, European Voices est devenu une section dans des festivals de poésie qui existent déjà (Gênes, Paris, Helsinki) et a donné vie à des nouveaux événements (Vienne, Berlin).
A’ Paris, European Voices a lieu dans le cadre de la Semaine Poétique de Paris, du 19 au 23 novembre, avec des lectures, performances et rencontres.
Parmi les lieux qui accueilleront ces spectacles, il y a la Maison de l’Amérique Latine (19 novembre à 21h), le Café-Théâtre La Comedia (20 novembre à 21h) , la Société des Gens de Lettres (21 novembre à 18.30), l’Institut Roumain (21 novembre à 21h), la Halle Saint Pierre (20 novembre à 15h) et le jazz club New Morning (23 novembre à 21h).
Parmi les poètes, il y aura Jacques Darras, André Velter, Patrick Dubost, Sylvestre Clancier, Serge Pey, Marc Delouze (France), Jean Portante (Luxembourg), Korneljius Platelis (Lituanie), Leonis Briedis (Lettonie), Adrian Grima (Malte), Magda Carneci, Linda Maria Baros, Ioana Craciunescu (Roumanie), John Deane (Irlande), Bas Boettcher (Allemagne), Jan Litvak (Slovaquie), Vivian Lamarque et Mauro Macario (Italie), Eva Cox (Belgique), Kiril Kadiiski (Bulgarie) et beaucoup d’autres.
La soirée de clôture au New Morning sera speciale, avec les meilleurs poètes-performeurs d’Europe accompagnés par des musiciens de jazz et de musique contemporaine comme le Maya Quartet, un groupe de jazz parmi les plus connus en Italie.
Tous les spectacles sont gratuits.
Pour info : www.europeanvoices.org
Direction artistique: +39 3472684956

lunedì 17 novembre 2008

Il resto (parziale) della storia


recensione di Guido Passini pubblica in respirandopoesia.altervista.org

Carla De Angelis e Stefano Martello - Il resto (parziale) della storia
www.faraeditore.it/agenda/restostoria.htmlCenni BiograficiCarla De Angelis è nata a Roma, città dove vive e lavora, nel 1944. Nel 1962 ha conosciuto il poeta Luigi Bartolini e pubblicato i primi versi nella rivista internazionale «Pensiero ed Arte». Nel 1965 ha vinto un diploma partecipando al Gran Premio Internazionale di Poesia“Vega” e collaborato all’antologia dedicata a Dante Alighieri nel VII centenario della nascita. Ha partecipato ad attività artistiche nel sociale. È stata pubblicata da Aletti Editore in tre antologie poetiche degli anni 2005 e 2006. Con Fara Editore ha pubblicato la raccolta di poesie Salutami il mare nel 2006, Diversità apparenti (a cura di Stefano Martello) nel 2007 e nel 2008 Il resto (parziale) della storia.Recensione Questo libro curato da Carla De Angelis e Stefano Martello è un libro che definirei “importante”, e quando dico importante, intendo importante per l’uomo. Tutto fa cultura e soprattutto i libri che denunciano uno stato attuale dando voce ad una malattia conosciuta solo per nome ma che in pochi realmente sanno cosa significa: l’Autismo.Personalmente prima di preparare questa recensione ho ovviamente letto il libro e affrontato alcune ricerche sull’autismo in quanto mi sentivo ancora troppo “ignorante”.Credo che immedesimarsi in una persona affetta da Autismo sia pressoché impossibile sotto alcuni aspetti, soprattutto dal punto di vista emozionale e della capacità di rapporto con il prossimo. Allo stesso tempo però, credo di poter capire un genitore o un parente prossimo, in quanto malato di fibrosi cistica conosco il dolore, conosco quanto pesante sia ogni mattina affrontare un nuovo giorno, uguale a ieri e probabilmente uguale a domani. Conosco quanto le istituzioni facciano nell’ambito sociale, ma so anche quanto purtroppo sia ancora poco, troppo poco.Il resto parziale della storia è un libro che deve, e sottolineo deve, entrare in circolazione il più possibile. Oggigiorno che siamo circondati da libri che parlano di storie fantasy (che oltretutto apprezzo moltissimo), di libri di barzellette, di diari di persone che probabilmente non hanno nulla da dire, se non mettere in vetrina un nome ed arricchire un eventuale curriculum. Chiedo anticipatamente scusa ad eventuali editori e/o scrittori di questo genere, ma forse oggi ho la penna avvelenata.Io considero questo volume un libro di storia, sebbene non ci siano date da ricordare, ma c’è la vita, c’è il racconto, la testimonianza di chi sono i veri eroi di questa storia, di questo mondo.Ora non vorrei mitizzare, o martirizzare nessuno, ma guardiamo in faccia alla realtà: viviamo in un mondo dove le persone abbandonano i figli, uccidono genitori per dolore, ed invece in questo libro si trovano persone che affrontano con coraggio le situazioni, lottano ogni giorno con le istituzioni, sono alla costante ricerca di qualcosa che possa garantire un futuro al proprio figlio, un qualcosa che ancora forse non esiste. Per questo voglio parlare di eroi. La speranza è l’ultima a morire e fino a quando ci saranno persone come Carla De Angelis, Stefano Martello, Chiara De Luca, Michela Maggiani, Oliviero Mascarucci, Eleonora Laurita e Rosella Vernata che hanno il coraggio, la forza e la voglia di riportare spaccati di vita, testimonianze, pensieri e riflessioni su quello che la casistica ha donato, o magari messo in contatto con persone affette, tutto sarà possibile, tutto sarà più facile, seppure nella sua difficoltà.La casistica, impressionante quanto la casualità possa entrare a fare parte di una vita e condizionarla per tutto il suo passaggio.A questo punto credo che parlare dello stile di scrittura con cui è stato curato il libro sia inutile, qui si parla di cuore, di vita, di amore per il prossimo. Da ammirare è senz’altro la sobrietà e la delicatezza di chi ha scritto questo libro, cosa che non è probabilmente riuscita al sottoscritto in questa recensione.Vorrei davvero che questo libro arrivasse in alto, alle istituzioni che hanno potere decisionale, e l’augurio è quello che non venga sfogliato o messo in un angolo di una libreria intasata da vecchi libri polverosi, ma mi auguro solo che venga ascoltato.Venga portato alle manifestazioni, ed ascoltato, nelle scuole, ed ascoltato, nelle piazze e nuovamente ascoltato.Per ascoltato non intendo dire ascoltare e provare quella compassione che dura pochi minuti e poi ci si è già dimenticati del motivo. Per ascoltato intendo che porti una riflessione e magari sfoci in un’idea importante, anche se non sarà per il presente, ma almeno per un futuro, nemmeno tanto lontano.Nono so quante persone potranno leggere questa recensione, ma mi auguro che tante persone acquistino questo libro edito da Fara Editore e che abbiano il cuore di farlo girare, ma soprattutto leggere e capire.Vi assicuro che sono emozioni forti, se avrete il coraggio e il cuore di immedesimarvi in chi ha dato vita a questo libro.Un solo ultimo NB da portare ai vostri occhi. Osservate bene la copertina … una pennellata mostra una S di colore verde … binomio perfetto, la S di speranza ed il colore verde che per antonomasia lo rappresenta.A noi lettori a questo punto il compito più decisivo … fare in modo che questo colore resti sempre acceso.Grazie per l’attenzione e grazie agli autori di questo libro per questo ottimo proposito.

di Narda FattoriSe poesia è visione del sé, dell’altro, delle contiguità e delle contaminazioni all’interno del percorso nel mondo, allora proprio non si può scrivere a due voci; per sua stessa natura la poesia è un atto solitario che può accadere ovunque ma risponde a logiche individuali, talvolta condivisibili nel metodo, non nell’armonia, nel contenuto, nel passo. Sui passi per non rimanere, infatti, non è nulla di tutto questo, oserei dire che non sono neppure due voci che si confrontano su vie parallele, anche se si coglie qua e là il tentativo di dare risposta a domande condivise. Infatti le due voci non si mescolano, da una parte quella di Alessandro, dall’altra quella di Chiara, distinte, a volta distanti. Tuttavia il tentativo di rincorrersi sui temi può essere interessante e meriterebbe di essere tentato.Entrambi i poeti hanno uno sguardo disincantato sul potere della poesia e sulla capacità di avere chiarezza di mete e percorsi. Come affermato dal titolo, che costituisce il primo verso delle poesie di Assiri e ne costituiscono il suo explicit, il viaggio è sempre più importante del suo punto di arrivo e le parole riacquistano un peso se pronunciate dentro uno spostamento, all’interno di un passo; solo così perdono le scorie dell’uso quotidiano , si denudano in una semantica originaria, riconoscono il silenzio e si fanno voce individuale.La poesia di Alessandro, essenziale e diretta, riflette sullo stato delle cose, dove “il tempo non è pieno / ma solo arrotondato per tornare”, sì che chi vuole andare coglie la dimensione tragica dell’esistente, quella dell’attesa vana, “aspettando bottiglie dal mare”.L’incontro è difficile perché ci si muove su piani diversi che raramente si incontrano, eppure sono prossimi, e deflagrano quando due diventano uno, che però resta consapevole della duplicità: “e io che sembro un altro / so fare solo con te addosso / … / quanto amore quanto amore/ che passa trascinandosi.”Dunque neppure l’amore sa trarci fuori dalla gravità, non è in grado di farci volare, però fa proseguire, fa scoprire costellazioni, ma il destino costruisce secondi, ma occorre agire con cautela, rifarsi nuova pagina da riscrivere che il tempo non saprà risparmiare, che teme di non durare “tra l’erba che cresce / e la guerra che non finisce”.Ci aspettano ricorrenze che tengono in piedi i giorni, ma già il pensiero è altrove, non per timore del tempo che passa, ma di come essa trascorra nel vuoto, nell’insipienza, nel dramma “irrimediabilmente”. Allora occorre ripetersi che “derivare è proseguire / tirare dritto verso il mare”.E ripensare alla possibilità dei reiterarsi dell’incontro, di risentirsi colmo.Sono poesie brevi, dome direi, quelle di Alessandro e tutto è giocato su un dettato quotidiano, quasi colloquiale se non sentissimo la padronanza della musicalità, delle rare metafore, dell’esaustività del suo dire. L’attenzione è centrata sui contenuti, non certo sulla retorica e fa di alcune sue poesie piccole perle a illuminare una vita schiva e lontana da ogni forma di omologazione che avida e astuta si introduce nostro malgrado nel quotidiano.Diversa la poesia di Chiara, di più forte accento, di marcata forza, distesa, a riprova che c’è ancora altro e altro e altro.Nel tempo “siamo note nel vuoto a cercare uno spartito / e non resta bianco all’infinito il pentagramma”; dunque il tempo fa come la nebbia che tutto offusca, ma consente anche di riscriversi nuovamente, testardamente, sentire la fascinazione dell’andare, trarre chimere dall’attesa “senza aver coperto la distanza”.Il verso lungo consente alla poetessa di darci dimostrazione di come tutto si disfi e si ricostruisca per ricondensare a caso un senso, e anche se franti ci venga offerta la possibilità di riprendere peso e sostanza e durare e non finire mai la propria porzione di lotta contro tutto ciò che ci vorrebbe fermi e quieti.Guerrigliera, Chiara afferma che “non ha senso restare sulla soglia” e che “strappati si rinasce … /solo amputando le speranze”. È un divenire pieno di croci e di strappi, ma a strare fermi si ammuffisce, si marcisce, non si trova nulla: andando, ci si può fare male, ma si può incontrare bagliori di luce, tenerezze, significati, amori.Chiara non cerca una vita a piè di pagina, essa la consuma, annusandola, entrandovi dentro, assaporandolo per rigettarla quando non è di suo gusto, e di suo gusto è raramente, pur tuttavia “il bene intuito dalla negazione / affanna nel sottrarsi, affama”Questa ultima parola ci dovrebbe far riflettere: affama di nuova vita, di nuove esperienze, di nuova ricerca, senza avvertenze perché già conosce quali siano le controindicazioni e non le teme.Perché può anche capitare di “… inseguire / in linea d’ombra luci leggere / che nel tempo bruciano/ ben più del sole”.Lungo il procedere dell’opera anche il linguaggio della De Luca rischiara, giunge ad una consapevolezza che non è consolatoria ma consapevole come affermano questi bellissimi versi: “il bene non entra nelle parole / ho mani di selce che aprono / a poterlo sfregare”.Mi pare che tutta la storia dell’evoluzione umana sia condensata in queste poche parole: con la selce l’uomo si proiettò in un futuro più abitabile, quella selce è diventata uno strumento della mente che non ha perso la funzione di penetrare sotto ogni scoria .La poesia di Chiara fa ampio uso di metafore, ma tutte legate come luminarie, segnano il percorso del senso, segnalano un prima per giungere ad un poi.
Una caratteristica comune di entrambi i poeti è quasi la totale assenza di un qualunque paesaggio, cittadino o di campagna: non serve a nessuno dei due che scrivono poesie liriche e nello stesso tempo riflessive e si tengono distanti sia dalla narratività di tanta poesia contemporanea sia dai vezzi delle assonanze delle parole che si associano per similarità di suono.Non ci troviamo di fronte ad un lirismo sentimentale, ma ad un modello che canta i semi della ragione, il guscio franto delle esperienze nel momento sorgivo o in quello finale, ovvero là dove si coagula il senso.

venerdì 14 novembre 2008

CATERINA CAMPORESI

NEL LAMPO L’IRRIPETIBILE


non chiedermi
che cosa c’è

se poi non vuoi avventurarti
tra le pieghe dell’ambiguità
nel torpore delle sensazioni

sgomento e ritiro
non hanno fatto avanzare
amore e conoscenza

nel gioco furente e disperante
dell’amore
non seppero più distinguere
il prendere dell’uno
da quello dell’altro

- questo all’inizio fu la vita -
alla fine divenne la morte

*

gli amori sono splendenti
nella loro aurora
traboccante di desiderio
sparso a caso nelle pieghe
dell’anima

quella luminosa lancia
d’illusione d’eterno amore
ci rifletterà allo specchio
l’epifania di sole e stelle

e chiunque sancisca
col gesto maldestro
la differenza tra sogno e realtà
resisterà quella cicatrice di luce
- impunita nel testo dei corpi -
a cerchiare il grigio che verrà

*

estranea
agli strali del silenzio
rincorro
la parola
in bilico tra abissi

con un verso sigillo la danza
che ardita incalza

e in alto intanto
al canto
lascia la sciagura
il passo

*

l’ambigua legge dei pochi
resta sempre
comunque dei pochi
a guidare la corsa dei molti
lungo i sentieri della storia

*

siamo naufraghi impavidi
della ciurma di Ulisse
a tratti sommersi
ora scampati
tra gli scogli scalpitiamo

da Duende, Marsilio, 2003

il ragno e la tela


.. dal blog di Gianni de Martino .........

Al ritorno a casa da un lungo viaggio, mentre mi spingo in un angolo a scrivere, sollevo gli occhi dallo schermo del pc e scorgo sul soffitto una piccola ragnatela.
Quando vedo una tela di ragno, non oso mai toglierla. Penso sempre vedendola al lavoro di Aracne, questa sventurata fanciulla di Lidia che osò superare Atena nell’arte della tessitura e, per aver sfidato il Potere con la sua fragile arte, fu trasformata in ragno.
Cosa aveva fatto, sfidato gli dèi ? Di più, aveva dato prova di libertà creativa. Mentre infatti Atena con la sua tela aveva rappresentato in maniera convenzionale le grandi imprese divine, Aracne invece aveva raffigurato gli amori di alcuni dei, svelando le loro colpe e i loro inganni. Quando il lavoro fu completato, la stessa Atena dovette ammettere che la tela di Aracne aveva una bellezza che mai si era vista, ma non tollerando l'evidente sconfitta della Doxa imperante e il fatto che l’arte venisse meno al suo compito di difesa sociale e delle istituzioni, con rabbia afferrò la tela della rivale e la stracciò in mille pezzi.…
Lacerante esperienza. Dopo un momento di afasia, pensando ad Aracne e al suo desiderio dissidente, ti vedi alzarti dalla sedia e andare verso la libreria per cercarvi il libro di Ovidio :
« …. non tulit infelix laqueoque animosa ligavit guttura: pendentem Pallas miserata levavit atque ita "vive quidem, pende tamen, inproba" dixit, " lexque eadem poenae, ne sis secura futuri, dicta tuo generi serisque nepotibus esto! " Post ea discedens sucis Hecateidos herbae sparsit: et extemplo tristi medicamine tactae defluxere comae, cum quis et naris et aures, fitque caput minimum; toto quoque corpore parva est: in latere exiles digiti pro cruribus haerent . »
[… La poveretta non lo tollerò, e corse impavida a infilare il collo in un cappio. Vedendola pendere, Pallade ne ebbe compassione e la sorresse, dicendo così:” Vivi pure, ma penzola, malvagia, e perché tu non stia tranquilla per il futuro, la stessa pena sia comminata alla tua stirpe e a tutti i tuoi discendenti!” Detto questo, prima di andarsene la spruzzò di succhi di erbe infernali, e subito al contatti del terribile filtro i capelli scivolarono via, e con esso il naso a gli orecchi; e la testa diventa piccolissima, e tutto il corpo d’altronde s’impicciolisce. Ai fianchi rimangono attaccate esili dita che fanno da zampe. Tutto il resto è pancia. ma da questa Aracne riemette del filo e torna a rifare - ragno - le tele come una volta ». ( Metamorfosi, VI ) ].
Ricordi una illustrazione di Gustav Doré che da bambino ti faceva paura: quella di Aracne citata da Dante nel Purgatorio… E cerchi l’immagine su Google ( “Google è il ragno della rete”).
.
.

Aracne è raffigurata ai piedi di Dante e di Virgilio, e - come il testo di cui parlava Roland Barthes - sembra dire al suo lettore : « Sono tua, possiedimi ».
Poi ricordi che Aracne è citata pure da Virgilio nelle Georgiche, da Boccaccio nel De claris mulieribus, da Giambattista Marino nella poesia “Donna che cuce”, e non so da chi altro… Kafka ? No, era Gregorio Samsa… quella strana bestia non era un ragno ma una specie di millepiedi o scarafaggio ( "un insetto mostruoso").
Ormai prigioniero dello strano desiderio di scrivere, inizia una vera e propria strategia del ragno, come se fossi “posseduto” dalla figura di Aracne – l’industriosa madre della tappezzeria, della tessitura, del testo…
Del testo ? Il riferimento al Piacere del testo è quasi automatico : « ‘Testo’ vuol dire ‘Tessuto’; ma laddove fin qui si è sempre preso questo tessuto per un prodotto, un velo già fatto dietro al quale, più o meno nascosto, sta il senso (la verità), adesso accentuiamo, nel tessuto, l'idea generativa per cui il testo si fa, si lavora attraverso un intreccio perpetuo; sperduto in questo tessuto - questa tessitura - il soggetto vi si disfa, simile a un ragno che si dissolva da sé nelle secrezioni costruttive della sua tela. Se amiamo i neologismi, potremmo definire la teoria del testo come una "ifologia - hyphos, è il tessuto e la tela del ragno » (Barthes, Il piacere del testo ).
Se la teoria del testo sarebbe « ifologia », allora potremmo definire la letteratura come una forma di aracnofilia… Una battuta, perché no ? Evidentemente – dici a te stesso, per tranquillità - il desiderio che fa scrivere e generare un testo è altro da quello che fa parlare ; e indietreggi davanti alla confessione di considerarti un… tarantato.
Insomma, l’atto dello scrivere è caso e causa di un certo sdoppiamento di sé. E pare che le parole abbiano, come ragni, preso possesso del corpo che lo scrive… Ecco, non sapendo cosa dire ti metti a scrivere…di ragni, di mosche , di virus. E tuttavia la tentazione delle parole, il piacere di farne il testo, preesiste.
Barthes direbbe che a prendere possesso del corpo è la lingua. Una lingua che preesiste, che viene prima del soggetto scrivente. La lingua sarebbe il vero autore del testo, della fragile ragnatela di parole. Di contro al diktat e alla seriosità della lingua, che è fascista e si prende per il verbo o la natura in persona, Barthes intravede la possibilità di ribellarsi giocando con la lingua. Naturalmente il truffatore della lingua arriverà a godere di uno sfiguramento, « uno sfiguramento della lingua », e l’opinione pubblica, se non « pubica », griderà allo scandalo, « perché non sta bene sfigurare la Natura ». Sfigurare L’anatura ? Proseguendo nella sua opera di demolizione, R.B. affermava che il testo dice al suo lettore: «Sono tuo, possiedimi». Così, s’instaura una specie di rapporto amoroso, un certo tipo di rapporto affettivo, quasi maniacale, con il testo-corpo.
Si tratta, nello stesso tempo, di una sorta di rivolta dell’individuo contro le strutture sociali che regolano il foucaultiano ordine del discorso, contro le istituzioni letterarie che regolano la distinzione tra buona e cattiva formazione del testo e, infine, rivolta contro la langue intesa come obbligo a scegliere “un linguaggio” come contrassegno identitario
E’ il sogno di “una storia patetica della letteratura”, di contro alla gestione tecnica, prudente, informata del patto critico, ammantato di dubbi etici, teoria dei generi letterari e sociologia della letteratura. Insomma, a garantire la verità di una lettura non resterebbe altro che il piacere
Qualcosa, del testo, penzola. Dissimulate, esili dita che fanno da zampe e un resto di pancia attendono… In attesa di quale mosca ? Del lettore-modello, evidentemente. Insomma, il famoso « transfert ».
Perché scrivo? Perché ho letto, certo, ma anche per fare qualche prigioniero nello scritto ( come Don Chisciotte della Mancia che, vittima dei libri, romanzi di cavalleria, si convince di essere « chiamato » a diventare un cavaliere errante ; e si mette quindi in viaggio per difendere i deboli e riparare i torti – trascinando con sé un contadino del posto a fargli da scudiero).
Eccoci dietro quella puttana di letteratura, se non in piena letteratura, tra l’ordito e la trama di un testo. In attesa di Aldonza Lorenzo, cioè Dulcinea del Toboso, e di segni, in attesa dei segni… come un semiologo che gioca a prendere il lettore per i fondelli o un ragno avviluppato e nascosto dietro la sua ragnatela. “Avete bisogno di parole?”. La tela di Aracne vi aspetta. E vi mette in gioco nella vita così come nella scrittura.
« Sarebbe bello inventare una nuova scienza linguistica; questa non studierebbe più l'origine delle parole, o etimologia, né la loro diffusione, o lessicologia, ma il progresso della loro solidificazione, il loro ispessimento lungo il discorso storico; questa scienza sarebbe senza dubbio sovversiva, manifestando molto più che l'origine storica della verità: la sua natura retorica, di linguaggio » (Barthes, Il piacere del testo ).
Ecco un’occasione per mostrare dove si può andare sul cammino della scrittura e i suoi trucchetti : non solo verso altre scritture, ma anche verso il lettore-modello che non esiste ( o non risponde ), e finalmente verso quel « vuoto » che sarebbe alla fine della catena dei significanti. Insomma il « gorgo vuoto » del godimento scrittorio. A queste condizioni, « il testo non è mai dialogo :esso istituisce in seno al rapporto umano, corrente, una sorta di piccola isola, manifesta la natura asociale del piacere” (R. Barthes).
Il gioco con la lingua-madre ( il ragno sarebbe il simbolo della madre ) e il piacere del testo comportano una specie di asocialità, come se oltre il testo, questa piccola isola o imbuto del privato, non ci fosse una storia, un contesto, un pubblico, non ci fosse più niente. Nella sfida al dèmone dei grandi sistemi teorici ( o semplicemente del « sistema », come si diceva ai tempi di Barthes), la soluzione ludico/narcisistica antagonista non è priva di insidie, d’ingannevoli fascinazioni e di pericoli. Non solo Minerva potrebbe in qualsiasi momento strappare la tela, ma forte e terribile potrebbe essere la tentazione, se non il richiamo del nulla e della morte.
A volte le parole riempiono i buchi, come fa la morte. Altre volte tessono tra presenza e assenza un intreccio perpetuo, come Aracne penzolante con esili dita e quasi persa, dissimulata , se non proprio « dissolta » nel suo tessuto. Non a caso, zio William Burroughs, quando si sentiva “invaso” dal “virus del linguaggio" si chiedeva chi avesse preso il posto della « carne che scompare ». Le parole, che altro ?
Forse per questo gli Alchimisti suggerivano di strappare i libri, tutti i neri libri di Alchimia, prima che ci venisse strappato il cuore ( frangite o rumpite libros ne corda vestra rumpantur).
Non ditemi che l’Arte è una via d’uscita. Solo all’uscita dalla rete vuota, ci si accorge, talvolta, di avere ancora naso, orecchio e mano. E nella mano che prima scriveva, un bel pugno di mosche…Magari saranno anche mosche bellissime, non di città, ma mosche marine, saline, iridiscenti arcobaleni. In ogni caso, sempre mosche sono. Non ditemi che la bellezza salverà il mondo. « La letteratura non salva, mai », diceva l’amico letterato P.V.T. E Rimbaud, avendola trovata amara, un giorno, all’alba, prese la bellezza sulle ginocchia, e giustamente le diede tante sculacciate.
Può anche capitare di avere la sensazione, se non la concreta percezione, che il famoso labirinto sia un guscio di chiocciola schiacciato tra le dita.
Il vero autore ( che forse non esiste ) sarebbe al di fuori del linguaggio e di quell’ oscuro guscio di chiocciola o luminosa ragnatela che, per tranquillità, chiamiamo testo.Tuttavia, non perso o disfatto nella tessitura, un soggetto che non è lo scrivente conserva la sua parte.
Evidentemente al desidero ( che « non è una cosa semplice» ) , non basta la libertà linguistica ( anche se è importante). Non basta neanche una certa felicità espressiva nel « truffare la lingua » e concepire la letteratura esattamente come « questa truffa salutare che permette di concepire la lingua al di fuori del potere, nello splendore di una rivoluzione permanente del linguaggio » ( Barthes). Rivoluzione permanente, splendida nell’immaginazione dei trotskisti, come quella sognata dal marxismo del secolo scorso.
Oggi – all’alba dei crac e delle disillusioni cocenti, nell’epoca della gestione ottimale dei bisogni - si desidera dell’Altro, o forse non si desidera affatto ; e ci si accorge che mancano le parole per dirlo. Forse per questo, o anche per questo, oggi uscire dal silenzio, così come ritornarvi, non è facile.
E in casa, durante il viaggio, in ’assenza del padrone di casa si formano ragnatele : fragili ragnatele che, per il rispetto che si deve all’indocile Aracne, non oso togliere.

Gianni de Martino


28 Novembre
LA TELA SONORA presenta

L'interprete delle passioni (Tarjumân al-Ashwâq), di Ibn ‘Arabî, a cura di Roberto Rossi Testa e Gianni De Martino, Urra-Apogeo, 2008;

Un'intervista con il nostro amico Gianni ..................... da non mancare

Antonietta GNERRE: “Meditazione poetica e teologica in MARIO LUZI”

Preceduto da alcune puntuali osservazioni (“Dialogo con l’eterno”) del poeta irpino Cosimo Caputo e da una “Nota dell’autrice”, il saggio di Antonietta Gnerre “Meditazione Poetica e Teologica in MARIO LUZI”, costituisce un’opera pregevole, perché, a poca distanza dalla morte del poeta fiorentino, ne coglie limpidamente l’essenza spirituale, senza trascurare di tracciare il cammino che ha segnato la vita creativa di Mario Luzi, dalla poesia ermetica alla dimensione religiosa.
Il saggio, accattivante sia per la succosa brevità che per la personalità dell’Autrice, la quale ha saputo guardare ai contenuti poetici con la sensibilità che le proviene dai suoi studi teologici, oltre che dall’essere anche lei una poetessa, è costituito da tre Capitoli e da una breve Conclusione.
Il primo capitolo è intitolato: “Dalla poesia ermetica alla dimensione religiosa” Ed è suddiviso in due paragrafi: 1.1 “Il primo Luzi” e 1.2 “Un autore illuminato”.
Il secondo capitolo è intitolato: “Due esempi di poesia religiosa” ed è suddiviso anch’esso in due paragrafi: 2.1: “Il viaggio dell’anima” (“Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini”) e 2.2: “La Passione” (“Morte e Resurrezione di un uomo”).
Il terzo capitolo “L’ultimo Luzi. La dimensione religiosa” consta invece di tre paragrafi: 3.1: “Nell’agone del mondo”, 3.2: “L’apprendistato di un principiante” e 3.3: “Pellegrino alla fine del viaggio”.
Indubbiamente, il primo problema che si è posto all’autrice è stato quello di ripercorrere il cammino del poeta Luzi partendo dalle sue prime esperienze, indubbiamente di stampo ermetico. Lei ha preferito non definire l’Ermetismo, se non riportando il pensiero di altri autori (Filippelli e soprattutto Francesco Flora, che in un saggio del 1936 definì “ermetica” una corrente di poesia tendente alle forme chiuse, difficilmente intelligibili o addirittura oscura), ma ha correttamente intuito che la poetica di Mario Luzi, da un lato, è così singolare da non poter essere racchiusa in astratte formule, e, dall’altro, che in ogni caso, anche a volerlo inquadrare nella menzionata corrente di poesia, il suo Ermetismo del primo periodo ha un “costrutto che approda ad esiti diversi”. In particolare, secondo la nostra saggista, Mario Luzi meriterebbe un posto a sé tra gli ermetici in quanto egli supera attraverso la fede una “letteratura del corridoio di penosa misura”, come egli stesso scriveva. Egli infatti, nel quadro generale della poesia del Novecento, nonostante essa presenti una tendenza materialista e desacralizzante, avrebbe colto un’aleggiante istanza di recupero dell’immenso patrimonio di segno religioso. Perciò lei accenna a numerosi e notevoli richiami letterari (Foscolo, Manzoni, Leopardi, Campana, Rebora, Ungaretti, Montale, Tosatti, Quasimodo, Gatto, Sinisgalli ed altri) al fine di comprovare, da un lato, che una rivoluzione profonda attraversa il senso stesso della poesia fin dal Romanticismo, nella direzione di una suggestione del “mistero” e di una “tensione mistica e del trascendente”, e, dall’altro, che l’ermetismo di Luzi del primo periodo rivela una evidente diversità, pur nell’ampio panorama della poesia ermetica novecentesca, perché ha per radice ideologica l’esistenzialismo cristiano, con le tipiche tensioni verso un assoluto religioso che consente di interpretare il male storico nella prospettiva dell’eterno e della trascendenza.
Orbene, è vero che in alcune poesie dei primordi e comunque meno recenti (“Primavera degli orfani”,”Le meste comari di Samprugnano”, “Alla vita”, “Passi”, “Già colgono i neri fiori dell’Ade”, “Già goccia la grigia rosa il suo fuoco”, “Un brindisi”) si colgono dei richiami pietosi alla Vergine Maria o a Dio, o più di frequente accenni classici al regno dell’Oltretomba e talvolta ai Campi Elisi ed al Paradiso della nostra cultura, ma sembra troppo poco, tuttavia, per poter parlare già di atmosfere da ideologico esistenzialismo cristiano. Con maggior cautela si potrebbe dire che si tratta di versi ispirati da stati d’animo tristi od inquieti, più spesso intrisi di un’atmosfera cupa e di mistero, con il che si conferma una delle caratteristiche originarie e più profonde dell’ermetismo, derivante nel suo stesso etimo dal dio (Ermes) che tra le sue prerogative aveva anche quella di accompagnare le anime dei defunti fino all’Ade. Una poesia nata tra le due guerre mondiali, espressione di un senso oscuro, criptico della realtà, chiusa nel mistero della parola come nella imperscrutabilità dell’Assoluto, nel quale è indubbiamente incluso il trascendenrte.
Un’anima religiosa, tormentata dal male e dal dolore del mondo e dalla loro sottaciuta inspiegabilità, alimentata da una speranza di salvezza che appare irraggiungibile, un’anima poeticamente protesa nella ricerca di una verità di fede fondamentalmente cristiana, è quella che certamente si ritrova nel Luzi del “Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini” e, ancor più, nelle opere degli ultimi anni (“La Passione”, scritto per la Via crucis della Pasqua 1999, e “Dottrina dell’estremo principiante”, del 2004, tre passaggi di vita e di creatività poetica ai quali giustamente l’Autrice ha attribuito la maggiore importanza nelle linee essenziali del suo saggio, completato dall’accenno ad un testo di conversazioni sul Cristianesimo (“La porta del cielo”) e dall’ultimo suo componimento, “Il Termine”, scritto qualche attimo prima della morte.
Il “Viaggio” lo si comprende sul piano poetico e su quello umano soltanto se si riesce a vedere una “identificazione” dell’uomo Mario Luzi nell’uomo Simone Martini e, nel contempo, una reciproca fusione dell’Arte poetica del primo nell’Arte pittorica del secondo, e, correlativamente, i traguardi cui perviene il loro cammino, il loro viaggio, nella vita e nella creazione artistica. Non solo non è difficile, ma è anche bella ed esaltante questa visione, certamente tra le più alte espressioni dell’intera opera poetica di Mario Luzi, per chi si accosti ai due artisti con animo ingenuo e con una sensibilità “religiosa” che accompagni e sorregga la curiosità della conoscenza, per chi cominci con il collocarsi al punto di partenza di un pellegrinaggio, con la volontà di compierlo “sulle ali del canto”.
E’ questa la posizione in cui si è posta Antonietta Gnerre, con il sostegno operoso dei suoi studi di Teologia, ma soprattutto con l’entusiasmo della sua fede, giammai disgiunta da un sincero sentimento di amore e di quasi estatica ammirazione verso il Poeta. Tuttavia, in questo innegabile pellegrinaggio, va pur detto che quell’entusiasmo ha giocato un ruolo decisivo sulle proporzioni delle parti del saggio, nonostante la chiarezza e la completezza del medesimo, nel senso che alla silloge poeticamente più elevata del Viaggio di Simone non è stata da lei dedicata un’analisi così ampia come agli altri componimenti enucleabili dall’intera opera. Probabilmente perché l’Autrice, sorretta e sospinta da un vivo sentimento fideistico (tra le altre sue opere poetiche, è da ricordare, perfettamente in tema, la “Preghiera di una poetessa”), si è sentita più attratta, come si ricava dalle maggiori proporzioni degli altri capitoli del saggio, e persino dal titolo di taluno (“Un autore illuminato”; “un uomo di fede”), dal poemetto “La Passione”, o dalla “Dottrina dell’estremo principiante”, o dalla Conversazione sul Cristianesimo (“La porta del cielo”), oppure ancora dalle “Poesie ritrovate”. In tutti questi testi sembra, invece, che l’ispirazione poetica abbia ceduto il passo al verso “ragionato” (leggansi le pagine 37 e 40), accettando talvolta una “sfida ontologica”, ed assumendo tal’altra una “impronta liturgica”, secondo un pensiero critico di Lorenzo Mondo a cui lei stessa ha fatto richiamo (pag. 42).
Ad ogni modo, Antonietta Gnerre rimane pur sempre una “pellegrina” del Viaggio terrestre e celeste perché con questo spirito si è dedicata al suo pregevole libro, proprio come se l’avesse iniziato anche lei, questo suo pellegrinaggio letterario, insieme con il Poeta e con Simone Martini, non nelle vesti di taluna delle donne che seguono il percorso, ma piuttosto, come ci piace collocarla, in quelle dell’Estudiant (una studentessa di Teologia, perché no?, alla quale, però sarebbe difficile far accettare versi come “…Ma tutto si consuma in sé, materia e arte, materia e fede in questa trasmutabile spera”, che è la quarta peregrinazione dell’Estudiant, ma racchiude un nucleo essenziale della poetica luziana, anche se non il solo della tormentata avventura del suo spirito religioso). Sorretta da questa forza, molto probabilmente ella ha visto di più e meglio di tanti altri dubbiosi pellegrini che abbiano voluto farsi prendere per mano dal nostro poeta per attraversare con lui circa sessantanni di poesia e di ricerca dell’Assoluto, ma non hanno saputo dismettere la lente dell’analisi fredda e razionale. Lei invece ha scritto cinque brevi pagine di gioia che scaturiscono dalla visione fascinosa, cui non si è potuta sottrarre, di incantevoli paesaggi e di dipinti sublimi. Al termine, non si è fermata a Siena, come tutti coloro, credo, che intendano proseguire il viaggio, se è quello dell’anima, fin davanti all’Annunciazione di Simone Martini, in una costante speranza di ori e di luce.
Avellino 31.10.08 Gennaro Iannarone

martedì 11 novembre 2008

Fabia Ghenzovich

Fabia Ghenzovich, Giro di Boa, Novi Ligure, Joker edizioni, 2007Vi sono raccolte poetiche in cui l’assemblaggio dei testi segue un disegno più ampio, alla ricerca di rapporti e proporzioni che li incorporino come elementi interdipendenti di una struttura; e raccolte che, al contrario, tendono ad adeguare con naturalezza la scrittura alla magmaticità dell’esistenza, a fare di quella lo specchio di questa, fondando nella realtà vissuta, storica e/o psichica che sia, un modello già pronto, intrinsecamente letterario, di inattingibilità del senso. Giro di Boa, raccolta d’esordio della veneziana Fabia Ghenzovich, sembra collocarsi in questa seconda dimensione; si tratta infatti di un insieme di testi eterogenei, che fissano in mobili “istantanee” di versi non solo un’esibita varietà di moventi espressivi, siano essi input esterni (es. il tema della guerra), autobiografici (es. le poesie dedicate ai genitori), o lirico-introspettivi, ma anche un’ampia diversità di registri, che sembra rendere la poesia stessa una specie di crogiuolo metamorfico, in cui gli aspetti dell’esistenza depositano una propria quieta attitudine a significare “altro” da sé. "Giro di boa" indica allora una specie di inversione a U attraverso cui si ritorna sui propri passi, per rivisitare un flusso di coscienza da una visuale capovolta, e l' "altro" può affiorare anche "quando tutto è uguale / eppure niente è più come prima nemmeno punto / virgola o rima / [...]” (Giro di Boa, p. 14).

La poesia insegue quest’ “altro” con ogni mezzo a sua disposizione, attingendo da una consolidata tradizione di modelli disponibili, con una certa attrazione per intonazioni di sapore ermetico, specie ungarettiano; svariando da modalità pianamente descittive ad echi surrealisti, dal verso lungo al monoverbo, fino all’haiku. E si ha l’impressione che la scelta del registro risponda a una fondamentale istanza comunicativa, quella di rappresentare per esteso la gamma delle varianti disponibili a significare il proprio rapporto con l’esistenza, a tradurlo in versi come forma ancorata a un altrove sempre ben presente, cui invitare il lettore a identificarsi senza caricare l'empatia di troppe stratificazioni e filtri letterari.

Il che, se da un lato testimonia un livello di “autenticità” di scrittura a tratti ammirevole, paga d'altra parte il prezzo di una certa discontinuità dell’insieme; la funzione poetica, assorbendo l’estemporaneità dell’ “occasione” come movente primario all’affioramento del verso, sembra disegnare un ritratto polimorfo, con macchie di colore iridescenti associate a graffi e consunzioni improvvise. Moventi di natura “privata” di testi come Astroalbero I (“Nata il 22 luglio sotto il segno del fico / La sensibilità: molto forte, un po’ volitiva / [...]”, p. 54) affiancano felici intuizioni metapoetiche, (vedi La parola: “Vista dall’alto s’impenna / nell’etere moltiplica / elude per sovraesposizione / uguali/discordanti cloache d’illusione / forma/pensiero parabola inversa / allo zenit flottiglia dispersa / in caduta libera / la parola”, p.30) o felici inserti di sapore esistenziale, come ad esempio in Alchimie ([...] bulbi piliferi in estensione / di occhi e mani inflorescenze / liquide corporali alchimie / e suoni e armonie [...] , p. 30). Abbonda quasi ovunque l’uso di assonanze o rime interne, che risulta particolarmente efficace quando offre il controcanto d’identità fonetica a frequenti operazioni di smembramento verbale e/o lessicale ( “Mi chiedo se sempre sia l’estrema resa / (dei conti) alla rinuncia un giro di boa / quando tutto è uguale / eppure niente è più come prima nemmeno punto / virgola o tima / [...]”, in Giro di Boa, , p. 14; “[...] / flussi riflussi piastrine filamenti e budelli / cellule staminali e altri potenziali / lavorii di invisibili abili mani. / [...]”, in Vita e morte, p. 8).
Fabia GhenzovichUn libro non privo di pregi, insomma, quello di Ghenzovich, prova d’esordio che accanto a un indubbio talento poetico sconta forse qualche sfocatura nell’assestamento simbolico del singolo elemento nell’insieme, specie quando la frammentarietà della vita cerca di comporre sulla pagina il cifrario nascosto, sempre delicatissimo, di uno sfaccettato percorso interiore Fabia Ghenzovich è nata a Venezia dove vive, dividendosi tra il lavoro e la passione per la poesia. Ha partecipato a numerose antologie nazionali: ed. Lietocolle, Montedit, Anterem antologia del premio Lorenzo Montano,ed Il Filo: Territori. Ha partecipato alla prima biennale di poesia Officina della percezione Anterem ed. nel 2004 e nell'0ttobre del 2005 al Festival Veronapoesia, sempre per Anterem.È interessata alla poesia e alle sue possibili contaminazioni e interazioni tra i linguaggi dell'arte e in particolare con quello musicale, come nel caso di Metropoli, performance che vede la poesia musicata in rap, presentato nel 2004 al Legrenzi live a Mestre (Ve), a Milano per la giornata mondiale della poesia, 21 marzo 2005, musicato dal compositore Berardo Mariani all'interno del progetto Poiein di Milanocosa e a Venezia eseguito con Matteo Casini, (chitarrista e cantante del gruppo rock/blues Rumori di fondo) giugno 2005 galleria Artlife, per Fragments evento poetico continuato. E' socia di Milanocosa dal 2004.

Ibn’ Arabi

Recensito da Valter Binaghi
C’è un percorso esoterico nella nostra cultura che, per quanto oggi sembri trascurato, resta una delle vene sotterranee che ne sostengono la pienezza vitale, senza di che una cultura diviene puro archivio di significanti pastorizzati e di stereotipi nell’agire.

Sto parlando dell’erotica mistica, uno dei momenti in cui la carne appare una promessa pienamente realizzata, e l’istinto dà il suo fiore lungamente atteso nello Spirito.

Anche se non si tratta di un’esperienza così ordinaria da poter essere universalmente condivisa, le non poche e concordi testimonianze che ce ne giungono da chi ha saputo scriverne bastano a rendere percepibile questa dimensione dell’essere, aiutandoci a riconoscerla quando si affaccia nelle nostre umili vite.
Allora, col Platone del Fedro, riconosciamo che rinascere nella Bellezza è il vero e metafisico obbiettivo di ogni riproduzione biologica. Col Cantico dei Cantici, comprendiamo che il Dio che il nostro cuore attende è non padrone ma Sposo dell’Anima. Col Dante della Vita Nova desideriamo lasciarci alle spalle ogni bassezza per essere degni della Donna, la perfetta tra le Immagini del divino. Per quanto disastrati possano essere i percorsi di un amore, nessuno negherà che è per amore di un lui o di una lei che ha saputo trovare in sè la parte migliore, e confermerà l’eterna verità dell’amore cortese, che la dottrina sterilizzata dei professori di lettere confina ad un genere della poesia medioevale.Tuttavia, al lettore e cultore occidentale di questa via del sublime, mancava una voce importante, probabilmente fondamentale: quella della mistica sufi, e in particolare di Ibn’ Arabi, il più grande dei mistici islamici (1165 - 1240), autore per molti di noi leggendario dopo che un libro dell’islamista e filosofo Henri Corbin (L’immaginazione creatrice, Laterza) ne aveva illustrato l’arditezza e profondità speculativa, e ancora di più dopo che il critico spagnolo Asin Palacios, ha scatenato qualche anno fa un vivace dibattito sulla sua tesi provocatoria: che l’erotismo mistico di Ibn’ Arabi abbia esercitato un’influenza così decisiva sui poeti dello stilnovo, da potersene considerare l’ispiratore.

Proprio questo è uno dei motivi d’interesse che hanno portato a questa edizione, come afferma il traduttore Roberto Rossi Testa: si tratta infatti di una raccolta di poesie che furono ispirate da una donna reale ma, anche a causa delle maligne insinuazioni dei bacchettoni dell’epoca, commentate in seguito una per una da Ibn’ Arabi, il quale non spiega ma dischiude la loro portata simbolica, facendo di questa lettura un vero e proprio percorso iniziatico.D’altro canto, Gianni De Martino, in una prefazione che è essa stessa testimonianza vibrante e poetica, racconta come nel Marocco degli anni Sessanta, luogo nodale per l’immaginario di un’intera generazione che lasciava l’Occidente in cerca del meraviglioso, l’incontro con Ibn’Arabi avveniva sotto il segno della ricerca di una percezione rinnovata delle cose, che passava attraverso le droghe psichedeliche ma anche la scoperta delle mistiche profondità di un Oriente più filosofale che geografico.

Questo è un libro che, come uno scrigno, contiene cose diversamente preziose: poesia, un capitolo forse essenziale della storia dell’anima occidentale, e una via d’accesso all’Altrove. Persone diversamente disposte lo leggeranno a livelli diversi, e il ricco apparato storico, filosofico e critico che le prefazioni contengono, è una più che degna introduzione al suo grande autore. Ibn’ Arabi, come tutti i veri maestri, è un autore universale. In vita fu coscientemente aperto ad un ecumenismo per nulla sincretico ma intensamente spirituale.
E’ colui che scrisse:

“Seguo la religione dell’amore:
in qualunque regione mi conducanoi cammelli d’amore là si trovano la mia credenza e la mia religione”

la religione dell'amore

"Miracolo della Natura! Una gazzella velata indica un giuggiolo e sbatte le ciglia.
Il suo pascolo giace tra le costole e le interiora, miracolo, un giardino in mezzo alle fiamme.
Il mio cuore può assumere ogni foggia: pascolo per gazzelle, convento per i monaci.
Tempio di idoli, Caaba dei pellegrini, tavole della Torà, esemplare del Corano.
Credo nella religione dell'Amore ovunque si dirigono i suoi destrieri, poichè l'Amore è la mia religione e la mia Fede."
"LA RELIGIONE DELL'AMORE di IBN 'ARABI (1165 - 1240, Murcia, Spagna)

Esce la collana di poesia del Novecento “I Poeti di Pordenone”

Esce in questi giorni nelle librerie ed in alcune edicole la collana intitolata “I Poeti di Pordenone” per i tipi di Samuele Editore, un giovane editore di Fanna, Alessandro Canzian, appassionato di poesia e di voglia di far bene.

L’idea è nata per rendere omaggio per la prima volta in maniera completa all’aspetto “storico” della poesia realizzata a Pordenone nel Novecento. Da qui la scelta dell’editore di progettare dieci volumi di cui i primi due escono in questi giorni e raccolgono liriche esclusivamente in italiano di Ettore Busetto e Umberto Grizzo il primo volume, mentre il secondo è interamente dedicato ad Arrigo Bongiorno, peraltro recentemente scomparso.
La collana, diretta da Ludovica Cantarutti, si presenta in bella veste grafica con il recupero di un marchio a suo tempo famoso, l’ape che fu logo della Tipografia di Alvisopoli fondata da Nicolò Bettoni nel 1810. Un preciso intento dell’editore per indicare nel recupero un riferimento culturale storico da non dimenticare.
I volumi della collana, che usciranno uno alla volta a distanza ravvicinata di un paio di mesi, ospiteranno, dopo Busetto, Grizzo e Buongiorno, Bosari, Botteri Cantarutti, Di Fusco, Marasi previsti in volumi singoli, mentre Momi, Molinis e Comis raggruppati in un solo volume. Di seguito Di Bernardo Amato, La Marca e Luigi Natale nel penultimo volume. A chiusura il decimo libro, previsto per novembre 2009, con raccolti tutti i poeti che hanno pubblicato un solo libro di poesie ma che comunque testimoniano l’intento dell’editore appartenendo alla storia poetica della città. “Non si tratta- ha spiegato l’editore- di rappresentare un corpus squisitamente letterario, ma una testimonianza completa dell’aspetto storico della poesia pordenonese e dei suoi protagonisti”.
Tutti i volumi avranno in apertura una poesia simbolo scritta da Pieraldo Marasi proprio sull’eterna questione del valore della poesia.I volumi si possono acquistare anche direttamente presso l’editore
acquisti@samueleeditore.it
www.samueleeditore.it
http://samueleeditore.leonardo.it/blog

SAMUELE EDITORE di Alessandro Canzian - Sede legale. via Montelieto 50 33092 Fanna (PN) - tel. e fax. 0427777734 - P.IVA 01616920938

lunedì 10 novembre 2008

“Versi in dialetto per la mia origine genovese”

Franco Loi a Genovainedita



Importante appuntamento con la Poesia di Genovainedita: giovedì 13 novembre alle ore 18.00 presso il Garibaldi Cafè via Ai Quattro Canti di San Francesco 40r, la nota manifestazione ospiterà uno dei più autorevoli poeti italiani: Franco Loi.
L'Autore di origine genovese leggerà, oltre ai suoi bellissimi inediti, poesie in dialetto genovese che narrano la sua infanzia.

L’uso del dialetto è la difesa di una dimensione umana e creativa che oggi si tende a disperdere, quasi le parole d’origine fossero spurie, sparse nella mente dell’uomo. Franco Loi raccoglie questi elementi primordiali, dando vita a una poesia ricca della spiritualità che risiede nel quotidiano, nell’esperienza di vita. Sono versi che intrecciano le sequenze della realtà, vista attraverso la percezione di un oltre che dà significato alla vita.
E’ una poesia che ha ricercato la creatività orale della persona, difendendola con vigore in uno spazio temporale che Loi preserva da ogni attacco passivo, sordo, della società odierna. Nato a Genova nel 1930 da padre cagliaritano e madre colornese, si trasferisce a Milano, dove vive la guerra, legge, lavora, si innamora, fa politica, passa il tempo tra cortili e strade, case del popolo, sempre tra la gente. E racconta questo suo mondo attraverso il dialetto milanese.

Di lui il critico letterario Massimo Morasso scrive:
“Franco Loi può essere definito come il primo poeta d’Italia. Naturalmente, la gerarchia interessa poco, poiché la poesia non è una competizione, ma si tratta senza dubbio di una delle voci e delle immaginazioni più potenti fra quante può capitare, oggi, di incontrare leggendo dei versi.
Loi è uomo dai molti mestieri (è stato ceramista, operaio, impiegato all’ufficio Pubblicità della Rinascente e impiegato all’Ufficio stampa della Mondadori), ha cominciato a scrivere poesie piuttosto tardi e ha esordito in rivista a oltre quarant’anni. Nei successivi trentacinque ha dato alle stampe una ventina di libri con raccolte di poesie o poemi in un singolare dialetto milanese ricco di contaminazioni e invenzioni “personali”. Fra i suoi libri è bene ricordare almeno L’Angel (Mondadori, 1994), poema o romanzo in versi di straordinaria potenza evocativa, la prima parte del quale è uscita nell’81 con la genovese “San Marco dei Giustiniani” di Giorgio Devoto, e il recente L’aria de la memoria, un’ampia raccolta di poesie scelte che ha pubblicato con Einaudi nel 2005.
Nella storia della poesia dialettale la scrittura di Loi si caratterizza per l’ampiezza del respiro narrativo tramato di accensioni lirico-visionarie e per l’articolata complessità dei suoi registri linguistici. Le sue due doti essenziali sono la naturalezza e l’energia, non il frammentismo né l’esperimento carico di intellettualismi”.

“Le ragioni per cui sono diventato un poeta possono essere tante. – racconta Loi - Fin da bambino sono stato affascinato dall’idea e dall’atto dello scrivere; ho composto racconti, ho tenuto un diario. A dieci anni ho fatto una riduzione teatrale dei Tre Moschettieri di Dumas, che è stata recitata in un cortile.
Ho cominciato a scrivere poesie a trentacinque anni; mi capitò di leggere i Sonetti di Gioacchino Belli e ne rimasi molto colpito. Ho cominciato a scrivere in italiano ma, sentivo che la mia non era poesia, bensì una costruzione della poesia, con referenti importanti come Petrarca, Dante, Pascoli, Leopardi, tutti i poeti che avevo studiato; insomma, non c’era quella libertà del dire come la intendevo.

Ma per una ragione estetica, siccome dovevo scrivere di due operai milanesi, usai la loro lingua, il dialetto milanese appunto. E come ho messo in bocca a loro questa lingua popolare, ho capito due cose importanti: una che avevo il milanese dentro, che non sapevo di aver così profondamente assimilato durante la mia infanzia e la mia giovinezza, e l’altra che cos’è la poesia”.


Per info e per proporre inediti scrivere a: genovainedita@hotmail.it

poe.mi

poe.mi (Milano, 21 ottobre - 23 novembre 2008)
è un festival espositivo-performativo
che unisce scritture, media e arti visive
e cerca di costruire alcune mappe nei territori
correnti della produzione artistica e letteraria
italiana.
In questa prima edizione, dal titolo
“Tiriamo le reti”, poe.mi intende fare il
punto sul web, e soprattutto sui blog, come
canale privilegiato di molta nuova poesia
italiana, in alcuni casi in dialogo con realtà
straniere o legate alle altre arti, e spesso con
esiti ed esperienze qualitative confrontabili
con le proposte dell’editoria cartacea tradizionale.
I blog, a pochi anni dalla loro diffusione,
sembrano essere diventati sia un contesto
vivacissimo di dibattito e contatto tra realtà
poetiche, o più in generale letterarie, fino a
poco tempo fa lontane e bisognose di una
continua mediazione, sia il palinsesto per
produzioni letterarie specifiche, che sfruttano
le nuove dimensioni e le nuove modalità
di fruizione che la rete offre.
poe.mi ha luogo in tre diverse sedi, ognuna
dedicata ad un aspetto specifico del festival.
Ad AR.RI.VI. (Archivio Ricerca Visiva) è
allestita una mostra che testimonia il lavoro
di trentacinque tra i più interessanti blog
e webzine italiani di poesia. Il percorso
espositivo include documenti, immagini,
opere visive di poeti e la possibilità di
navigare on line sui siti selezionati.
Absolute poetry – www.absolutepoetry.org

DONNE IN POESIA – VARIAZIONI PAVESI

Spaziomusica e Farepoesia presentano:
Martedì 11 Novembre 2008 a partire dalle ore: 19.30
per la rassegna "Aperitivi Letterari"
Spaziomusica - via Faruffini n.5 - Pavia

DONNE IN POESIA – VARIAZIONI PAVESI
Scritture Armonie Disincanti

Partecipano:
Franca Bottaro; Elisabetta Verri e Ivano Grasselli;
Francesca Baviera; Virginia Fabrizi; Barbarah Guglielmana; Alice Lazzari, Silvia Patrizio.

Una serata per "provocare" un nuovo protagonismo femminile…
Un gruppo di giovani poetesse pavesi accompagnate da Franca Bottaro e da Betty Verri proporranno, oltre alle proprie poesie inedite, testi di poetesse che fanno parte della storia della letteratura italiana e internazionale. Franca Bottaro proporrà un interessante esperimento di improvvisazione poetica collettiva e Betty Verri invece, accompagnata alla chitarra da Ivano Grasselli, un percorso di canzoni italiane e straniere.
La serata prevede un iniziale momento conviviale in cui si potrà gustare l'ottima cucina della Gabry. Il reading e gli interventi musicali seguiranno subito dopo intorno alle 20.30.
Non mancate. Partecipate. Diffondete.

Info: fanzine@farepoesia.it; tel: 0382-20198; www.spaziomusicapavia.it; www.farepoesia.it

Suoni di versi - Vera Lucia de Oliveira




Suoni di versi e suoni diversi. In questo dodicesimo numero abbiamo voluto accostare/mescolare la poesia alla musica. Probabilmente ispirati dal geniale pianista Lennie Tristano di cui ci parla Ambra Laurenzi in “Il luogo di Lennie”, che percorre l’originale progetto multimediale di Massimo Achilli Suite for Lennie, omaggio a uno dei più grandi musicisti americani del Novecento. Maurizio Frullani (“Sulla strada del Râga”) con le sue foto in bianco e nero ci conduce nel mondo musicale indiano, dove il suono è percepito come elemento di base della creazione dell’universo. I due servizi fotografici sono introdotti e spiegati da un intervento di Ambra Laurenzi (che di questa rivista cura la parte iconografica), “Fotogrammi e pentagrammi”, nel quale avvicina la fotografia alla musica. Il racconto di Federico Platania “China Nook To” è ispirato dalla musica di John Coltrane, al quale tra l’altro è dedicato. Per quel che riguarda la poesia legata al tema (così come il racconto di Platania) presentiamo la silloge inedita “Canto di Mirta”, del poeta napoletano Raffaele Piazza. Anche il racconto “La collezione” di Annarita Verzola, dedicato “ai più piccoli”, è ancorato ai suoni della vita.
Già in altri numeri Martha Canfield aveva parlato del geniale poeta e pittore peruviano Jorge Eduardo Eielson, in “Eielson: musica di versi e suoni” ora ne sottolinea la grande passione e sensibilità per la musica: suonava il pianoforte, componeva e in alcune performance utilizzava la voce per sperimentare suoni di versi. Molti suoi testi poetici hanno a che fare con la musica e qui Canfield propone la poesia - da lei tradotta - dedicata a Charlie Parker. Nel frattempo a Firenze è nato il "Centro Studi Eielson" che ha iniziato a ottobre le sue attività formative e il 29 novembre inaugurerà a Firenze una grande mostra d’arte dedicata a Eielson: ce ne parla sempre Martha Canfield, ideatrice e presidente del Centro. Per restare in tema di versi e suoni Viviane Ciampi ci fa conoscere Henri Chopin, “poeta sonoro” francese (“”Henri Chopin e il canto delle balene”), che nel 1959 fondò “OU” la prima rivista di teoria e poetica del suono. Armando Santarelli torna in Grecia, per rivelarci la vita dei monaci sul Monte Athos, tra silenzio e canti notturni.
Per la poesia: Vera Lúcia de Oliveira rende un doppio omaggio alla grande studiosa e critica delle letteratura di lingua lusitana Luciana Stegagno Picchio, scomparsa a Roma il 28 agosto 2008, che ci ha fatto conoscere e amare tanti poeti brasiliani e portoghesi. Lo fa tracciandone un breve profilo critico (che è anche un personale e commovente ricordo) in “Il Brasile di Via Civitavecchia, numero 7 – Roma” e analizzando la sua raccolta poetica La terra dei lotofagi. Alessio Brandolini ci parla della nuova raccolta di Laura Ricci, La strega poeta. Irene Campagna traccia un profilo della poesia contemporanea del Salvador (“Consonanze salvadoregne: dalla Generación Comprometida alla poesia de combate”), e intervista la studiosa francese, esperta della letteratura salvadoregna, Maria Poumier. Lavoro che poi dovrebbe proseguire proponendo i grandi poeti di questo piccolo stato centroamericano, a partire da Roque Dalton.
Spostandoci a Nord del vasto continente americano, arriviamo nel Quebec, dove Viviane Ciampi e Claudine Bertrand presentano la poesia di Élise Turcotte, in “Ritratto di donna con bruna attorno”. Viviane Ciampi propone una sua scoperta: la poesia della giovane Carla Ferro, del tutto inedita, capoverdiana che vive in Belgio e scrive in francese (“Alla ricerca dell’isola possibile”). Per la poesia spagnola Pablo Luque Pinilla propone i versi di Chantal Maillard, tradotti per “Fili d’aquilone” da Gloria Bazzocchi. Per quella slovena Jolka Milič porta avanti la sua ricerca e propone la nitida voce di Primož Čučnik, mentre per la terza parte della sua “letteratura slovena per l’infanzia”, ha scelto due autori: Milan Dekleva e Slavko Pregl. Rimanendo nella letteratura di lingua slovena, Marija Mitrović presenta il romanzo Tito, amor mijo (di cui Darja Betocchi traduce un brano), secondo romanzo del regista e autore teatrale Marko Sosič, nato a Trieste ma di lingua slovena. Alessio Brandolini propone una lettura dell’ultimo romanzo dell’americano Richard Ford, Lo stato delle cose.
In zona “Rubriche”: Giuseppe Ierolli, nel suo angolo dedicato a Emily Dickinson, propone una breve silloge di testi della grande poetessa americana da lui tradotti (“Melodie”). Federico Platania interviene sul “diritto di non ascoltare quel che ascoltano tutti”. Verónica Becerril, nel suo spazio dedicato al cinema, ha scelto un film che molto (o tutto) ha a che fare con la musica: Alta fedeltà, di Stephen Frears. Chiude Elvio Cipollone dando come di consueto voce alla Terra, che stavolta deplora la scarsa attenzione al silenzio da parte dell'uomo moderno.
Il prossimo appuntamento è all’inizio del nuovo anno, sarà il numero 13 e avrà un titolo saporoso: NUTRIMENTI. Bene, è tutto: un buon ascolto, un buon silenzio.

Assalti al Cuore


Il Festival di Musica e Letteratura Assalti al Cuore ha il piacere di presentare - EVENTO UNICO IN ITALIA - il concerto di ÓLAFUR ARNALDS (piano solo). A condividere con Ólafur il palco del Teatro degli Atti anche Finn. & Marco Mantovani. Ólafur Arnalds a soli 21 anni è la rivelazione della scena musicale islandese: accompagnato dal suo quartetto d'archi ha aperto i concerti dei Sigur Ròs, durante il loro ultimo tour europeo (tranne in Italia).

Istituzione Musica Teatro Eventi
STAGIONE TEATRO ERMETE NOVELLI
[spettacoli fuori abbonamento]

Concerto di
ÓLAFUR ARNALDS
(piano solo + quartetto d'archi)
+
FINN.
(live set)

opening act
MARCO MANTOVANI
(piano solo)


:: EVENTO UNICO ASSALTI AL CUORE OFF ::


LUNEDÌ 17 NOVEMBRE 2008, ore 21.15Rimini, Teatro degli Atti
Tickets € 10, posto unico, non numerato

Un progetto presentato e curato da Assalti al Cuore
in collaborazione con Ribéss Records & Metrodora Promotions
con la partecipazione di Stereo:fonica & M.E.I. (Meeting delle Etichette Indipendenti)
Data off di Assalti al Cuore che presenta per la prima volta a teatro in Italia il concerto di ÓLAFUR ARNALDS, giovanissima promessa della scena classica-indie islandese, collaboratore dei conterranei Sigur Rós, in una serata-evento straordinaria e inedita che prevede anche la partecipazione speciale di Finn., progetto del musicista e cantautore amburghese Patrick Zimmer che combina i chiaroscuri dell'indie-pop elettronico con il folk tradizionale, e di Marco Mantovani, compositore di ricerca che per la prima volta propone un suo set di composizioni originali per piano solo, accompagnate da un percorso visivo a cura della fotografa Fabiana Rossi.


INFO
http://www.assaltialcuore.it/ www.myspace.com/ribessrecords www.metrodorapromotions.com/
http://info@assaltialcuore.it tel. (+39) 339.8349495
Istituzione Musica Teatro Eventi tel. 0541.704292 – 704293


ÓLAFUR ARNALDS

Appena ventunenne, Ólafur Arnalds è nato a Mosfellsbaer, a qualche chilometro da Reykjavik, in Islanda. Nonostante la giovane età, da tempo si è immerso nella stesura di delicate composizioni sinfoniche, riuscendo a miscelare in modo originale strumenti classici, come pianoforte e archi, con loop, sottofondi ambientali, elettronica e beats. Queste caratteristiche emergono sin dal suo album di debutto, Eulogy for Evolution (2007), con cui Arnalds ha cercato di rappresentare musicalmente tutte le stagioni della vita, dalla nascita alla morte. Il successivo EP, Variations of Static (2008), riparte dalle stesse basi classiche, ma si segnala per una più decisa matrice elettronica. Impegnato nei club e nei teatri più importanti del mondo, Arnalds si è esibito con artisti di rilievo internazionale come Aphex Twin e ha preso parte all'ultimo tour europeo dei connazionali Sigur Rós. Di questi ultimi condivide pienamente le atmosfere musicali. Mostra in particolare la stessa pacatezza di suoni e la stessa devastante malinconia. Le sue armonie sono il frutto di un connubio tra pianoforte e archi capaci di conferire atmosfere e profili incantati a brani strumentali, paesaggi sonori visionari e crepuscolari a tratti solcati da tenui glitch, field recordings e tiepide voci lontane.
[www.myspace.com/olafurarnalds]

FINN.

Finn. (alias Patrick Zimmer) è stato definito dalla stampa anglosassone "la voce più ammaliante per il cuore delle persone sensibili". Sin dal disco d'esordio, Expose Yourself to Lower Education (2002), il musicista di Amburgo si è segnalato per le sonorità malinconiche tra pop ed elettronica: il tutto immerso in un tipico stile lo-fi. Il successivo The Ayes Will Have It! (2005) ha visto maturare le orme sonore del disco d'esordio. Ne è nato un album capace di giocare con la melodia, attraverso canzoni in cui l'accoppiata chitarra-voce è arricchita da orchestrazioni e inserti elettronici che ricordano, tra gli altri, i lavori dei Notwist.
[www.myspace.com/finndot]

MARCO MANTOVANI

Talentuoso compositore e musicista riminese Marco Mantovani è attivo da tempo nel campo della ricerca elettronica. Tra i suoi ultimi lavori ricordiamo lo spettacolo Ninna Landa con Elena Bucci e Giuseppe Righini (Assalti al Cuore, 2006); la produzione dell'album Spettri Sospetti di Giuseppe Righini (Interno 4 Records, 2007); la performance Il ritorno di Euridice ovvero Il voltafaccia, realizzata per il "Festival del Mondo Antico" di Rimini (giugno 2008). Nel luglio di quest'anno è stato protagonista di Half About Between Ancona and Venice, progetto sperimentale del festival Assalti al Cuore, dedicato all'immaginario musicale, cinematografico e letterario riminese. Nel febbraio 2008 con la sonorizzazione del cortometraggio muto Tramwaji di Krzysztof Kieślowski, presentata nell'ambito del progetto "Bookside - Eventi in Biblioteca", Mantovani riprende la scrittura di musica per pianoforte.
La composizione per piano solo di Marco Mantovani è pensata e concepita all'insegna di un romanticismo straniante, votata alla sperimentazione e alla ricerca raffinata e minuziosa di piccole variazioni su abituali temi neoclassici. Mantovani agisce per sottrazione, le partiture, "per forza di levare" essenziali e insolitamente brevi, formano una intelaiatura semplice di trame sonore eteree e raffinate, eleganti ed accessibili, dalla pronunciata e rara attitudine cinematica.
La sua impronta stilistica e la vocazione sperimentale della sua scrittura lo avvicinano alle nuovissime esperienze internazionali di experimental piano music (Swod, Rafael Anton Irisarri, Eluvium, Library Tapes) e, palesando espliciti richiami a Sylvain Chauveau, Ludovico Einaudi e Zbigniew Preisner, si traducono sul pianoforte in un fluire sonoro incessante e armonioso quasi a disegnare, grazie a parsimoniosi ed esili tocchi di piano, figure sfocate e mutevoli, melodie originali che avvolgono in atmosfere malinconiche, dilatate dal tono intimo e crepuscolare.
[http://www.assaltialcuore.it/]

Ólafur Arnalds + Finn. & Marco Mantovani. Data off di ASSALTI AL CUORE. Un progetto presentato e curato da Assalti al Cuore in collaborazione con Ribéss Records & Metrodora Promotions, con la partecipazione di Stereo:fonica & Meeting delle Etichette Indipendenti.

PREVENDITA a partire da lunedì 3 novembre presso la biglietteria del Teatro Novelli, Rimini. Tutti i giorni (tranne i festivi) dalle ore 10 alle 14. Si può prenotare e acquistare i biglietti anche telefonando allo 0541.24152, dalle ore 12 alle 14 nei giorni di apertura della biglietteria. Il giorno dello spettacolo (17 novembre 2008) la biglietteria del Teatro degli Atti apre alle ore 19.30.


http://www.assaltialcuore.it%20/ www.myspace.com/ribessrecords
http://www.myspace.com/mystereofonica%C2%A0http://www.audiocoop.it/

Francesco Tomada


A tre anni dalla pubblicazione di L’infanzia vista da qui (edizioni Sottomondo)
annunciamo l’uscita del nuovo libro di Francesco Tomada


Francesco Tomada
A ogni cosa il suo nome
Sasso Marconi, Le Voci Della Luna Editore, 2008
pp. 78 - €10,00


Per informazioni, acquisti o contatti:
vociluna@virgilio.it
effebianchi@libero.it


Per Tomada la lingua non è un attrezzo, non è uno strumento. Essa è la struttura stessa, la materia di cui siamo fatti. La scrittura quindi non avviene come ornamento formale: serve piuttosto ad evocare e quindi a generare forme. Forme che trovano nome e stato, evolvono da una intuizione divenendo reali per davvero. Ogni parola nasce dall’ascolto e solo dopo cade nella pagina che le darà il suo nuovo corpo. Tutto ha un nome, chiarissimo e inequivocabile.
dalla prefazione di Fabiano Alborghetti


E’ un libro splendido, indimenticabile, questa seconda prova di Francesco Tomada.
Francesco Marotta

Francesco è un chimico, che misura le reazioni dei viventi, nel loro travagliato operare, e le riporta con ordine sul quaderno; Francesco, infine, è un poeta, che registra tutto questo in versi, che sono come brevi sentieri da passo, costruiti per meglio meditare sul paesaggio intorno
Stefano Guglielmin

Una versificazione distesa e vissuta (…)una scrittura capace di porci i nodi vitali non come mero sfogo, ma come discreta condivisione di umanità (l'essere figlio e padre, fratello e sposo, amico e compagno, il condividere e il disperdere… uno sguardo solidale e attento, un fare anima umile ed empatico…)
Alessandro Ramberti

Il suo dettato è talvolta candido, nella sua dichiarata purezza; ma proprio in virtù di questa cifra egli riesce a condurci nei posti estranei al rumore del Pianeta.
Gianfranco Fabbri
Un poeta capace che adopera la parola come verità.
Paolo Castagna




da A ogni cosa il suo nome (Sasso Marconi, Le Voci Della Luna Editore, 2008)



Quando venne il terremoto del ‘76
era sera ed io avevo otto anni
uscimmo tutti di corsa nei cortilicosì come eravamo, noi bambini già in pigiama

ricordo la casa che tremava nel buio
e non ho mai pensato che potesse cadere
ma avevo paura, paura per il rumore
e perchè si muoveva la terra
e restava ferma l’aria

una cosa sconosciuta

il contrario del vento



Il negativo e l’immagine

Quando i bambini di qui fanno la guerra
bastano quattro cuscini sul letto per costruire una base
tutti hanno pistole o fucili con il tappo colorato in rosso
alcuni perfino bombe di gommapiuma

allora mi chiedo se i bambini di Beirut giocano alla pace
e come ci riescono
perchè non ci sono case giardini genitori di plastica
e morire per finta è facile
ma vivere per finta non si può



Pompei

Quando fra duemila anni scaveranno questa terra
troveranno i nostri corpi ormai diventati sasso
nella stessa posizione in cui ci addormentiamo oggi
tu girata di fianco
io ti stringo appoggiato alla tua schiena

e non sapremo mai se il nostro bene
è così grande da superare il tempo
o se è stata l’abitudine dei gesti ripetuti
a indurire l’amore
fino a trasformarlo in pietra



Tre diviso due

Ricordo che un giorno scherzavamo
se ci lasciassimo cosa sarebbe dei nostri tre figli
uno e mezzo a testa?
li taglieremmo a metà?

era un gioco stupido, ancora più stupido
adesso che sembra avverarsi
c’è una realtà dove si perde tutti
e tre diviso due fa zero

venerdì 7 novembre 2008

Cristina Unterberger

Dalla Maquette 4 Poesie (2000)
La Linfa
Poi tutto si calmó.
Sentivo lacrime del tuo amore
Scendere sul viso a sfiorare le labbra.
L'umida linfa si scioglieva nella mia bocca
Amara e dolce
Come la vita, di cui nasconde il segreto.

Dalla raccolta INCONTRI (Lietocolle 2002)
L'imperatore
Sazio della vita l'imperatore
Posó il candido capo sul cuscino.
Gli parve d'un tratto di udire
lo stridio metallico delle lame.
Lo assalí il calore della battaglia.
Il gusto dolciastro del sangue
mescolato all'afrore dei cavalli.
Sentí sulla bocca, arsa dal tempo,
il sapore di un bacio.
Violenta lo assalí la nostalgia di carezze
mai dimenticate,
di fragili calici biondi bevuti con troppa avidità.
Poi...chiuse gli occhi
E si addormentó.
O cosí, almeno credette.

Da: DEVARIM (Book Editore - 2006)
Devarim (Parole e cose)
Scendono a creare ció che non era.
Sí, come neve sulla muta terra.
Sono solo parole.
Cose sparse nel nulla
da prima che la neve esistesse.

La Tela Sonora

La Tela sonora e' una rete che attrae la poesia per espanderla e farla conoscere nel mondo, qui e ora: non esiste passato non esiste futuro. il futuro é il passato come é stato pensato da TE.

Ascolta ora in questo momento, l'unico possibile attimo.

Le parole della poesia letta sono adesso e ora, la loro musicalità é un tantra che raggiunge il cervello e soprattutto il cuore.

visita http://www.radioalma.blogspot.com/ ed ascolta le puntate trascorse in compagnia dei poeti.

La tela é per tutti grandi e piccini senza distinzione, accoglie per espandere per ritornare nel mondo con una forza più grande

Grazie a tutti coloro che hanno deciso di partecipare, la tela é vostra