giovedì 16 luglio 2009

salvatore della capa .....(carovana dei poeti)

Ottobre e la polvere
la continenza dei fumi.
Ah Bologna, questo freddo
ti pulisce le arterie
nasconde i mali nei baveri
lungo l'odore di caldarroste.
La stazione, il grigio del cielo
nei palazzi, la pensione Marconi
dove dormisti bambino.
Mani enormi cercano
case negli angoli, nei timori
scuri delle insegne, una noia
compatta di lacca e cipria
le nasconde e i tacchi smorzati
sul celophan di rose in giro
fino a tarda notte. Bologna
nell'insonnia dei bicchieri, dei bivacchi
nelle piazze che nulla sanno
nelle autoradio a pieni watt
che non sentono alle spalle
il nulla che li vive







Vivo e piango.
Cammino sui morti
con piedi di fango.

Sono anch'io questo male
che ti scorre dentro









Corpi nudi crescono
come un cancro la bocca
si riempie di acqua e morti
sottratti al consiglio.

Non sono mai stato chiamato padre




Chiamo mia madre
ma ha braccia lunghe
e passo di talpa.
Gli occhi di chi ha conosciuto
il sapore del vetro







Maggio è ancora nebbia
ed è passato tempo
che si spezzano le dita.

La sera mia madre
si confina in un bicchiere.
Le verso ammoniaca e rubo.
Lei beve mi pulisce gli occhi









Da Interno, Esterno (L'arcolaio, 2008)



Viviamo giorni di pace.
Abbiamo il silenzio conficcato nei fianchi

***

Nei nostri letti stuprano donne senza volto

***

Il giusto massacra il colpevole.
Beve il sangue del figlio









Oggi la madre porta il figlio in un fazzoletto.
Pezzo per pezzo.
Dorme accanto a lui un sonno di sciacallo.
Gli ricuce il volto per provarne pietà







A Giusy L.

Dentro di te cresce un ventre
di balena che ti nasconde.
Paghi i dolori del parto
di quando sei nata come non dovevi.
E sai del dolore delle bambole
di quelle facce escluse
del tuo redentore morto.
Il male è nel mondo
e ti è crollato addosso.





A S. B.

Ho parlato con mio zio al cellulare stanotte.
Mi ha chiamato a tarda ora
al telefono lasciato acceso per sbaglio.
Mio fratello neanche si è svegliato.
Mi ha chiesto come stavo, come andavano gli studi
e il lavoro, se avevo più la ragazza.
«Scrivi ancora, Salvatore?»
Si zio, ancora. «Dimmi, perché?»
Oh zio è difficile – forse scrivo
per dare voce a qualcosa che non l’ha avuta
a un blocco che la merita. Forse scrivo
per comiato. E avanti il prossimo.
«Bravo sono fiero di te. Ci conosciamo così poco,
non ci sentivamo da tempo» sai zio la distanza, l’età
e le altre cose che ti velano gli occhi.
Ma scusami… «Sentiamoci presto caro.
Fatti vivo». Ma a questo non potevo ribattere.
A mio zio. Morto da tre anni.

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