martedì 16 dicembre 2008

SCRITTURA E (E') POTERE(?)




"L'area di Broca", XXVII, 71-72, 2000
SCRITTURA E (E') POTERE(?)

"A volte la gente mi guarda sorpresa quando vede che io qui,
seduto sulla panca, leggo il mio Voltaire e per di più
bevo un bicchiere d'acqua fresca, si meravigliano, scuotono il capo
e se ne vanno, ritenendomi probabilmente un individuo a cui lo Stato
ha concesso la libertà che si dà ai buffoni".
Thomas Bernhard (da Antichi maestri)

"Oggetto umile e potente, il libro entra nella nostra vita
con una forza terribile: e non è un caso che quelle parole
siano state così spesso, siano tuttora perseguitate. (...)
La totalità dell'uomo è una oscura minaccia per chiunque abbia
una verità in testa e la forza di imporla".
Giorgio Manganelli (da un inedito)

"Scrivi perché temi la dominazione".
Luìs Garcia Montero (da Diario complice)

Questo irraccontabile, leggero fardello
Tema unico, immenso, immane, questo, cui ci s'avvicina con timore e tremore (soprattutto il primo, e forse principale: "Scrittura e potere". Ma poi tutta da discutere la forza - e debolezza - di quell'è e di quell' - in parentesi - interrogativo). Tema stremante, così complesso, tormentoso, ultimativo qual è. Altro che poche pagine di un fascicolo di rivista... La "scrittura" del titolo potrebbe essere "cultura". E "cultura" sicuramente "critica". Cultura come critica. Critica e basta. "Potere", invece, resta sempre potere, anche se un antico detto proclama che "sapere è potere". Noi, fer- mamente gli preferiamo il socratico "So di non sapere" (di non potere), ed è tutto, tutto il potere concesso a chi, forse, pensando e scrivendo, non sa di sapere/potere; a chi, forse, (non) pensando e scrivendo, ha solo quel minimo/immenso im-potere di libertà/verità/critica che... Che se poi - come afferma Robert Walser - "scrivere significa accalorarsi in silenzio" -, che cosa di più lontano dal Potere (quello negativo, nefasto, opprimente: di tirannide contro libertà, della massa contro l'uno, del Mercato e della Moda contro l'appassionata, trepidante scrittura)? Che cosa di più lontano del vulnerante/invulnerato im-potere della scrittura? Dunque, non un potere contro l'altro; un Potere massiccio, greve, illiberale contro un "potere" duttile, leggero, esile, liberante. Anche se, anche se... A quanto Potere si è trovata, si trova spesso malauguratamente abbinata la scrittura? Quante compra-vendite, lassismi, compromessi, solleticamenti di privatissime ambizioni, debolezze, vanità, per una nulla stima della somma degnità della Scrittura e per l'uso di un piccolissimo, squallido potere contro di lei. Come in molti aspetti di quest'Occidente grasso, massmediatico, conformista, virtuale più che reale. Quest'Occidente e questo tempo che paiono soggiogati da una gran voglia di sottomissione e consenso, da ignoranza e supponenza, conformismo ed insieme vaga, pasciuta paura del possibile (e desiderio dell'impossibile). Tempo nel quale opporsi ai minimi non-potenti di turno (certi "intellettuali", certi sedicenti critici e poeti di "successo" e "potere", con moltissime virgolette) pareva atto dovuto, minimo doveroso coraggio, segno di libertà e "resistenza", ma che ormai è divenuto insufficiente e talora persino risibile (sia pur ancora doveroso e coraggioso, certo), se confrontato con la vastità, totalità e assolutezza dei Poteri (anche mercantil-culturali, dove l'insieme dei due aggettivi è già abbondantemente scandaloso e stridente) oggi in campo, solo che si pensi a chi appartengono le maggiori Case editrici italiane, e quali giganteschi e non più occulti Poteri muovano le leve di tutto quanto, Cenerentola cultura, letteratura, scrittura comprese. Un tema, dunque, che - più che mai oggi - interpella la nostra ostinata, "contempl/attiva" resistenza di individui e poi di piccolissimo gruppo di "pensanti" e "scriventi", che non ha voluto cedere, che resiste (magari per molti risibilmente, pateticamente) a lavorare con i proprî (nulli) mezzi e im-poteri, senza denari altrui né pubblici né privati (noi né "apocalittici" né "integrati"), forte della propria antica scommessa. Se "divide et impera" era il detto del Potere, unisci e non comandare è, forse, il possibile detto che unifica e qualifica un lavoro d'amore, ancora una volta, d'amor-scrittura. Un lavoro collaborativo, amicale, libero/liberante. Senza chiedere altro se non questo irraccontabile, leggero fardello di indipendenza (possibile?) dalla soma che il Potere vuole imporre (ormai impone) anche alle avventurate nostre aree di Broca.
Mariella Bettarini

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