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«Protestare in poesia non vuol semplicemente dire parlare della
Realtà, vuol dire provare a sottrarsi ad un rapporto con questa
di tipo passivo e massifi cante, e vuol dire anzi abiurare all’idea
dell’innocenza del rapporto soggetto-mondo, rinunciare alla
fede nella possibilità di un collegamento schietto e non mediato
col reale, rinunciare a qualsiasi rivolo impressionista, e forzare
ogni forma (psicologica, estetica, politica, morale) contro sé
stessa, fino al punto da costringerla a rivelare (per eccessiva
ironia o per eccessiva violenza) la propria arbitrarietà, fino a
far vedere al lettore la possibilità di un’Alternativa. È la paralisi
conoscitiva (e di conseguenza la paralisi attuativa) che viene
smascherata quando il soggetto diviene pronto a riconoscersi
quale mero ricettore del «dato di fatto», quando il poeta scopre
che la propria operazione di selezione e valutazione altro non
era che una frode auto-perpetrantesi ai suoi danni, quando
l’uomo (o il cittadino) riconosce che quello che aveva creduto
essere punto di vista privilegiato da cui guardare il mondo altro
non era che il luogo dove il mondo osservava lui, immobile,
assolutamente incapace a trascendere (senza che questo termine
abbia alcuna connotazione metafi sica), con un atto critico, le
strutture organizzate del mondo stesso.»
(dalla Introduzione di Mimmo Cangiano)
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