http://librisdine.blogspot.com/
Se, anche quest’annoche un rosso scarlatto di luce,un viola appena intriso di verde,un rondone a mazzi di cabriate tra insetti volanti,- e le mie spiaggie carezzate di ondeda inverno, le tue, irruente di tocchi così lievi -se quest’anno che viene,obbediente nel ciclo delle stagioniagli inarcati “pianissimo”dei tuoi invisibili voli di danza,se questo tempo di memorie a caosper occhi di fanciulla scuri di gioie,occhi di cerbiatta umidi di tremori,occhi di alce duri di prudenze,se anche quest’annoche s’asciugheranno sguardi d’odioperfino nella tua terra santa di sangue e martìri,e già si sentono tempi di ritmi cherubiniin avvicinamento da tutti i Natali giunti dal tuoa fare insieme di tutti questi Natali tuoi,viventi in te, Amore Re, così lontano da noie così intimo dentro a noi, una ad uno.
mercoledì 31 dicembre 2008
Davide
E’ un momento paradisiaco e tutto sembra essere al posto giusto: le case, i passanti, le foglie secche degli ippocastani, diventate marroni, il battente di una finestra di palazzo Paradiso alle mie spalle, un uccello che cinguetta, a dispetto del traffico di pullman, auto e motorini, un martello che batte nell’interno squartato di un piccolo appartamento da ristrutturare. E’ tutta una successione, non vi sono giustapposizioni e a pensarci bene la si potrebbe definire incantevole; l’evidenza del giorno di festa, senza tuttavia la festa, contrapposta all’inintelligibilità d’ogni giorno…
IL RESTO SU WWW.davidebregola.com
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lunedì 29 dicembre 2008
Caterina Camporesi è nata a Sogliano al Rubicone (FC) nel 1944 e vive tra Rimini, la Garfagnana e Roma. Svolge l’attività di psicoterapeuta. Già condirettrice de «La Rocca poesia» e redattrice de «Le Voci della Luna», è socia di Sinopia (www.sinopiaonlus.org) e collabora con riviste cartacee e on-line come «Fili d’aquilone».Ha pubblicato: Poesie di una psicologa, Sulla porta del tempo, Agli strali del silenzio e Duende (Marsilio, Collana elleffe, Venezia, 2003). È presente con “La sorte risanata” nell’antologia La coda della Galassia (Fara, 2005) e altre sue poesie sono state inserite ne La linea del Sillaro (Campanotto, 2006).
Nel 2008 esce il suo libro Solchi e Nodi edito da Fara Editore.
Solchi e Nodi è un libro che rappresenta la maturità di Caterina Camporesi, quella maturità in un percorso emotivo e lavorativo che da anni la vede in primo piano. Quando leggo un libro di poesia tendo sempre a cercare di capire chi ho di fronte, documentandomi sulla persona e sul suo modo di fare poesia. Per questo credo che il titolo abbia un significato che imprime a tutto il progetto una forte dimostrazione dell’intensità e dell’empatia di questo libro. Letto il titolo, mi sono chiesto più volte cosa volesse trasmettere Caterina, e poi una piccola folgorazione mi ha colpito … I nodi … i nodi definiscono ciò che blocca, che limita, che impedisce l’elasticità mentale e comportamentale dell’uomo. Mentre i solchi? I solchi sono le tracce che hanno sciolto questi nodi, dando spazio alle parole dei versi di Caterina, che dopo un’attenta riflessione interna sfoggia poesia ermetica, ma realista, minimalista, ma al tempo stesso completa. La frase iniziale del libro “luoghi e tempi nutrono / aprono varchi al nostro divenire” è un segno di come Caterina ha fatto tesoro del tempo e del suo vissuto, nelle vicende più disparate, nelle più tristi o nelle più felici. Assimilandoli, elaborandoli, ma soprattutto capendone l’importanza, possiamo crescere e sciogliere quei nodi che piano si stringono nel momento in cui ci lasciamo andare. I versi di Caterina sono privi di punteggiatura, ma non per questo esuli da pause e stacchi importanti: nonostante la lunghezza dei versi, il ritmo arriva compulsivo e veloce, generando quell’agitazione del momento. Il compito dell’autrice, raro nel resistere in un libro di poesia, è quello di indirizzare il lettore verso una via, o un solco, e lasciare che intraprenda il significato che più ritiene opportuno, proprio per questo Caterina sceglie volutamente di non dare titoli ai propri scritti, per non traviare il lettore nel suo cammino. Sono tutte piccole gemme che non necessitano una lettura continua pagina per pagina, ma anche dislocata senza comunque perdere il significato finale del libro. Solchi e Nodi, un libro di poesia che fa della psicoterapia un modo per emozionare e suggestionare il lettore. Caterina mette tra le nostre mani un piccolo pezzo di creta, che verrà plasmato con le nostre membra, con il nostro cuore e diverrà quello che vorremmo vedere. Caterina è un’autrice che non si limita nei pensieri e nelle emozioni, le mette lì in vista, a disposizione: al lettore quindi il duro compito di guardarsi dentro. I complimenti da un uomo che fa della poesia un saggio sul proprio passato, scavando e scovando in ogni verso un dolore che a volte sembra assopito, ma sempre costante, una diversa rappresentazione ma che in un qualche modo ci accomuna, almeno nell’intento...
Nel 2008 esce il suo libro Solchi e Nodi edito da Fara Editore.
Solchi e Nodi è un libro che rappresenta la maturità di Caterina Camporesi, quella maturità in un percorso emotivo e lavorativo che da anni la vede in primo piano. Quando leggo un libro di poesia tendo sempre a cercare di capire chi ho di fronte, documentandomi sulla persona e sul suo modo di fare poesia. Per questo credo che il titolo abbia un significato che imprime a tutto il progetto una forte dimostrazione dell’intensità e dell’empatia di questo libro. Letto il titolo, mi sono chiesto più volte cosa volesse trasmettere Caterina, e poi una piccola folgorazione mi ha colpito … I nodi … i nodi definiscono ciò che blocca, che limita, che impedisce l’elasticità mentale e comportamentale dell’uomo. Mentre i solchi? I solchi sono le tracce che hanno sciolto questi nodi, dando spazio alle parole dei versi di Caterina, che dopo un’attenta riflessione interna sfoggia poesia ermetica, ma realista, minimalista, ma al tempo stesso completa. La frase iniziale del libro “luoghi e tempi nutrono / aprono varchi al nostro divenire” è un segno di come Caterina ha fatto tesoro del tempo e del suo vissuto, nelle vicende più disparate, nelle più tristi o nelle più felici. Assimilandoli, elaborandoli, ma soprattutto capendone l’importanza, possiamo crescere e sciogliere quei nodi che piano si stringono nel momento in cui ci lasciamo andare. I versi di Caterina sono privi di punteggiatura, ma non per questo esuli da pause e stacchi importanti: nonostante la lunghezza dei versi, il ritmo arriva compulsivo e veloce, generando quell’agitazione del momento. Il compito dell’autrice, raro nel resistere in un libro di poesia, è quello di indirizzare il lettore verso una via, o un solco, e lasciare che intraprenda il significato che più ritiene opportuno, proprio per questo Caterina sceglie volutamente di non dare titoli ai propri scritti, per non traviare il lettore nel suo cammino. Sono tutte piccole gemme che non necessitano una lettura continua pagina per pagina, ma anche dislocata senza comunque perdere il significato finale del libro. Solchi e Nodi, un libro di poesia che fa della psicoterapia un modo per emozionare e suggestionare il lettore. Caterina mette tra le nostre mani un piccolo pezzo di creta, che verrà plasmato con le nostre membra, con il nostro cuore e diverrà quello che vorremmo vedere. Caterina è un’autrice che non si limita nei pensieri e nelle emozioni, le mette lì in vista, a disposizione: al lettore quindi il duro compito di guardarsi dentro. I complimenti da un uomo che fa della poesia un saggio sul proprio passato, scavando e scovando in ogni verso un dolore che a volte sembra assopito, ma sempre costante, una diversa rappresentazione ma che in un qualche modo ci accomuna, almeno nell’intento...
lunedì 22 dicembre 2008
antonietta gnerre
Natale 2008
Io forse avrei voluto non solo fili di luci
-luminarie- ma delle mani più generose
che avessero più desiderio per il bene.
Natale è lì sulla poltrona
seduto da solo in mille coperte d’argento
senza affetto vero
circondato da calici, banchetti, ricami,
e carta sprecata per i doni.
Noi abbiamo perduto ogni memoria
nel donare le cianfrusaglie delle apparenze
il niente confezionato e infiocchettato.
In questo Natale impariamo
a regalare quelle piccolissime emozioni
smarrite negli specchi di questi anni
Impariamo ad amare Gesù
limpida meraviglia
luce che si alza attraverso i soffi
dei nostri cuori.
Io forse avrei voluto non solo fili di luci
-luminarie- ma delle mani più generose
che avessero più desiderio per il bene.
Natale è lì sulla poltrona
seduto da solo in mille coperte d’argento
senza affetto vero
circondato da calici, banchetti, ricami,
e carta sprecata per i doni.
Noi abbiamo perduto ogni memoria
nel donare le cianfrusaglie delle apparenze
il niente confezionato e infiocchettato.
In questo Natale impariamo
a regalare quelle piccolissime emozioni
smarrite negli specchi di questi anni
Impariamo ad amare Gesù
limpida meraviglia
luce che si alza attraverso i soffi
dei nostri cuori.
domenica 21 dicembre 2008
tormento
di Sebastiano Adernò
Ho un tutto mio studiato disagio da poeta che interpongo allavita perché una sottile scorza di felicità difenda la mia intimitàontologica e con cura, nutra il mio infinito. E questo ognigiorno, fino a che, perché nessuno la dimentichi, la notte mettein scena una domanda: e se sul cerchio montassero unoscambio? E il tempo, andasse a sbattere su un binario morto?Perché ora che gli alberi indolenziti diramano solitudinel’inverno chiede ascolto e, approfittando di una parola slogatacompila dei miei sentimenti un foglio bianco E io sosto cosìnell’algoritmo di varie stratificazioni, nel tiepido che urtacontro la paura di, e se un giorno la mente per distrazione,potrebbe perdere le gerarchie del pensiero per assumerel’ingombro di un giorno piovoso? Un giorno da vecchiacartolina sgranata dove nelle strade di una città fitta diombrelli dalle spalle lo sguardo caschi incapace di farcambiare direzione ai propri piedi?Così l’attesa coagula in un vetro su cui niente scivola più, etutto è trattenuto, forzato a sostare nel momento, come io e legocce di pioggia alla finestra, appesi alla nostra incapacità diafferrare questo sordo e liscio cielo di latta.Questo anche nei giorni in cui l’impressione del petto scambiail pozzo per un sospiro, e dal tuffo in una tazzina sbeccata lanoia mi prende a sorsi la mente, che persa in un calcolo senzamiracolo, mi slega le mani allo scrivere. Perché da suoniarcani mi tormento di coniare un nome grezzo per il miosentimento e voglio che siano le tue labbra a levigarlo. Comevorrei levigare ogni giorno versato dal sole al di là del mare.Ogni giorno che può avere una resa, per i nomi con cui losacrifico. Perché per ciò che sento sotto le dita l’arte non siimpara, si subisce. E col silenzio, in comunione, l’aurora fasempre da altare al cielo e il mio labbro si contrae in unapostrofo che d’ora, mentre questo sentire mi parassita, il miochiedere pace si versa sul mare come un'immagine su unospecchio in cui smetto di ricompormi perché gli occhi, misfuggono a loro stessi inciampando in ogni prospettiva che fada difetto alla comprensione. Così che distendermi a coglierele mie irregolarità, diviene per gli occhi essermi subaffittatoanche il nascosto. Il nascosto della notte. Perché è come duraogni volta la luna, a spezzarmi la lingua, sillabando lo scontoad ogni stella, un'altra per ancora, un'altra per sempre portarele labbra al pozzo, levandomi con la voglia, lo sgocciolo,dell'ora tarda che sempre mi tiene il petto.
Ho un tutto mio studiato disagio da poeta che interpongo allavita perché una sottile scorza di felicità difenda la mia intimitàontologica e con cura, nutra il mio infinito. E questo ognigiorno, fino a che, perché nessuno la dimentichi, la notte mettein scena una domanda: e se sul cerchio montassero unoscambio? E il tempo, andasse a sbattere su un binario morto?Perché ora che gli alberi indolenziti diramano solitudinel’inverno chiede ascolto e, approfittando di una parola slogatacompila dei miei sentimenti un foglio bianco E io sosto cosìnell’algoritmo di varie stratificazioni, nel tiepido che urtacontro la paura di, e se un giorno la mente per distrazione,potrebbe perdere le gerarchie del pensiero per assumerel’ingombro di un giorno piovoso? Un giorno da vecchiacartolina sgranata dove nelle strade di una città fitta diombrelli dalle spalle lo sguardo caschi incapace di farcambiare direzione ai propri piedi?Così l’attesa coagula in un vetro su cui niente scivola più, etutto è trattenuto, forzato a sostare nel momento, come io e legocce di pioggia alla finestra, appesi alla nostra incapacità diafferrare questo sordo e liscio cielo di latta.Questo anche nei giorni in cui l’impressione del petto scambiail pozzo per un sospiro, e dal tuffo in una tazzina sbeccata lanoia mi prende a sorsi la mente, che persa in un calcolo senzamiracolo, mi slega le mani allo scrivere. Perché da suoniarcani mi tormento di coniare un nome grezzo per il miosentimento e voglio che siano le tue labbra a levigarlo. Comevorrei levigare ogni giorno versato dal sole al di là del mare.Ogni giorno che può avere una resa, per i nomi con cui losacrifico. Perché per ciò che sento sotto le dita l’arte non siimpara, si subisce. E col silenzio, in comunione, l’aurora fasempre da altare al cielo e il mio labbro si contrae in unapostrofo che d’ora, mentre questo sentire mi parassita, il miochiedere pace si versa sul mare come un'immagine su unospecchio in cui smetto di ricompormi perché gli occhi, misfuggono a loro stessi inciampando in ogni prospettiva che fada difetto alla comprensione. Così che distendermi a coglierele mie irregolarità, diviene per gli occhi essermi subaffittatoanche il nascosto. Il nascosto della notte. Perché è come duraogni volta la luna, a spezzarmi la lingua, sillabando lo scontoad ogni stella, un'altra per ancora, un'altra per sempre portarele labbra al pozzo, levandomi con la voglia, lo sgocciolo,dell'ora tarda che sempre mi tiene il petto.
i vecchi
I vecchi
Brancolano senza appigli.
I figli vanno
a distanza ponti di ricordi
teli bianchi al profumo
di sole.
La mano.
Sfoca una meraviglia di rughe
il gelo sui tepori accantonati
Liliana Ugolini
lilianaugolini@interfree.it
info@lilianaugolini.it
www.lilianaugolini.it
Brancolano senza appigli.
I figli vanno
a distanza ponti di ricordi
teli bianchi al profumo
di sole.
La mano.
Sfoca una meraviglia di rughe
il gelo sui tepori accantonati
Liliana Ugolini
lilianaugolini@interfree.it
info@lilianaugolini.it
www.lilianaugolini.it
liliana ugolini
Le forme del vuoto
Il fienile
Le trame scaturiscono oscure.
I fili della paglia sgusciano il raggio isoscele.
L’olfatto de-mente coglie lo zigomo forte
lo strappo di camicia il tre-sette sull’aia.
Nell’ affamato canto di ragioni randagie
l’arco di porta vola insetti.
I ramati tegami gli starnazzi
l’odorato sudore sull’insano ora decrepito
recapito re-cesso a riparo di voglie
sfinisce a mezz’aria.
La porta
La porta pressata di gramigne
s’aprì di botto intricata di luce
al mezzo fratto scalino divorato.
L’interno a rinfusa
la scena degli stracci s’eternava nei tarli
nel rodere di legni vertebrati.
Una poltrona inutile, le zampe di leone.
Accomuna barattoli, gli utensili sdotti
la pena solitaria,
la malìa del malore del perdersi
Il luogo è dove ci furono figure
e furori. Ora un vuoto d’ombre
staglia bianco. L’essenza è in pienezza
la consapevolezza di perdita.
Il fienile
Le trame scaturiscono oscure.
I fili della paglia sgusciano il raggio isoscele.
L’olfatto de-mente coglie lo zigomo forte
lo strappo di camicia il tre-sette sull’aia.
Nell’ affamato canto di ragioni randagie
l’arco di porta vola insetti.
I ramati tegami gli starnazzi
l’odorato sudore sull’insano ora decrepito
recapito re-cesso a riparo di voglie
sfinisce a mezz’aria.
La porta
La porta pressata di gramigne
s’aprì di botto intricata di luce
al mezzo fratto scalino divorato.
L’interno a rinfusa
la scena degli stracci s’eternava nei tarli
nel rodere di legni vertebrati.
Una poltrona inutile, le zampe di leone.
Accomuna barattoli, gli utensili sdotti
la pena solitaria,
la malìa del malore del perdersi
Il luogo è dove ci furono figure
e furori. Ora un vuoto d’ombre
staglia bianco. L’essenza è in pienezza
la consapevolezza di perdita.
cristian pretolani
Tema
Raccogliamo le stelle
colle nostre mani,
le une tese alle altre.
Piovono coriandoli,
su vicinanze spontanee,
che profumano la neve
di luce vibrante.
Siamo giocattoli di pezza
appesi nel firmamento,
un lembo senza fine
dove iscrivere
il nostro tema amoroso.
Il nostro vino è
nuovo e vecchio
non conosce stanchezza
nelle botti di miele.
Mia coppa preziosa,
per te, vendemmio le stelle,
lumeggiando quello
che con le parole
resterebbe
nell’oscurità della ragione.
Siamo uniti
da un cordone ombelicale
che ci ossigena come
due -sospiri- in questa Vita .
Raccogliamo le stelle
colle nostre mani,
le une tese alle altre.
Piovono coriandoli,
su vicinanze spontanee,
che profumano la neve
di luce vibrante.
Siamo giocattoli di pezza
appesi nel firmamento,
un lembo senza fine
dove iscrivere
il nostro tema amoroso.
Il nostro vino è
nuovo e vecchio
non conosce stanchezza
nelle botti di miele.
Mia coppa preziosa,
per te, vendemmio le stelle,
lumeggiando quello
che con le parole
resterebbe
nell’oscurità della ragione.
Siamo uniti
da un cordone ombelicale
che ci ossigena come
due -sospiri- in questa Vita .
mercoledì 17 dicembre 2008
Giovanni Stefano Savino
Giovanni Stefano Savino
Tre poesie
Al primo impatto, non ti riconosco.Sapevo che dall'autobus, all'oraconvenuta, puntuale, da La Lastracontando le fermate la seconda,eri tu che scendevi, e mi portavila nostra giovinezza. Ricostruisco,guardandoti, l'immagine, sul nuovoche mi viene incontro con lo stessosguardo, come fa il sarto, quando il clientemisura con la stoffa. Mi consoli:abbiamo idee in comune oltre ai ricordi,che tu riaccendi in me come mia madrecon la carta e il ventaglio al focolaresessanta e più anni fa la fredda brace.
(24 agosto 2001)
"eri tu": Alberto Müller, amico d'infanzia e di prima giovinezza (da Anno Solare, 17 agosto - 22 settembre 2001, Al banco, XXI).
Abbiamo camminato su per CostaSan Giorgio, sul lungarno, su per viaGuicciardini, per tanti giorni quantioccorsero all'infanzia, per cambiarei corti pantaloni in pantalonilunghi, passando per quelli alla zuava.Le "mie donne"? Nel crescere le persi;appartennero ad altri, mogli, madri,e, se vive, non cercano nell'albumdella memoria né il nome né il voltodi Giovanni, raschiato, impolveratodal tempo. Vedo il tuo corpo rimpolpato,per un attimo, fermo al marciapiede,di spalle, dentro il vuoto del cancello;non mi hai detto per te chi sono stato,fiammifero non lasci alla mia notte.
24 agosto 2001
"vedo il corpo rimpolpato": l'amico Alberto Müller (id., XXII).
Ieri, col primo amico, non con dio,faccia a faccia: ti passi il fazzolettosul collo, sulla fronte, più e più volte,poco accaldato e molto emozionato;io ti guardo, misuro ogni tuo gesto,ogni parola, con cui mi rammentila sorte di Foà, di Filistrucchi,di Parretti, di Vestri, di Meucci.La "pace armada" come il carnevale,non altro in fondo il fascismo in Italia,e parate e discorsi e giuramenti,contro la nostra crescita, la nostravana domanda. E intristivano i padricome gli ombrelli nella rastrelliera.
24 agosto 2001
"col primo amico": l'amico Alberto Müller (id., XXIII).
martedì 16 dicembre 2008
SCRITTURA E (E') POTERE(?)
"L'area di Broca", XXVII, 71-72, 2000
SCRITTURA E (E') POTERE(?)
"A volte la gente mi guarda sorpresa quando vede che io qui,
seduto sulla panca, leggo il mio Voltaire e per di più
bevo un bicchiere d'acqua fresca, si meravigliano, scuotono il capo
e se ne vanno, ritenendomi probabilmente un individuo a cui lo Stato
ha concesso la libertà che si dà ai buffoni".
Thomas Bernhard (da Antichi maestri)
"Oggetto umile e potente, il libro entra nella nostra vita
con una forza terribile: e non è un caso che quelle parole
siano state così spesso, siano tuttora perseguitate. (...)
La totalità dell'uomo è una oscura minaccia per chiunque abbia
una verità in testa e la forza di imporla".
Giorgio Manganelli (da un inedito)
"Scrivi perché temi la dominazione".
Luìs Garcia Montero (da Diario complice)
Questo irraccontabile, leggero fardello
Tema unico, immenso, immane, questo, cui ci s'avvicina con timore e tremore (soprattutto il primo, e forse principale: "Scrittura e potere". Ma poi tutta da discutere la forza - e debolezza - di quell'è e di quell' - in parentesi - interrogativo). Tema stremante, così complesso, tormentoso, ultimativo qual è. Altro che poche pagine di un fascicolo di rivista... La "scrittura" del titolo potrebbe essere "cultura". E "cultura" sicuramente "critica". Cultura come critica. Critica e basta. "Potere", invece, resta sempre potere, anche se un antico detto proclama che "sapere è potere". Noi, fer- mamente gli preferiamo il socratico "So di non sapere" (di non potere), ed è tutto, tutto il potere concesso a chi, forse, pensando e scrivendo, non sa di sapere/potere; a chi, forse, (non) pensando e scrivendo, ha solo quel minimo/immenso im-potere di libertà/verità/critica che... Che se poi - come afferma Robert Walser - "scrivere significa accalorarsi in silenzio" -, che cosa di più lontano dal Potere (quello negativo, nefasto, opprimente: di tirannide contro libertà, della massa contro l'uno, del Mercato e della Moda contro l'appassionata, trepidante scrittura)? Che cosa di più lontano del vulnerante/invulnerato im-potere della scrittura? Dunque, non un potere contro l'altro; un Potere massiccio, greve, illiberale contro un "potere" duttile, leggero, esile, liberante. Anche se, anche se... A quanto Potere si è trovata, si trova spesso malauguratamente abbinata la scrittura? Quante compra-vendite, lassismi, compromessi, solleticamenti di privatissime ambizioni, debolezze, vanità, per una nulla stima della somma degnità della Scrittura e per l'uso di un piccolissimo, squallido potere contro di lei. Come in molti aspetti di quest'Occidente grasso, massmediatico, conformista, virtuale più che reale. Quest'Occidente e questo tempo che paiono soggiogati da una gran voglia di sottomissione e consenso, da ignoranza e supponenza, conformismo ed insieme vaga, pasciuta paura del possibile (e desiderio dell'impossibile). Tempo nel quale opporsi ai minimi non-potenti di turno (certi "intellettuali", certi sedicenti critici e poeti di "successo" e "potere", con moltissime virgolette) pareva atto dovuto, minimo doveroso coraggio, segno di libertà e "resistenza", ma che ormai è divenuto insufficiente e talora persino risibile (sia pur ancora doveroso e coraggioso, certo), se confrontato con la vastità, totalità e assolutezza dei Poteri (anche mercantil-culturali, dove l'insieme dei due aggettivi è già abbondantemente scandaloso e stridente) oggi in campo, solo che si pensi a chi appartengono le maggiori Case editrici italiane, e quali giganteschi e non più occulti Poteri muovano le leve di tutto quanto, Cenerentola cultura, letteratura, scrittura comprese. Un tema, dunque, che - più che mai oggi - interpella la nostra ostinata, "contempl/attiva" resistenza di individui e poi di piccolissimo gruppo di "pensanti" e "scriventi", che non ha voluto cedere, che resiste (magari per molti risibilmente, pateticamente) a lavorare con i proprî (nulli) mezzi e im-poteri, senza denari altrui né pubblici né privati (noi né "apocalittici" né "integrati"), forte della propria antica scommessa. Se "divide et impera" era il detto del Potere, unisci e non comandare è, forse, il possibile detto che unifica e qualifica un lavoro d'amore, ancora una volta, d'amor-scrittura. Un lavoro collaborativo, amicale, libero/liberante. Senza chiedere altro se non questo irraccontabile, leggero fardello di indipendenza (possibile?) dalla soma che il Potere vuole imporre (ormai impone) anche alle avventurate nostre aree di Broca.
Mariella Bettarini
Dalla A allo Zammù :: alfabeto letterario
Giovedì 18 Dicembre 2008 :: h. 19.30 - Dalla A allo Zammù :: alfabeto letterario
Andrea Caterini, Il nuovo giorno, Hacca edizioni - introducono Marcello Fois e Alcìde Pierantozzi
Zammù - Via Saragozza 32/a – Bologna - zammu@tiscali.it
È un diario ritrovato, la più classica invenzione del romanzo nel romanzo, a fornire ad Andrea Caterini l’opportunità di narrare una storia iscrivendola in un’altra storia. Nel racconto che fa da cornice, un giovane storico dell’arte si trova a vivere una trasferta accademica. È proprio lì, nel grigiore di una qualunque camera d’albergo, che dal manoscritto fortuitamente rinvenuto esplode una vicenda di amore e morte nella quale il protagonista non può non riconoscersi.
www.hacca.it
Andrea Caterini, Il nuovo giorno, Hacca edizioni - introducono Marcello Fois e Alcìde Pierantozzi
Zammù - Via Saragozza 32/a – Bologna - zammu@tiscali.it
È un diario ritrovato, la più classica invenzione del romanzo nel romanzo, a fornire ad Andrea Caterini l’opportunità di narrare una storia iscrivendola in un’altra storia. Nel racconto che fa da cornice, un giovane storico dell’arte si trova a vivere una trasferta accademica. È proprio lì, nel grigiore di una qualunque camera d’albergo, che dal manoscritto fortuitamente rinvenuto esplode una vicenda di amore e morte nella quale il protagonista non può non riconoscersi.
www.hacca.it
lunedì 15 dicembre 2008
LOVE DIFFERENCE
Ad Hangar, Barcellona dal 9 al 13 dicembre 2008 il workshop "pcp.net.tv- ética/estética": in broadcast sabato 13 dicembreLove Difference partecipa al quarto workshop As_Tide (Art for Social Trasformation and Intecultural Dialogue in Europe) Networks, dal titolo "pcp.net.tv : ética y estética", che si tiene dal 9 al 13 dicembre 2008 presso Hangar (Barcellona)."Dopo una settimana in cui un gruppo di 28 persone ha trascorso 40 intense ore a spremersi le meningi e a sporcarsi le mani discutendo, scoprendo e creando materiali audiovisivi ecco pronto un viaggio in un mondo in cui etica ed estetica non possono essere separate l'una dall'altra: la prima trasmissione di pcp.net.tv, live da Hangar sabato 13 dicembre dalle 18 alle 22 (fuso orario di Barcellona).La trasmissione è aperta al pubblico: fisicamente divenendo parte dell'audience ad Hangar (Passatge del Marquès de Santa Isabel, 40 Can Ricart - 08018 Barcelona) e virtualmente dal link http://pcp.net.tv/ usando VLC (scaricabile da http://www.videolan.org/vlc/)E' possibile contribuire alla trasmissione usando tre canali: video-answering-machine, chat e Flickr.Mandate ad Hangar i vostri video, registrazioni webcam o audio oppure contattate Hangar durante il broadcast via chat. Non tutto il materiale ricevuto potrà essere trasmesso per ragioni di durata della trasmissione.Per fornire video e audio andate su http://www.youtube.com/ ed eseguite il login con user: elvideocontestador e password: estetica.Per inviare relativi testi e link usate la chat del sito di Hangar durante la trasmissione.Per caricare foto su http://www.flickr.com/, eseguite il login con user: pcpnettv e password: estetica.Per vedere i contributi presentati: http://youtube.com/elvideocontestador.":: Informazioni sul workshop e su pcp.net.tv dal sito di Hangar:: Contatti: pcp.net.tv@gmail.com pcpnettv@yahoo.es:: Ulteriori informazioni: http://www.lovedifference.org/
simonetta melani
L’interruttore del buio
Riflessioni a trent’anni dalla legge Basaglia
Venerdì 19 Dicembre 2008, ore 21.15
Auditorium della Biblioteca Comunale
Santa Croce sull'Arno
interverranno :
Alessio Bellini , Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Santa Croce sull’Arno
Osvaldo Ciaponi , Sindaco del Comune di Santa Croce sull’Arno
Dr. Maria Laura Falasca , Responsabile U. O. Psichiatria ASL 11 Zona Valdarno Inferiore
Dr. Annibale Fanali , Psichiatra
Mauro Giani , Presidente del Circolo Il Grandevetro
Simonetta Melani , Redattrice del Bimestrale di Immagini politica e cultura ‘Il Grandevetro’
Nel corso della serata verrà presentato il libro di Giacomo Saviozzi
‘L’interruttore del buio’.
Reportage fotografico a trent’anni dalla legge 180 all’interno degli ex manicomi
XMASLAM
Giovedì 18 dicembre 2008
XMASLAM: LA GARA POETICA DI NATALE
A Torino più di 20 poeti da tutta Italia, per una gara nel nome della parola
poetica, del dialogo e della democrazia
(Torino 14 dicembre 2008) Al via uno degli eventi poetici più attesi il
XMASLAM, arrivato alla sua terza edizione, una gara poetica che ospiterà più
di 20 poeti provenienti da varie città italiane. La competizione si svolgerà
secondo le regole del poetry slam, brevi poesie inedite sottoposte ad una
votazione di una giuria pubblica, di cinque membri sorteggiati fra il
pubblico. Un tipo di poesia orale, con antiche ascendenze, in una versione
moderna che è stata regolamentata negli anni ’80 negli USA e arrivata in
Italia negli anni ‘90.
L’iniziativa è del poeta torinese Max Ponte che, con "Poesia Totale" e "La
Primavera dei Poeti", ha riunito in questo spettacolo di fine anno varie
figure del mondo poetico cittadino e nazionale. Fra i selezionati, in base
all’invio dei testi, saliranno sul palco il poeta napoletano Lucio Pacifico
già vincitore di un poetry slam "Transalpino", lo slammer milanese Mayoor
Lucio Tosi della "Scighera" e la poetessa cubana Velia Lechuga Rey. A fare
gli onori di casa l’interprete neodadaista Stefano Zanoli e la poetessa
Francesca Tini Brunozzi, una delle figure femminili più attive sul fronte
del poetry slam nazionale.
Il vincitore si aggiudicherà un premio in libri, il pubblico avrà la
possibilità di esprimere liberamente durante e dopo la manifestazione il suo
consenso o il suo dissenso, creando la base di un confronto critico.
Il XMASLAM, si propone come un dialogo poetico con il pubblico e fra gli
autori, al fine di allargare l’interesse per la poesia, al di là di
divisioni di carattere identitario o territoriale. Il poetry slam è da
sempre una pratica poetica naturalmente vicina a tematiche sociali, come la
condizione afroamericana o la vita nelle periferie. Quale lettura poetica
riserverà l’evento rispetto alla condizione dell’Italia oggi?
Appuntamento
Giovedì 18 dicembre ore 21.00 allo Chalet Allemand
Parco Culturale Le Serre,
Via Lanza 31, Grugliasco, Torino
Iniziativa di Poesia Totale e Primavera dei Poeti
Media Partners Radio Verona e Zam.it
Informazioni: E-mail programma@poesiatotale.eu
Telefono: 3341696877 Web http://www.blogger.com/www.maxponte.com
giovedì 11 dicembre 2008
Cristiano Ferrarese
Roma. Settima Fiera della piccola e media editoria
Una malattia chiamata Italia:“1976” di Cristiano Ferrarese
data: 09/12/2008
visite: 21
tags: più libri più liberi, Cristiano Ferrarese
Che l'Italia fosse gravemente malata se n'erano accorti in tanti, già a partire dal 1967, anno che dà il titolo al primo dei tre libri della raccolta di Cristiano Ferrarese, che compone la "Trilogia dei matti". Un male oscuro e strisciante, che, per certi versi, somiglia a quello descritto da Moravia ne "Gli indifferenti" (1929), laddove la normalità appare come la più subdola e tragica delle condizioni umane. Ecco che, allora, quel tempo, che attraversa un anno intero, non basta a contenere tutte le sgrammaticature e le possibili declinazioni del folle girovagare esistenziale, ce ne vuole un altro, che ne raccolga lo spunto e ne riaffermi l'intento. "1976" (Hacca Editore) è, perciò, la seconda tappa del viaggio metaforico di Cristiano Ferrarese all'interno della malattia mentale e dei suoi innumerevoli risvolti sociali.
Presentato da Paolo Crepet, Federico Moccia e Andrea Di Consoli, nell'ambito della fiera romana "Più libri, Più liberi", il punto di vista di Ferrarese è una voce stonata e fuori dal coro, che colpisce e seduce proprio per quel suo "essere a parte" e, contemporaneamente, "dentro le cose". Potere della sconclusionata sgangheratezza delle parole, o dello stordito rimescolamento della punteggiatura, la "Trilogia dei matti" (che verrà pubblicata per intero entro febbraio del 2009) è la traduzione meno letteraria che si possa immaginare del diario di un folle. Eppure la più vicina, per intenzioni e riferimenti, alle grandi suggestioni narrative del Novecento: si va da Céline, a Conrad, passando per Joyce e Dos Passos. Tutte intrise, in egual misura, di quell'ispirazione anarchica e dirompente nel tratteggiare gli scoscesi abissi delle infermità umane. E, come ricorda Crepet, non lontane dal mondo poetico e visionario di Dino Campana e, in anni recenti, di Alda Merini. Se è vero, infatti, che la letteratura ha attinto a lungo e a piene mani dalla malattia mentale, è altrettanto vero che il compiacimento estetico, a volte, ne ha raffreddato gli intenti e adombrato i contenuti. In questo caso, però, Ferrarese cede raramente alle lusinghe della facile equazione follia-genialità, per restituire, invece, uno spaccato crudo e apocalittico di una società in frantumi, che nella psicosi riscopre la propria più autentica essenza. Unico rischio: che le parole possano tradire il senso ultimo delle cose, simulando una realtà che non esiste per davvero, ma solo nei pensieri di chi scrive. O detto altrimenti, che l'Italia non sia in fondo così malata come sembra, ma che la sofferenza sia, tutt'al più, una spiacevole conseguenza della finzione letteraria. Ipotesi che, al momento, resta assai poco probabile.
Scritto da Michela Carrara
Una malattia chiamata Italia:“1976” di Cristiano Ferrarese
data: 09/12/2008
visite: 21
tags: più libri più liberi, Cristiano Ferrarese
Che l'Italia fosse gravemente malata se n'erano accorti in tanti, già a partire dal 1967, anno che dà il titolo al primo dei tre libri della raccolta di Cristiano Ferrarese, che compone la "Trilogia dei matti". Un male oscuro e strisciante, che, per certi versi, somiglia a quello descritto da Moravia ne "Gli indifferenti" (1929), laddove la normalità appare come la più subdola e tragica delle condizioni umane. Ecco che, allora, quel tempo, che attraversa un anno intero, non basta a contenere tutte le sgrammaticature e le possibili declinazioni del folle girovagare esistenziale, ce ne vuole un altro, che ne raccolga lo spunto e ne riaffermi l'intento. "1976" (Hacca Editore) è, perciò, la seconda tappa del viaggio metaforico di Cristiano Ferrarese all'interno della malattia mentale e dei suoi innumerevoli risvolti sociali.
Presentato da Paolo Crepet, Federico Moccia e Andrea Di Consoli, nell'ambito della fiera romana "Più libri, Più liberi", il punto di vista di Ferrarese è una voce stonata e fuori dal coro, che colpisce e seduce proprio per quel suo "essere a parte" e, contemporaneamente, "dentro le cose". Potere della sconclusionata sgangheratezza delle parole, o dello stordito rimescolamento della punteggiatura, la "Trilogia dei matti" (che verrà pubblicata per intero entro febbraio del 2009) è la traduzione meno letteraria che si possa immaginare del diario di un folle. Eppure la più vicina, per intenzioni e riferimenti, alle grandi suggestioni narrative del Novecento: si va da Céline, a Conrad, passando per Joyce e Dos Passos. Tutte intrise, in egual misura, di quell'ispirazione anarchica e dirompente nel tratteggiare gli scoscesi abissi delle infermità umane. E, come ricorda Crepet, non lontane dal mondo poetico e visionario di Dino Campana e, in anni recenti, di Alda Merini. Se è vero, infatti, che la letteratura ha attinto a lungo e a piene mani dalla malattia mentale, è altrettanto vero che il compiacimento estetico, a volte, ne ha raffreddato gli intenti e adombrato i contenuti. In questo caso, però, Ferrarese cede raramente alle lusinghe della facile equazione follia-genialità, per restituire, invece, uno spaccato crudo e apocalittico di una società in frantumi, che nella psicosi riscopre la propria più autentica essenza. Unico rischio: che le parole possano tradire il senso ultimo delle cose, simulando una realtà che non esiste per davvero, ma solo nei pensieri di chi scrive. O detto altrimenti, che l'Italia non sia in fondo così malata come sembra, ma che la sofferenza sia, tutt'al più, una spiacevole conseguenza della finzione letteraria. Ipotesi che, al momento, resta assai poco probabile.
Scritto da Michela Carrara
TRA MISTICA & POESIA
TRA MISTICA & POESIA
A PROPOSITO DI AN-NAFFARI
di Gianni De Martino
Muhammad ibn Abdallah an-Naffari è vissuto nella prima metà del X secolo e sarebbe morto nel 354 dell’ Ègira, cioè 965 d.C. della nostra era. A giudicare dal nome, probabilmente proveniva dall’Irak, da Niffar nel sud del paese. Mistico errante alla ricerca di un Assoluto che l’islàm esalta per la sua trascendenza e l’abissale alterità rispetto alla creatura, ha lasciato poche tracce per i posteri. Ma scriveva dei brevi testi e dei poemi in prosa che un suo nipote classificò dopo la sua morte in una raccolta intitolata Kitab al mawaqqef wa yalih kitab al mukhatabat ( Il libro delle soste e il libro dei discorsi).
Si tratta di espressioni che avranno un senso preciso nella mistica islamica e che influenzarono l’opera successiva e più sistematica di Ibn ‘Arabi (1165-1240). Il mukhatabat è una serie di avvertenze o discorsi indirizzati dall’ invisibile al suo servo che lo cerca, mentre il mawqif è una sosta, un intervallo, una transe tra le stazioni spirituali.
Tra una stazione e l’altra, si verificano come dei lampeggiamenti, delle intuizioni, e il viandante trattiene il fiato, come uno yogi o un feto… All’improvviso l’iniziato viene rapito da una misteriosa presenza che gli suggerisce le regole appropriate ( adab) per raggiungere la stazione spirituale che desidera realizzare, e acquisire la sapienza che ne deriva. E’ la via più penosa, se non patetica, ma la più perfetta, secondo i mistici che attingono preziose indicazioni sia dalla ruhâniyyah (spiritualità o soffio ) dei maestri , sia da ciò che loro stessi hanno scritto nelle loro opere. Spesso sobrie, di poche parole, perché, come nota An-Naffari: “Più larga la visione, più stretta la parola.”
Una scrittura fondata sul desiderio di Assoluto e la liberazione del represso, continuamente in bilico tra illuminazione e vertiginosi abbagli, comporta un lavoro in cui è il difficile stesso a diventare un cammino. Il mistico legge nel libro della propria esperienza ed eccede ogni religione – e perciò non è senza frizioni con la chiusa e statica autorità religiosa che, nel suo fondo, rifiuta il mistico tende a minimizzarne, a ridurne o a cancellarne le tracce. Con una censura difensiva che spesso scatta come una tagliola, tagliando nel vivo dell’ eccedenza mistica – un’eccedenza irriducibile, che forse costituisce il segreto stesso del linguaggio.
La raccolta, frammentaria e densa, di An-Naffari , fu edita e tradotta con il titolo THE MAWAQIF AND MUKHATABAT dall’orientalista inglese Arthur John Arberry, quand’era professore all’Università Egiziana del Cairo nel 1934. Devo a uno scritto di Adonis la segnalazione dell’opera di An-Naffari raccolta da Arberry: un’opera quasi intemporale che, a partire dagli anni sessanta, è diventata rapidamente uno dei pilastri della letteratura mistica del sufismo in lingua araba, incontrando i poeti occidentali e la loro attuale interrogazione - a partire da Baudelaire, Mallarmé, Rimbaud, Nerval, i surrealisti - sui limiti della letteratura, della poesia e del linguaggio. Adonis ne parlò in “Création d’une nouvelle écriture”, un articolo del n.17-18 della rivista Mawakif, tradotto da Mostafa Yznassni e riprodotto nel n. 8 della rivista di arti plastiche e letterarie “Integral”, apparsa nel marzo 1974 a Casablanca, dove allora risiedevo. La rivista “Integral” era diretta dall’amico Mohamed Melehi e aveva sede al n. 7 di Rue Rouget de l’Isle, in una villetta in stile coloniale frequentata da pittori, scrittori e poeti di diverse nazionalità, in un clima cosmopolita, conviviale e accogliente. Era il periodo hippies, un tempo di ricerca profonda e libera, che oggi è imbarazzante ricordare. E’ per caso, incidentalmente, che mettendo ordine nella mia biblioteca alla ricerca di un libro sul Marocco, ritrovo quel vecchio numero della rivista “Integral”.
Non so come descrivere il mio stupore alla lettura, ora come allora, dei frammenti di An-Naffari, che insieme a un lampo di fuori tempo, mi danno, incidentalmente, la sensazione e quasi la concreta percezione di essere alla presenza di un grande poeta. Con l’impressione, supplementare, di commettere un crimine, ne traduco qui, dal francese, alcuni frammenti.
XXII. SOSTA DELLA SCELTA
Mi ha fermato a proposito della scelta e mi ha detto che sono tutti malati.
Mi ha detto : Guarda come la medicina li visita mattina e sera e come mi rivolgo loro tramite la medicina – sanno che parlo loro ma si aspettano sostegno dalla medicina e a me non promettono niente.
Mi ha detto : Erano nella mia mano poi li ho rigirati e non li rimetterò nella mano in cui si trovavano.
Mi ha detto : Se vedi il fuoco buttatici dentro e non rifuggirlo, perché se ti ci butti il fuoco si spegnerà e se fuggi il fuoco ti perseguiterà e ti brucerà.
Mi ha detto : Io il fuoco lo accendo con la seconda mano.
Mi ha detto : Occorre che una mania si dichiari e se una mania si dichiara è che sei un maleducato.
Mi ha detto : La tua preghiera deve andare a colui che ti ferma o ti crea e devi tendere verso quello che ti parla o ti ascolta.
Mi ha detto : Non ho né porta né cammino.
Mi ha detto : Parla quando devi parlare e taci quando devi tacere. Mi ha detto : Va’ nel deserto e restaci fino a che io ti veda, e se ti vedo ti porterò dalla terra al cielo e non ti nasconderò il mio volto.
Mi ha detto : Se così facendo non hai il favore di una preghiera dovuta a una creatura incolta, ti perderai.
Mi ha detto : Se in ogni cosa ti comporti come voglio ti resterà ancora da negare te stesso e chiamarmi affiché io ti liberi dal tuo amico.
Mi ha detto : Se in ogni cosa ti comporti come voglio correrai un grosso rischio, basterà che la tua pupilla si muova per farti male.
Mi ha detto : Non sei altro che una creatura, dove vuoi andare ?
Allora ho visto una muraglia accerchiarmi da ogni lato e l’ho sentito ridere nella muraglia e mi ha detto : Questa è la casa dei miei, non è che qui che rido.
Mi ha detto : Ho messo a questa muraglia altrettante porte che le cose create, e piantato davanti a ogni porta un albero e una fresca sorgente.
Poi ti ho dato sete. Se esci ti porterò nella casa dei miei e ti farò bere quest’acqua.
Mi ha detto : Dormi per vedermi perché mi vedrai, e svegliati per vederti perché non mi vedrai.
Mi ha detto : Se mi trovi dal bugiardo non farglielo sapere, ma se mi trovi dal fedele faglielo sapere.
Mi ha detto : La conoscenza che ho di te sarà per te una prova. Io sono l’incancellabile, l’indelebile causa di tutte le prove.
Mi ha detto : Ho apprezzato la tua aggressività durante la prova, ti ho dimostrato la mia forza e deplorato la tua aggressività. La tua conoscenza dell’arte di sviare le prove, per me è una prova. La tua negazione della prova mi è prova.
Mi ha detto : Parla di me alla maniera dei bambini e invocami alla maniera delle donne. Mi ha detto : Non essere per me uno schiavo quando informi gli altri di te e di quello che viene da te - e se tu vieni a me, è come se niente di tutto quello che hai passato fosse mai avvenuto. ( Mohamed ben Abdeljabbar ben el Hassan an-Naffari , traduzione di Gianni de Martino )
Illustrazione:
Calligrafia dell’ hadith: inna Allah jamîl yuhibbu l-jamâl ( Dio è bello e ama la bellezza)
http://pagesperso-orange.fr/leon.paillot/dieu_est_beau.gif
A PROPOSITO DI AN-NAFFARI
di Gianni De Martino
Muhammad ibn Abdallah an-Naffari è vissuto nella prima metà del X secolo e sarebbe morto nel 354 dell’ Ègira, cioè 965 d.C. della nostra era. A giudicare dal nome, probabilmente proveniva dall’Irak, da Niffar nel sud del paese. Mistico errante alla ricerca di un Assoluto che l’islàm esalta per la sua trascendenza e l’abissale alterità rispetto alla creatura, ha lasciato poche tracce per i posteri. Ma scriveva dei brevi testi e dei poemi in prosa che un suo nipote classificò dopo la sua morte in una raccolta intitolata Kitab al mawaqqef wa yalih kitab al mukhatabat ( Il libro delle soste e il libro dei discorsi).
Si tratta di espressioni che avranno un senso preciso nella mistica islamica e che influenzarono l’opera successiva e più sistematica di Ibn ‘Arabi (1165-1240). Il mukhatabat è una serie di avvertenze o discorsi indirizzati dall’ invisibile al suo servo che lo cerca, mentre il mawqif è una sosta, un intervallo, una transe tra le stazioni spirituali.
Tra una stazione e l’altra, si verificano come dei lampeggiamenti, delle intuizioni, e il viandante trattiene il fiato, come uno yogi o un feto… All’improvviso l’iniziato viene rapito da una misteriosa presenza che gli suggerisce le regole appropriate ( adab) per raggiungere la stazione spirituale che desidera realizzare, e acquisire la sapienza che ne deriva. E’ la via più penosa, se non patetica, ma la più perfetta, secondo i mistici che attingono preziose indicazioni sia dalla ruhâniyyah (spiritualità o soffio ) dei maestri , sia da ciò che loro stessi hanno scritto nelle loro opere. Spesso sobrie, di poche parole, perché, come nota An-Naffari: “Più larga la visione, più stretta la parola.”
Una scrittura fondata sul desiderio di Assoluto e la liberazione del represso, continuamente in bilico tra illuminazione e vertiginosi abbagli, comporta un lavoro in cui è il difficile stesso a diventare un cammino. Il mistico legge nel libro della propria esperienza ed eccede ogni religione – e perciò non è senza frizioni con la chiusa e statica autorità religiosa che, nel suo fondo, rifiuta il mistico tende a minimizzarne, a ridurne o a cancellarne le tracce. Con una censura difensiva che spesso scatta come una tagliola, tagliando nel vivo dell’ eccedenza mistica – un’eccedenza irriducibile, che forse costituisce il segreto stesso del linguaggio.
La raccolta, frammentaria e densa, di An-Naffari , fu edita e tradotta con il titolo THE MAWAQIF AND MUKHATABAT dall’orientalista inglese Arthur John Arberry, quand’era professore all’Università Egiziana del Cairo nel 1934. Devo a uno scritto di Adonis la segnalazione dell’opera di An-Naffari raccolta da Arberry: un’opera quasi intemporale che, a partire dagli anni sessanta, è diventata rapidamente uno dei pilastri della letteratura mistica del sufismo in lingua araba, incontrando i poeti occidentali e la loro attuale interrogazione - a partire da Baudelaire, Mallarmé, Rimbaud, Nerval, i surrealisti - sui limiti della letteratura, della poesia e del linguaggio. Adonis ne parlò in “Création d’une nouvelle écriture”, un articolo del n.17-18 della rivista Mawakif, tradotto da Mostafa Yznassni e riprodotto nel n. 8 della rivista di arti plastiche e letterarie “Integral”, apparsa nel marzo 1974 a Casablanca, dove allora risiedevo. La rivista “Integral” era diretta dall’amico Mohamed Melehi e aveva sede al n. 7 di Rue Rouget de l’Isle, in una villetta in stile coloniale frequentata da pittori, scrittori e poeti di diverse nazionalità, in un clima cosmopolita, conviviale e accogliente. Era il periodo hippies, un tempo di ricerca profonda e libera, che oggi è imbarazzante ricordare. E’ per caso, incidentalmente, che mettendo ordine nella mia biblioteca alla ricerca di un libro sul Marocco, ritrovo quel vecchio numero della rivista “Integral”.
Non so come descrivere il mio stupore alla lettura, ora come allora, dei frammenti di An-Naffari, che insieme a un lampo di fuori tempo, mi danno, incidentalmente, la sensazione e quasi la concreta percezione di essere alla presenza di un grande poeta. Con l’impressione, supplementare, di commettere un crimine, ne traduco qui, dal francese, alcuni frammenti.
XXII. SOSTA DELLA SCELTA
Mi ha fermato a proposito della scelta e mi ha detto che sono tutti malati.
Mi ha detto : Guarda come la medicina li visita mattina e sera e come mi rivolgo loro tramite la medicina – sanno che parlo loro ma si aspettano sostegno dalla medicina e a me non promettono niente.
Mi ha detto : Erano nella mia mano poi li ho rigirati e non li rimetterò nella mano in cui si trovavano.
Mi ha detto : Se vedi il fuoco buttatici dentro e non rifuggirlo, perché se ti ci butti il fuoco si spegnerà e se fuggi il fuoco ti perseguiterà e ti brucerà.
Mi ha detto : Io il fuoco lo accendo con la seconda mano.
Mi ha detto : Occorre che una mania si dichiari e se una mania si dichiara è che sei un maleducato.
Mi ha detto : La tua preghiera deve andare a colui che ti ferma o ti crea e devi tendere verso quello che ti parla o ti ascolta.
Mi ha detto : Non ho né porta né cammino.
Mi ha detto : Parla quando devi parlare e taci quando devi tacere. Mi ha detto : Va’ nel deserto e restaci fino a che io ti veda, e se ti vedo ti porterò dalla terra al cielo e non ti nasconderò il mio volto.
Mi ha detto : Se così facendo non hai il favore di una preghiera dovuta a una creatura incolta, ti perderai.
Mi ha detto : Se in ogni cosa ti comporti come voglio ti resterà ancora da negare te stesso e chiamarmi affiché io ti liberi dal tuo amico.
Mi ha detto : Se in ogni cosa ti comporti come voglio correrai un grosso rischio, basterà che la tua pupilla si muova per farti male.
Mi ha detto : Non sei altro che una creatura, dove vuoi andare ?
Allora ho visto una muraglia accerchiarmi da ogni lato e l’ho sentito ridere nella muraglia e mi ha detto : Questa è la casa dei miei, non è che qui che rido.
Mi ha detto : Ho messo a questa muraglia altrettante porte che le cose create, e piantato davanti a ogni porta un albero e una fresca sorgente.
Poi ti ho dato sete. Se esci ti porterò nella casa dei miei e ti farò bere quest’acqua.
Mi ha detto : Dormi per vedermi perché mi vedrai, e svegliati per vederti perché non mi vedrai.
Mi ha detto : Se mi trovi dal bugiardo non farglielo sapere, ma se mi trovi dal fedele faglielo sapere.
Mi ha detto : La conoscenza che ho di te sarà per te una prova. Io sono l’incancellabile, l’indelebile causa di tutte le prove.
Mi ha detto : Ho apprezzato la tua aggressività durante la prova, ti ho dimostrato la mia forza e deplorato la tua aggressività. La tua conoscenza dell’arte di sviare le prove, per me è una prova. La tua negazione della prova mi è prova.
Mi ha detto : Parla di me alla maniera dei bambini e invocami alla maniera delle donne. Mi ha detto : Non essere per me uno schiavo quando informi gli altri di te e di quello che viene da te - e se tu vieni a me, è come se niente di tutto quello che hai passato fosse mai avvenuto. ( Mohamed ben Abdeljabbar ben el Hassan an-Naffari , traduzione di Gianni de Martino )
Illustrazione:
Calligrafia dell’ hadith: inna Allah jamîl yuhibbu l-jamâl ( Dio è bello e ama la bellezza)
http://pagesperso-orange.fr/leon.paillot/dieu_est_beau.gif
mercoledì 10 dicembre 2008
GG
E’ da questo che vedo.
Con la mia carne.
Lombrico sonnambulo tra i fiori.
Rifiorisco. Vedo. E da quest’aria
Raccolgo lo smalto per credere.
La polvere sui morti accumulata.
E la vita nella gioia dedicata
alla folla degli alberi lungo la strada.
In qualunque angolo il destino
nella ossuta luce della specie.
Sbanda arato intorno e davanti
l’ordine delle cose esposte
alla protervia feroce veloce.
Pronta a morire
pronta a uccidere
mi commuove così ogni cosa.
A salire un mazzo di fiori
finti in un canto alla vita.
Con la mia carne.
Lombrico sonnambulo tra i fiori.
Rifiorisco. Vedo. E da quest’aria
Raccolgo lo smalto per credere.
La polvere sui morti accumulata.
E la vita nella gioia dedicata
alla folla degli alberi lungo la strada.
In qualunque angolo il destino
nella ossuta luce della specie.
Sbanda arato intorno e davanti
l’ordine delle cose esposte
alla protervia feroce veloce.
Pronta a morire
pronta a uccidere
mi commuove così ogni cosa.
A salire un mazzo di fiori
finti in un canto alla vita.
sui passi per non rimanere
recensione di Vincenzo D’Alessio (scheda del libro qui)Leggere un romanzo, in gran parte autobiografico, resta una prova feconda per ogni essere umano: dilata gli orizzonti come un nuovo viaggio, anche in luoghi già conosciuti; rimuove gli orgogli personali, riducendoli ad esperienze sul campo; fa dell’esistenza dei personaggi l’abbrivo per una nuova sagace esistenza. Questa ed altre forze ancora si muovono all’interno del fluido racconto di BASAGOITIA.Diventa forte l’acqua di questo fiume chiamata esistenza quando si mettono in gioco vite piene di esperienze disagevoli, disancorate dai luoghi comuni europei, dagli esempi vividi dei testi pedagogici o sociologici che tanta letteratura e pensiero muovono nella nostra civiltà contemporanea. Allora mi ritornano alla mente le lezioni di Lévi Strauss, sulle diversità etnico culturali; le belle letture di Isabel ALLENDE de La casa degli spiriti (Feltrinelli, 2008) e tanti passaggi autorevoli legati all’esperienza del viaggio nelle terre ingannate dalla civiltà europea qual’è l’America Latina.Un fiume con acque umane, con volti dispersi nel suo fluire, con vicende circolari che non sboccano nel mare infinito dell’Umanità ma si disperdono, ignorate, nel fango della foresta locale. La foresta, la madre, la Natura, le sue leggi, le sue paure che diventano le nostre quando ci affacciamo nel buio che la foresta nasconde e gli spazi di luce che la stessa rivela: argini di un percorso indicibile. Lo sanno bene molti degli antropologi francesi partiti alla scoperta delle popolazioni interne del Rio delle Amazzoni o di altre foreste lungo la catena delle Ande. Il Perù di BASAGOITIA è solo una piccola tessera variegata di quel mosaico che non ha ancora completato il suo percorso di Democrazia.L’autrice di questo romanzo/racconto mi ha riportato alla mente il mio amico missionario padre Michele PISCOPO, che operava negli anni settanta/ottanta, nella poverissima regione dell’Ancash, tra vette estreme, povertà estrema, violenza estrema. Allora mi sovvengono le parole: quechua, palomito, Pomabamba, soroche, Lima e altro ancora. Il mio giovane amico missionario dei Padri Giuseppini di Asti si ammalò di “soroche” ai polmoni e ben due volte dovette sottoporsi a interventi ospedalieri in Italia. Oggi è vescovo a Lima e aiuta quanti sono scampati a “Sendero Luminoso”, alla schiavitù dei nuovi padroni indigeni pagati dai ricchi della città, e i bambini sempre indifesi.In queste pagine, che ai miei occhi sono apparsi come un sogno interminabile, sono ricomparsi più di trent’anni di epistolario; grazie all’Amore incontenibile di quella bambina “fortunata” che oggi è Gladys, ho potuto abbracciare gli anni più belli della mia tormentata esistenza di mancato missionario, di scrittore incapace di aiutare con una buona economia i sogni infranti di tanti bambini che nelle missioni italiane in Perù e in ogni parte del pianeta stentano un’esistenza normale.Una stupenda prova di scrittura, con qualche imperfezione dovuta alla non perfetta conoscenza della nostra lingua, contrapposta ad una forza di raccontare che non ha nulla da invidiare ai nostri più bravi autori italiani. Sono comparse le figure di Lara CARDELLA del romanzo Volevo i pantaloni, nell'episodio delle suore a pagina 110; le figure femminili di Maria Teresa DI LASCIA, di Passaggio in ombra (Premio Strega); di Emilia DENTE della poetica dello specchio nel volume Cuore di donna (1997) nel mentre scrive BASAGOITIA: ”Quella sconosciuta che si burla di me / dallo specchio è / nel centro del vortice / che arde. Dormo sopra la nebbia.”Pluralità di donne. Pluralità di eventi. Inaccessibilità dei sentimenti portati all’esasperazione dall’urto violento del fiume umanità verso gli argini deboli della figura femminile. Mamme: ”Mamma, non tutte le madri amano i loro figli?” (pag. 97) a questa domanda non c’è risposta. Né per me né per Saverio STRATI del romanzo Mani vuote. Non so dare come la Nostra autrice una risposta tanto bella ed esemplare, alla fine del racconto, dalla figura emblematica della propria madre. Restano i chiari e gli oscuri segni di ogni diversità umana. La Foresta Madre è un intrigo di forze, a volte, anche misteriose. Non tutto è spiegabile. Non tutti i debiti possono essere pagati con una bellissima e commovente prova di scrittura come in questo caso. Gladys c’è riuscita. Qualcun altro aspetterà ancora.
PECCATI
Cosa resterà
di te,
di me,
di noi due
quando il tempo
arriverà impetuoso
a bussare alla mia porta?
Cosa dirò al tuo Dio,
quando mi chiederà
di te,
di me,
di noi,
del nostro passato,
dei nostri peccati?
Mi vergognerò
e cercherò di nascondergli la verità.
Ma lui riderà,
capirà del mio amore per te,
e mi passerà la sua mano sul viso,
pieno di rughe,
di pensieri,
e mi dirà: entra nella mia casa,
mai nessuno come te ha amato tanto,
mai amore fu così tenero e profondo.
Non avere vergogna:
tu sei l’amore,
io sono l’amore.
Santoro Salvatore Armando
(Boccheggiano 26/01/2008 0.49)
di te,
di me,
di noi due
quando il tempo
arriverà impetuoso
a bussare alla mia porta?
Cosa dirò al tuo Dio,
quando mi chiederà
di te,
di me,
di noi,
del nostro passato,
dei nostri peccati?
Mi vergognerò
e cercherò di nascondergli la verità.
Ma lui riderà,
capirà del mio amore per te,
e mi passerà la sua mano sul viso,
pieno di rughe,
di pensieri,
e mi dirà: entra nella mia casa,
mai nessuno come te ha amato tanto,
mai amore fu così tenero e profondo.
Non avere vergogna:
tu sei l’amore,
io sono l’amore.
Santoro Salvatore Armando
(Boccheggiano 26/01/2008 0.49)
martedì 9 dicembre 2008
SPECIAL ISSUE OF IPOTESI: BRAZIL AND ITS TRANSLATORS
SPECIAL ISSUE OF IPOTESI: BRAZIL AND ITS TRANSLATORS
Call for papers
This special issue of the refereed journal Ipotesi invites original scholarly contributions in Portuguese, Spanish or English which, with Brazil as a reference, will analyse the engagement of creative writers, poets or filmmakers in the translation of literary texts. Contributions will feature:
1. The notable phenomenon of major Brazilian writers and poets cum literary translators (eg Machado de Assis, Manoel Bandeira, Haroldo and Augusto de Campos) and its increasingly visible gender dimension (eg, Raquel de Queiroz, Lya Luft): the impact of their creative writing on the translations and, conversely, the impact of translating on their creative writing; the impact of their notoriety on the reception and avatars of foreign literatures in Brazil; their role in canon formation; the productivity of the gender category in the analysis of the various prisms of the phenomenon.
2. The reverse phenomenon: non-Brazilian creative writers and poets who translate Brazilian literature (eg Elizabeth Bishop, Edwin Muir, Thomas Burns); their impact on the dissemination of Brazilian literature and canon formation; asymmetries across national borders; the collateral role of Brazilian creative writers living abroad as translators/self-translators/disseminators of Brazilian literature (eg, diplomat João Almino, exile Ferreira Gullar, academics Ricardo Sternberg and Vera Lúcia de Oliveira, translator Natan Barreto).
3. Intersemiotic translations of Brazilian literature: strategies used by filmmakers to transpose Brazilian literature to another semiotic system; gender dimensions; controversies arising from the greater national and international exposure achieved by Brazilian literature via the screen.
Deadline for submission of contributions: March 2, 2009
Guest editors:
Dr. Maria Clara Castellões de Oliveira (Federal University of Juiz de Fora, Brazil)
Professor Else R. P. Vieira (Queen Mary, University of London)
Editor-in-Chief
Dr. Miriam Lídia Volpe (Federal University of Juiz de Fora, Brazil)
Further information and style sheet http://www.revistaipotesi.ufjf.br/inormas.htm
Call for papers
This special issue of the refereed journal Ipotesi invites original scholarly contributions in Portuguese, Spanish or English which, with Brazil as a reference, will analyse the engagement of creative writers, poets or filmmakers in the translation of literary texts. Contributions will feature:
1. The notable phenomenon of major Brazilian writers and poets cum literary translators (eg Machado de Assis, Manoel Bandeira, Haroldo and Augusto de Campos) and its increasingly visible gender dimension (eg, Raquel de Queiroz, Lya Luft): the impact of their creative writing on the translations and, conversely, the impact of translating on their creative writing; the impact of their notoriety on the reception and avatars of foreign literatures in Brazil; their role in canon formation; the productivity of the gender category in the analysis of the various prisms of the phenomenon.
2. The reverse phenomenon: non-Brazilian creative writers and poets who translate Brazilian literature (eg Elizabeth Bishop, Edwin Muir, Thomas Burns); their impact on the dissemination of Brazilian literature and canon formation; asymmetries across national borders; the collateral role of Brazilian creative writers living abroad as translators/self-translators/disseminators of Brazilian literature (eg, diplomat João Almino, exile Ferreira Gullar, academics Ricardo Sternberg and Vera Lúcia de Oliveira, translator Natan Barreto).
3. Intersemiotic translations of Brazilian literature: strategies used by filmmakers to transpose Brazilian literature to another semiotic system; gender dimensions; controversies arising from the greater national and international exposure achieved by Brazilian literature via the screen.
Deadline for submission of contributions: March 2, 2009
Guest editors:
Dr. Maria Clara Castellões de Oliveira (Federal University of Juiz de Fora, Brazil)
Professor Else R. P. Vieira (Queen Mary, University of London)
Editor-in-Chief
Dr. Miriam Lídia Volpe (Federal University of Juiz de Fora, Brazil)
Further information and style sheet http://www.revistaipotesi.ufjf.br/inormas.htm
“19 Tesi per la vita della bellezza”
martedì 16 dicembre dalle ore 18 alle ore 23
Avventure della bellezza, percorsi e illuminazioni
A vent'anni dalla presentazione delle “19 Tesi per la vita della bellezza”
a cura di Tomaso Kemeny
Nel 1988, prima a Riccione, poi a Milano, Mario Baudino, Rosita Copioli, Giuseppe Conte, Tomaso Kemeny, Roberto Mussapi e Stefano Zecchi hanno presentato le “19 Tesi sulla vita della bellezza” nell’ambito dell’evento “La Nascita delle Grazie”; alla Casa della Poesia di Milano i 6 sostenitori delle Tesi ne svilupperanno e valuteranno la pertinenza nel presente, aprendo sul futuro.
A livello teorico interverrannoRoberto Barbolini, Roberto Ciaccio, Bianca Garavelli, Milli Graffi, Giancarlo Lacchin, Stefano Morigi, Francesco Napoli, Demetrio Paparoni, Marcello Pietrantoni, Giancarlo Pontiggia, Gianpaolo Sasso, Géza Szocs, Leonardo Terzo, Silvia Tomasi.
Leggeranno un proprio testo poetico Guglielmo Aprile, Claudia Azzola, Sandro Boccardi, Franco Buffoni, Luigi Cannillo, Roberto Carifi, Ugo Carrega, Biagio Cepollaro, Tiziana Cera Rosco, Marina Corona, AdeleDesideri, Donato Di Poce, Gabriela Fantato, Gabriella Galzio, Enrico Grandesso, Vincenzo Guarracino, Alberto Figliolia, Csakànyi Jutka, Yang Lian, Francesco Macciò, Massimo Maggiari, Daniel M. Mancini, Beppe Mariano, Amos Mattio, Alez Misceff, Gianpiero Neri, Guido Oldani, Maria Pia Quintavalla, Davide Rondoni, Ottavio Rossani, Tiziano Rossi, Mario Santagostini, Arturo Schwarz, Fabio Scotto, Carlo Alberto Sitta, Antonio Staude, Angelo Tondini, Angelo Tonelli, Isabella Vincentini, Valentino Zeichen, Edoardo Zuccato.
Verrà eseguito“Inno alle avventure della bellezza” , di Davide Anzaghi per il violoncello di Andrea Favalessa.
Sarà offerto un rinfresco (alle ore 20.30)
Avventure della bellezza, percorsi e illuminazioni
A vent'anni dalla presentazione delle “19 Tesi per la vita della bellezza”
a cura di Tomaso Kemeny
Nel 1988, prima a Riccione, poi a Milano, Mario Baudino, Rosita Copioli, Giuseppe Conte, Tomaso Kemeny, Roberto Mussapi e Stefano Zecchi hanno presentato le “19 Tesi sulla vita della bellezza” nell’ambito dell’evento “La Nascita delle Grazie”; alla Casa della Poesia di Milano i 6 sostenitori delle Tesi ne svilupperanno e valuteranno la pertinenza nel presente, aprendo sul futuro.
A livello teorico interverrannoRoberto Barbolini, Roberto Ciaccio, Bianca Garavelli, Milli Graffi, Giancarlo Lacchin, Stefano Morigi, Francesco Napoli, Demetrio Paparoni, Marcello Pietrantoni, Giancarlo Pontiggia, Gianpaolo Sasso, Géza Szocs, Leonardo Terzo, Silvia Tomasi.
Leggeranno un proprio testo poetico Guglielmo Aprile, Claudia Azzola, Sandro Boccardi, Franco Buffoni, Luigi Cannillo, Roberto Carifi, Ugo Carrega, Biagio Cepollaro, Tiziana Cera Rosco, Marina Corona, AdeleDesideri, Donato Di Poce, Gabriela Fantato, Gabriella Galzio, Enrico Grandesso, Vincenzo Guarracino, Alberto Figliolia, Csakànyi Jutka, Yang Lian, Francesco Macciò, Massimo Maggiari, Daniel M. Mancini, Beppe Mariano, Amos Mattio, Alez Misceff, Gianpiero Neri, Guido Oldani, Maria Pia Quintavalla, Davide Rondoni, Ottavio Rossani, Tiziano Rossi, Mario Santagostini, Arturo Schwarz, Fabio Scotto, Carlo Alberto Sitta, Antonio Staude, Angelo Tondini, Angelo Tonelli, Isabella Vincentini, Valentino Zeichen, Edoardo Zuccato.
Verrà eseguito“Inno alle avventure della bellezza” , di Davide Anzaghi per il violoncello di Andrea Favalessa.
Sarà offerto un rinfresco (alle ore 20.30)
alberto terrile
Sono come il bosco d’inverno
Come il fuoco è alimentato dall’aria e dalla legna, allo stesso
modo, ho coscienza di cosa occorre per la mia vita.
Raggiungo il bosco di Silvano, curato come fosse un giardino.
Non cerco legna per il mio camino.
Schivo i ricordi che saettano come frecce e s’arrampicano sulla
scala che poggia su un vecchio castagno.
Torno sempre sui miei luoghi d’affezione, li osservo come si fa
con un amico che si è salutato mesi prima. Prendo le misure
dello spazio a seconda del volgere delle stagioni."
Vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera
quel che si era visto in estate, vedere di giorno quel che si è
visto di notte, con il sole dove la prima volta
pioveva" (J.Saramago viaggio in Portogallo)
A casa il camino brucia legna di ciliegio, castagno e quercia.
Dalla finestra una pioggia di stelle sorride al vuoto.
lunedì 8 dicembre 2008
Il progetto “JP band”
Il progetto “JP band” nasce dall’idea comune del poeta Domenico Cipriano, del musicista Enzo Orefice e dell'attore Enzo Marangelo. Un progetto culminato con la pubblicazione del CD dal titolo “JP band:
Le note richiamano versi” (Abeat records), dove Jazz e Poesia si fondono con un risultato che non ha precedenti in Italia. Nella performance live si fonde jazz, poesia e momenti d'improvvisazione teatrale. In scena, 5 elementi: il poeta Domenico Cipriano, l'attore Enzo Marangelo, il pianista Enzo Orefice e la sezione ritmica di Piero Leveratto ed Ettore Fioravanti.Le musiche originali scritte per la “JP band” da Enzo Orefice, presentano brani delicati ed intriganti, intervallati ad altri dove il ritmo è protagonista e la voce fa emergere gli aspetti fonetici della parola che, nelle poesie di Cipriano, rispecchiano la costruzione di un “assolo” con note e sillabe legate tra loro, in un preciso sistema di regole.
Si realizza in questo modo una fusione tra parola e musica senza scadere nella canzone, né nella teatralizzazione della parola, ma restando sempre in bilico tra la “purezza” del jazz e la “purezza” della poesia.
Il progetto “JP band” segna una “rarità” nel panorama italiano, rivoluzionando il genere della jazz-poetry, con uno spettacolo godibilissimo per l’interplay dell’affiatato trio di Enzo Orefice, modernissimo e capace di catturare tutte le sfumature dei testi poetici di Domenico Cipriano, e con la voce affascinante e ritmica del versatile Enzo Marangelo, che offre la sua esperienza di ricerca e sperimentazione teatrale contemporanea, fondendosi in modo impeccabile col trio, nonché ponendo la sua qualità di regista per la direzione dello spettacolo.
Le note richiamano versi” (Abeat records), dove Jazz e Poesia si fondono con un risultato che non ha precedenti in Italia. Nella performance live si fonde jazz, poesia e momenti d'improvvisazione teatrale. In scena, 5 elementi: il poeta Domenico Cipriano, l'attore Enzo Marangelo, il pianista Enzo Orefice e la sezione ritmica di Piero Leveratto ed Ettore Fioravanti.Le musiche originali scritte per la “JP band” da Enzo Orefice, presentano brani delicati ed intriganti, intervallati ad altri dove il ritmo è protagonista e la voce fa emergere gli aspetti fonetici della parola che, nelle poesie di Cipriano, rispecchiano la costruzione di un “assolo” con note e sillabe legate tra loro, in un preciso sistema di regole.
Si realizza in questo modo una fusione tra parola e musica senza scadere nella canzone, né nella teatralizzazione della parola, ma restando sempre in bilico tra la “purezza” del jazz e la “purezza” della poesia.
Il progetto “JP band” segna una “rarità” nel panorama italiano, rivoluzionando il genere della jazz-poetry, con uno spettacolo godibilissimo per l’interplay dell’affiatato trio di Enzo Orefice, modernissimo e capace di catturare tutte le sfumature dei testi poetici di Domenico Cipriano, e con la voce affascinante e ritmica del versatile Enzo Marangelo, che offre la sua esperienza di ricerca e sperimentazione teatrale contemporanea, fondendosi in modo impeccabile col trio, nonché ponendo la sua qualità di regista per la direzione dello spettacolo.
IL CANTO DEL SAMURAI
Non ho genitori: ho fatto del Cielo e della Terra i miei genitori.
Non ho casa: ho fatto dell’accuratezza la mia casa.
Non ho vita né morte: ho fatto dei flussi del respiro la mia vita e la mia morte.
Non ho poteri divini: ho fatto dell’onestà il mio potere divino.
Non ho intermediari: ho fatto della comprensione il mio intermediario.
Non ho segreti magici: ho fatto del carattere il mio segreto magico.
Non ho corpo: ho fatto della sopportazione il mio corpo.
Non ho occhi: ho fatto dei lampi di luce i miei occhi.
Non ho orecchie: ho fatto della sensibilità le mie orecchie.
Non ho arti: ho fatto della prontezza i miei arti.
Non ho strategia: ho fatto della liberazione dall’offuscamento la mia strategia.
Non ho progetti: ho fatto dell’afferrare al volo l’opportunità il mio progetto.
Non ho miracoli: ho fatto della giusta azione il mio miracolo.
Non ho principi: ho fatto dell’adattabilità a tutte le circostanze il mio principio.
Non ho tattiche: ho fatto della pienezza e della vacuità le mie tattiche.
Non ho talenti: ho fatto dell’attenzione il mio talento.
Non ho amici: ho fatto della mia mente il mio amico.
Non ho nemici: ho fatto dell’indifferenza il mio nemico.
Non ho armatura: ho fatto della benevolenza e della rettitudine la mia armatura.
Non ho castello: ho fatto della coscienza inamovibile il mio castello.
Non ho spada: ho fatto dell’assenza dell’ego la mia spada.
(Giappone XIV° secolo)
Non ho casa: ho fatto dell’accuratezza la mia casa.
Non ho vita né morte: ho fatto dei flussi del respiro la mia vita e la mia morte.
Non ho poteri divini: ho fatto dell’onestà il mio potere divino.
Non ho intermediari: ho fatto della comprensione il mio intermediario.
Non ho segreti magici: ho fatto del carattere il mio segreto magico.
Non ho corpo: ho fatto della sopportazione il mio corpo.
Non ho occhi: ho fatto dei lampi di luce i miei occhi.
Non ho orecchie: ho fatto della sensibilità le mie orecchie.
Non ho arti: ho fatto della prontezza i miei arti.
Non ho strategia: ho fatto della liberazione dall’offuscamento la mia strategia.
Non ho progetti: ho fatto dell’afferrare al volo l’opportunità il mio progetto.
Non ho miracoli: ho fatto della giusta azione il mio miracolo.
Non ho principi: ho fatto dell’adattabilità a tutte le circostanze il mio principio.
Non ho tattiche: ho fatto della pienezza e della vacuità le mie tattiche.
Non ho talenti: ho fatto dell’attenzione il mio talento.
Non ho amici: ho fatto della mia mente il mio amico.
Non ho nemici: ho fatto dell’indifferenza il mio nemico.
Non ho armatura: ho fatto della benevolenza e della rettitudine la mia armatura.
Non ho castello: ho fatto della coscienza inamovibile il mio castello.
Non ho spada: ho fatto dell’assenza dell’ego la mia spada.
(Giappone XIV° secolo)
Conversazione con una pietra
Busso alla porta della pietra.
– Sono io, fammi entrare.
Voglio venirti dentro,
dare un’occhiata,
respirarti come l’aria.
– Vattene – dice la pietra. –
Sono ermeticamente chiusa.
Anche fatte a pezzi
Saremo chiuse ermeticamente.
Anche ridotte in polvere non faremo entrare nessuno.
Busso alla porta delle pietra.
– Sono io, fammi entrare.
Vengo per pura curiosità.
La vita è la sua unica occasione.
Vorrei girare per il tuo palazzo,
e visitare poi anche la foglia e la goccia d’acqua.
Ho poco tempo per farlo.
La mia mortalità dovrebbe commuoverti.
– Sono di pietra – dice la pietra –
e devo restare seria per forza.
Vattene via,
Non i muscoli del riso.
Busso alla porta della pietra.
– Sono io, fammi entrare.
Dicono che in te ci sono grandi sale vuote,
non viste, belle invano,
sorde, senza l’eco di alcun passo.
Ammetti che tu stessa ne sai poco.
– Sale grandi e vuote – dice la pietra –
ma in esse non c’è spazio.
Belle, può darsi, ma al di là del gusto
dei tuoi poveri sensi.
Puoi conoscermi, però mai fino in fondo.
Con tutta la mia superficie mi rivolgo a te,
ma tutto il mio interno è girato altrove.
Busso alla porta delle pietra.
– Sono io, fammi entrare.
Non cerco in te un rifugio per l’eternità.
Non sono infelice.
Non sono senza casa.
Il mio mondo è degno di ritorno.
Entrerò e uscirò a mani vuote.
E come prova d’esserci stata davvero
porterò solo parole,
a cui nessuno presterà fede.
– Non entrerai – dice la pietra. –
Ti manca il senso del partecipare.
Non c’è senso che possa sostituirti quello del partecipare.
Anche una vista affilata fino all’onniveggenza
non ti servirà a nulla senza il senso del partecipare.
Non entrerai, non hai che una sensazione di quel senso,
appena un germe, solo una parvenza.
Busso alla porta della pietra.
– Sono io fammi entrare.
Non posso attendere duemila secoli
per entrare sotto il tuo tetto.
– Se non mi credi – dice la pietra –
rivolgiti alla foglia, dirà la stessa cosa.
Chiedi a una goccia d’acqua, e ti dirà quello che ha detto la foglia.
Chiedi infine a un capello della tua testa.
Scoppio dal ridere, d’una immensa risata che non so ridere.
Busso alla porta della pietra.
– Sono io, fammi entrare.
– Non ho porta – dice la pietra.
Wislawa Szymborska
Da Sale (1962), Scheiwiller – Milano
Presente anche nell’antologia Vista con granello di sabbia Adelphi – Milano
– Sono io, fammi entrare.
Voglio venirti dentro,
dare un’occhiata,
respirarti come l’aria.
– Vattene – dice la pietra. –
Sono ermeticamente chiusa.
Anche fatte a pezzi
Saremo chiuse ermeticamente.
Anche ridotte in polvere non faremo entrare nessuno.
Busso alla porta delle pietra.
– Sono io, fammi entrare.
Vengo per pura curiosità.
La vita è la sua unica occasione.
Vorrei girare per il tuo palazzo,
e visitare poi anche la foglia e la goccia d’acqua.
Ho poco tempo per farlo.
La mia mortalità dovrebbe commuoverti.
– Sono di pietra – dice la pietra –
e devo restare seria per forza.
Vattene via,
Non i muscoli del riso.
Busso alla porta della pietra.
– Sono io, fammi entrare.
Dicono che in te ci sono grandi sale vuote,
non viste, belle invano,
sorde, senza l’eco di alcun passo.
Ammetti che tu stessa ne sai poco.
– Sale grandi e vuote – dice la pietra –
ma in esse non c’è spazio.
Belle, può darsi, ma al di là del gusto
dei tuoi poveri sensi.
Puoi conoscermi, però mai fino in fondo.
Con tutta la mia superficie mi rivolgo a te,
ma tutto il mio interno è girato altrove.
Busso alla porta delle pietra.
– Sono io, fammi entrare.
Non cerco in te un rifugio per l’eternità.
Non sono infelice.
Non sono senza casa.
Il mio mondo è degno di ritorno.
Entrerò e uscirò a mani vuote.
E come prova d’esserci stata davvero
porterò solo parole,
a cui nessuno presterà fede.
– Non entrerai – dice la pietra. –
Ti manca il senso del partecipare.
Non c’è senso che possa sostituirti quello del partecipare.
Anche una vista affilata fino all’onniveggenza
non ti servirà a nulla senza il senso del partecipare.
Non entrerai, non hai che una sensazione di quel senso,
appena un germe, solo una parvenza.
Busso alla porta della pietra.
– Sono io fammi entrare.
Non posso attendere duemila secoli
per entrare sotto il tuo tetto.
– Se non mi credi – dice la pietra –
rivolgiti alla foglia, dirà la stessa cosa.
Chiedi a una goccia d’acqua, e ti dirà quello che ha detto la foglia.
Chiedi infine a un capello della tua testa.
Scoppio dal ridere, d’una immensa risata che non so ridere.
Busso alla porta della pietra.
– Sono io, fammi entrare.
– Non ho porta – dice la pietra.
Wislawa Szymborska
Da Sale (1962), Scheiwiller – Milano
Presente anche nell’antologia Vista con granello di sabbia Adelphi – Milano
venerdì 5 dicembre 2008
di Patrizia Bianchi
E se la vera poesia fosse la poesia di Massimo Sannelli? Ogni volta che leggo le poesie di Massimo sono in difficoltà. Sono difficili? Non sono poetiche? Forse perché non sono descrittive? O perché non lanciano un messaggio discorsivo, descrittivo, verboso? Ma in fondo – che cosa è la poesia? Che cosa non è?Allora ho guardato in modo diverso, da ogni angolazione. E mi sono detta: SE QUESTA FOSSE LA VERA POESIA? SE MASSIMO SANNELLI FOSSE L’ULTIMO POETA? (e il discorso sulla poesia si chiude definitivamente, come se avesse concluso un percorso. È davvero detta l’ultima parola?). Non è provocazione o presunzione. La forma del suono nella poesia di Massimo è talmente pura da rendere infruttuosa ogni e qualsiasi interpretazione. Come nella musica: la si ascolta senza intralciare il suono. Che fine ha fatto la poesia? È poeta chi riconduce la poesia a sé come è stato naturale – e quindi fa poesia. Massimo mette in forma pura le voci e le lega al suono. Nascono i versi: sonetti difficilissimi da far entrare nell’orecchio, perché è diseducato al linguaggio scritto ad arte. Non è un linguaggio comune – quindi non è mediatico, non mediato, inadatto a dare risposte, consolazione e piacere istantaneo.Leggere le poesie di Massimo comporta un’attentissima preparazione e accoglienza del bello in quanto bello. LA POESIA STESSA SI SERVE DI SANNELLI PER ESSERE VIVA. Massimo non ha scritto la poesia di Massimo. È una disciplina che si legge – e che legge se stessa – in solitudine. Ma oralmente assume una personalità, perché la voce di Massimo la rende più umana e reale. Voce calma ma ferma.Siamo abituati a letture facili con un impatto ravvicinato. Pensiamo: «se mi emoziona, è poesia». E non riusciamo a distinguere. Poesia è il non detto, il non dire, il non entrare nel pettegolezzo; o è un colloquiare tra stanza e stanza. La poesia è appartarsi e dire in silenzio, senza mediazione o intervento. Non ha bisogno di un interlocutore (l’altro è se stesso, che si riflette nello specchio). La parola è un tempio e lì resta isolata, chiusa. La si può guardare da vicino o da lontano, ma nessuno entra, perché non c’è porta; non si spiega ciò che non ha nulla da spiegare. Essere o sentirsi poetici non vuol dire essere poeti. Essere poeta significa costruire senza rompere la parola; rendere udibile la parola senza rimandare le voci a nessuno. Questo è il linguaggio puro. Un poeta ha questa voce universale. Massimo Sannelli fa poesia perché è un poeta sia quando scrive sia nella vita di tutti i giorni: senza distinzione tra quello che scrive e come vive. La sua grazia non è molle, ma rompe le catene di una presunta libertà. Chi è sordo, è sordo in ogni caso: non sentirà né l’urlo né il soffio.http://www.patriziabianchi.blogspot.com/
Luigi Nacci
Madrigale OdeSSa
edizione italiana a cura di Luigi Nacci (d’if, collana i miosotìs, Premio Mazzacurati-Russo, euro 7)
*bariloche è un villaggio amorevole
popolato da elfi e fatine
e da fabbriche di cioccolata
si va al mare d’estate e d’inverno si scia
la domenica in chiesa in vestito blu
non ci sono peccati da confessare
nelle chiese finita la messa
si fa all’amore
cavalcioni sui tabernacoli
come angeli del focolare
ah se fossimo giovini spareremmo agli zingari
per festeggiare
giovedì 4 dicembre 2008
IL DESIDERIO UMILE
IL DESIDERIO UMILE è nato come un lavoro pensato ed assemblato per essere esposto.
Nel 2002 un amico del circolo culturale Lucignolo (di Sommacampagna - Vr) mi propose l'idea di esporre i miei lavori. Fino a quel momento però "i miei lavori" erano solamente delle poesie sparse in un cassetto e delle fotografie, scattate in giro durante alcuni viaggi. Non sapevo ancora dove volevo andare.Tutt'oggi non lo so, ma non lo so meglio.
Da quella esperienza espositiva a Sommacampagna, decisi di raccogliere tutto in un libro che un amico mi stampò gratuitamente in 50 copie, che spedii a diverse case editrici. Conobbi così Eugenio Rebecchi (Ed. Blu di Prussia - Piacenza) il migliore degli editori, il più "giusto", fra quelli che mi proposero di pubblicare.
Nel 2006 grazie a mia madre che mi diede i soldi, stampai il libro con Eugenio.
Nel 2002 un amico del circolo culturale Lucignolo (di Sommacampagna - Vr) mi propose l'idea di esporre i miei lavori. Fino a quel momento però "i miei lavori" erano solamente delle poesie sparse in un cassetto e delle fotografie, scattate in giro durante alcuni viaggi. Non sapevo ancora dove volevo andare.Tutt'oggi non lo so, ma non lo so meglio.
Da quella esperienza espositiva a Sommacampagna, decisi di raccogliere tutto in un libro che un amico mi stampò gratuitamente in 50 copie, che spedii a diverse case editrici. Conobbi così Eugenio Rebecchi (Ed. Blu di Prussia - Piacenza) il migliore degli editori, il più "giusto", fra quelli che mi proposero di pubblicare.
Nel 2006 grazie a mia madre che mi diede i soldi, stampai il libro con Eugenio.
MOLTINPOESIA
Cara/o amica/o, ti segnaliamo un appuntamento collegato al laboratorio MOLTINPOESIA, organizzato presso la Libreria eQuiLibri (via Farneti 11, a 200 metri dalla fermata Lima, MM linea rossa, bus 90,91).
martedì 9 dicembre ore 18
Libreria eQuiLibri
via Farneti 11
MOLTINPOESIA, laboratorio
a cura di Ennio Abate
Interrogazioni su VIAGGIO NELLA PRESENZA DEL TEMPO
di Giancarlo Majorino
"innominato poema? o cosa dal '69, lì di partenzamirando la metropoli che s'oscura attraverso lafinestra vetrosa una ragazza nuda sdraiatanella mente battevano in silenzio le palettedel ventilatore"
sara presente l'autore
martedì 9 dicembre ore 18
Libreria eQuiLibri
via Farneti 11
MOLTINPOESIA, laboratorio
a cura di Ennio Abate
Interrogazioni su VIAGGIO NELLA PRESENZA DEL TEMPO
di Giancarlo Majorino
"innominato poema? o cosa dal '69, lì di partenzamirando la metropoli che s'oscura attraverso lafinestra vetrosa una ragazza nuda sdraiatanella mente battevano in silenzio le palettedel ventilatore"
sara presente l'autore
Ardea Montebelli
divagazioni letterarie e note di letturadi Oreste Bonvicini
Il discorso esula forse oltremisura dalla poesia di Ardea Montebelli e spero che l’autrice scuserà queste divagazioni che poco hanno di poetico, ma trovano spunto ed esortazione proprio dalla sua poesia (di cui non conosco l’opera complessiva e perciò le intrinseche motivazioni che fin qui l’hanno suscitata). Talvolta si affrontano temi tanto importanti quanto poco poetici. Scrivere poesia e affrontare la verità, così come svolge la silloge, e affermo perciò verità assoluta, quella a cui aspira il poeta, penso sia compito a cui solo il pensiero possa dirigere lo sguardo, in quanto la poesia dovrebbe sempre rivelarsi scevra da ogni strumento di confronto dialettico…**Confesso di aver sempre nutrito dubbi sulla poesia che si dichiara esplicitamente religiosa. E non me ne voglia lassù il buon Turoldo, che purtroppo assiste al silenzio sceso sulla sua opera, come una voluta distanza che gli uomini prendono dalla parola, non più mediata dalla voce, dalla presenza. Perché l’intermediatore del messaggio trascendente rimane l’uomo tra gli uomini. Oltre c’è l’assurto celeste. C’è il tempo del non tempo, dei non interrogativi, della negazione del dubbio.Ora la poesia di Ardea non vuole valicare il tempo terreno, lasciando intatti i dubbi ovvero gli interrogativi dietro cui la lettura delle scritture media il confronto con i luoghi sacri che ne ispirano i versi. E su questo vorrei soffermarmi, in quanto ritengo che la sensibilità dell’autrice, unita all’unicità dei luoghi, esalti la misticità che da essi emana e l’insieme divenga motore della sua ricerca poetica. Il tutto rivela un moto profondo e desta l’interrogativo grande ovvero quello dell’umana insanabile ricerca della verità.Scrivevo tempo addietro a proposito dei viaggi che ci portano verso luoghi sacri:«Sappiamo come le emozioni colte in viaggio siano strettamente personali. Ciò che apparirà importante al nostro sguardo, per altri sarà superfluo o del tutto indifferente.Gli appunti inoltre che raccoglieremo spesso soffriranno dell’artificiosità di chi aspira ad ogni costo ad un’emozione, ad un particolare memorabile che caratterizzi il viaggio…Ma solo al ritorno, o dopo mesi immersi in tutt’altra realtà, rileggendo quegli appunti, scopriremo di non riconoscerli come nostri, ovvero non riconosceremo la mano che li scrisse, che pure fu nostra, e non riconoscendo le parole non riconosceremo i motivi per cui appuntammo quelle parole, eventi o particolari che in quei momenti ci parvero tanto significativi, mentre ad una ad una le sensazioni vissute, le emozioni che subito non avevamo colto, la casualità di altre circostanze di cui non avevamo preso nota, torneranno alla mente.Solo allora cominceremo a scrivere, e sarà la prima volta, perché come ogni letteratura, un fondo di autobiografismo è innegabile, inevitabile e nel contesto della scrittura, brilla l’attitudine allo stream of consciusness, il flusso di coscienza che ci fa scrivere in prima persona ciò che sentiamo di aver vissuto con maggiore intensità, interiormente.Blaise Pascal affermava che “la gente normale ha il potere di non pensare a quello che non vuole pensare…” (Pensieri, 259), ma sovente le nostre letture vanno verso ciò che già in noi, genera pensiero. Cerchiamo, scaviamo, indaghiamo, affannati passiamo da un libro all’altro, per ritrovare le connessioni logiche del nostro pensiero che come un viaggio senza arrivi né partenze, si realizza nella mente. Viaggiamo dunque per il piacere del viaggio e brilla nel presente l’idea di inseguire una meta da tempo agognata. Forse da sempre. E nella lettura, sentiamo di poter riallacciare i concetti a lungo cullati, talvolta per ore durante pomeriggi nell’osservanza dell’otium latino, benché ci sarà sempre imposto di rendere conto del nostro non fare, finché la sera ci consegnerà la possibilità di tradurlo in scrittura, ma che, nella confusione che fa seguito ai cento impegni che la quotidianità impone, sentiamo improvvisamente lontani, sfuggenti.Il nostro cammino potrebbe apparire a tratti privo di chiarezza, forse soffrendo un’assenza di intenzioni, privo cioè di un progetto a priori che ne identifichi un’inarrivabile meta..Temiamo di vedere svanire il nostro timido argomentare, consapevoli nel contempo che nulla e nessuno potrà riportare in vita quelle concatenazioni logiche che solo poche ore prima sentivamo nostre, eppure incapaci di tradurle in scrittura.È così che, talvolta quasi con meraviglia, scopriamo aspetti ritenuti minori, ovvero secondari o forse completamente estranei al pensiero iniziale, come un itinerario improvvisato che svela inattese bellezze a cui mai avremmo dato importanza se non costretti da quella deviazione improvvisa, obbligata forse da un improvviso mutamento climatico, o dal sopraggiungere della sera, quando urge volgere prua verso un porto sicuro… e non saranno luoghi diversi né diversi orizzonti, città conosciute, vissute o solo attraversate, argentei inverni vissuti in campagna, il freddo pungere lo sguardo, sfondare oltre l’immaginabile e tutto senza sfasamenti, senza disorientamenti, certi che la vertigine del ricordo sarà intensa, più di ciò che saremo, trascorsi anni e anni, non riconoscendo il nostro profilo riflesso…Marcel Proust, fonte per altro inesauribile di immaginario, metteva in risalto come la nostra saggezza inizia laddove termina quella dello scrittore. (“Giornate di lettura” in Pastiches e melanges)Nella lettura vorremmo trovare la soluzione ai nostri interrogativi, mentre al contrario troviamo solo incitamenti, perché ci affascina quanto sa destare in noi nuovi percorsi, pensieri, interrogativi anche quando il nostro affanno agogna il desiderio di una risposta. Se la otteniamo ci affrettiamo a riversarla sulla carta e raggiungiamo quello stesso scopo che altri hanno raggiunto prima di noi. La nostra meta è un approdo a lungo vagheggiato e solo a fatica raggiunto, riparato dai venti e dal mare già levato impetuoso e diverrà il molo da cui i nostri eventuali lettori molleranno gli ormeggi alla volta di un nuovo e forse più ardito viaggio di conoscenza.Dal loro pensiero scaturiranno nuove avventure.Dunque noi pensiamo e diamo forma nella scrittura a quanto ci è più caro e importante, ma non solo, perché parlando di noi scopriremo ciò che ci sta accanto, ma soprattutto daremo ai nostri lettori la possibilità di scatenare quei pensieri celati negli anfratti bui della mente. Diranno come già era capitato a noi – ecco, questo è il concetto a cui aspiravo, ma nulla fino ad oggi mi aveva offerto l’occasione di comprenderlo con tanta chiarezza – e liberi, inseguiranno la loro meta.Non saranno perciò le pirotecniche descrizioni di luoghi fantastici ad interessare il lettore, ma ciò che accade dietro agli eventi, dietro alle parole, nel cuore degli uomini perché non possiamo annotare le azioni dell’intera nostra vita, scriveva Montaigne, ma possiamo farlo dei nostri pensieri.E solo allora, quando tutto avrà compimento, nulla e nessuno potranno obiettare, modificare, riscrivere… solo allora le pagine si sedimenteranno come sabbia prima erosa dalle acque, dal vento e poi depositata sul letto di un fiume divenuto asciutto per un cambio traumatico e improvviso del suo corso.Leggerle sarà definitivo.»Ma questo tempo, questo nuovo secolo che sentiamo già vecchio e stanco, così afflitto dai problemi che ci auspicavamo risolti o quanto meno compresi alla fonte e legati ad un passato ormai remoto, può condurci finalmente alla verità? O tutto resterà nel limbo delle conoscenze non verificabili? Qual è la verità? Esiste una verità?Già, la Verità. Che cos’è la verità domanda la poesia di Ardea. E se da un lato c’è il tentativo di dare una volta ancora forma poetica ad una risposta, mediando sui concetti che da sempre angosciano l’uomo, dall’altra c’è il richiamo al Vangelo di Giovanni, quando Pilato rivolge questa domanda a Gesù prigioniero al suo cospetto.Ma la stessa domanda non trovava risposta anche nel Ponzio Pilato di Roger Caillois (1961, ed. it. Einaudi 1982), la stessa domanda a cui lo scrittore e saggista francese aveva anteposto le parole di Cristo: “Chiunque è per la verità ascolta la mia voce.”La letteratura può dunque ancora tentare di dare forma e concretezza a questo interrogativo? Nel saggio Babele – Problemi della letteratura – Compito della verità, Caillois affermava: “… non c’è niente di più imprevedibile dell’influenza di un libro sul pubblico. Molto spesso i doni di un’opera sono come quelli degli dei: funesti o salutari, a seconda dell’uso che se ne fa. Uno stesso libro può avvelenare o guarire, a seconda del soggetto che incontra…” (Roger Caillois, Babele, 1948, ed. it. Marietti 1983).I messaggi quindi mutano al mutare dei destinatari. Il messaggio che Nino Di Paolo ha inviato intorno alle poesie di Ardea («Appena lessi, sull'homepage del sito di Fara, la presentazione del libro di Ardea Montebelli Ma il cielo ci cattura – scrive Nino Di Paolo – fui attratto dai richiami della Maiella e degli eremi, che mi evocarono subito la personalità di Celestino, ricordato, troppo spesso, soltanto come unico Papa dimissionario della storia») svela come l’opera letteraria possa diventare tramite di mille rivoli di pensiero, di mille ripartenze. E di parola in parola svelare gli aspetti reconditi che la parola del poeta non può, da sola, evidenziare, raggiungere.Vola alta, parola, cresci in profondità,tocca nadir e zenith della tua significazione,… sii luce, non disabitata trasparenza…Scriveva Mario Luzi (Frasi nella luce nascente, Per il battesimo dei nostri frammenti), nella sua opera intrisa di afflato religioso. E questi versi richiamati da Dom Bernardo Maria Gianni in occasione dell'incontro con in S. Miniato (Firenze), manifestano l’altro aspetto della poesia religiosa, che spinge a domandarci quanto la conoscenza umana possa coesistere con la spiritualità che dentro di noi, laddove ancora non imbavagliata, trasale.C’è la consapevolezza che un percorso razionale non può che negare gli aspetti che non trovano spiegazione, così come lo scienziato nega le pretese scoperte scientifiche che non si possono confutare?Ed in questo dualismo, scienza e fede, quanta attualità e quanta coerenza riconosciamo! Qualcosa si svela infine?Si può affermare che la ricerca della verità sia mirata a dare una risposta ai problemi della società.È verità lenire le pene, scacciare le superstizioni, cancellare le angosce irrazionali, distogliere l’aspetto puramente emotivo e incontrollabile che talvolta governa l’uomo e attraverso il quale sono stati commessi i più grandi errori della storia.Non dunque perseguire un perché senza raziocinio e non verificabile, bensì volgerci verso le necessità reali, liberi da ogni preconcetto, da ogni supponenza ideologica che di per se già esprime separazione, distinzione, emarginazione, nonché prelude all’autoritarismo che limita il bene massimo e forse principale a noi concesso: la libertà.La storia è il tempo intercorso tra gli errori commessi e quelli che ancora si commetteranno. Guerre di religione, intolleranza, irrazionali e pretestuosi confronti tra fazioni che in nome di fantomatici dei si confrontano sul piano delle superstizioni per occultare i veri interessi economici che li animano, in nome quindi di un dio denaro, e mai perciò ultraterreno. Un gioco di oligarchie arroccate su baluardi indifendibili basati sul nulla, sulle sabbie mobili del confutabile.Dominati dall’irrazionale, dobbiamo liberarci per lavorare uno a fianco all’altro per il presente, unico tempo che continuamente affrontiamo. Non ci sarà domani se non affrontando l’immediato. E del passato gli errori resteranno in grassetto evidenziati come un peso che ancora sopportiamo, ma di cui saremo consapevoli.La fede resterà comunque sul nostro cammino: siamo soli al cospetto di questa identità che rischia di perdersi nell’infinito? Non basterà forse l’osservazione dei fatti e della natura, ma al poeta l’intimo afflato della speranza.
Narda Fattori
A tutti gli uomini di buona volontà, per non desistere nella costruzione di un mondo di fratellanza.
E VENNE
E venne alla luce di un fuoco di paglia
a fendere il freddo e lo scuro
e venne da grembo di donna.
Non restò segreto.
La Sua Parola mutò il senso
dell’esistere in terra
come cataratta dissolta
si videro stelle e comete
altro destino del sangue.
Non disse menzogna
altri mentirono e camminarono
lungo sentieri di croci con lame
e un talento di morti nei pugni chiusi
ancora camminano e non sono stanchi.
La terra è stanca.
Trema e s’accascia ma non è ancora doma.
E venne e disse: sia la Giustizia
Sia la Fratellanza… siano inermi le mani.
E venne e camminò nel nostro buio
e seppe che avremmo festeggiato
nella luce delle luminarie.
Chissà se davvero è venuto
questo sapendo.
Narda Fattori
E VENNE
E venne alla luce di un fuoco di paglia
a fendere il freddo e lo scuro
e venne da grembo di donna.
Non restò segreto.
La Sua Parola mutò il senso
dell’esistere in terra
come cataratta dissolta
si videro stelle e comete
altro destino del sangue.
Non disse menzogna
altri mentirono e camminarono
lungo sentieri di croci con lame
e un talento di morti nei pugni chiusi
ancora camminano e non sono stanchi.
La terra è stanca.
Trema e s’accascia ma non è ancora doma.
E venne e disse: sia la Giustizia
Sia la Fratellanza… siano inermi le mani.
E venne e camminò nel nostro buio
e seppe che avremmo festeggiato
nella luce delle luminarie.
Chissà se davvero è venuto
questo sapendo.
Narda Fattori
mercoledì 3 dicembre 2008
OPERAIO DI SOGNI
martedì 9 dicembre ore 21
OPERAIO DI SOGNI
... vi racconto il mio Salvatore Quasimodo
Recital poetico di e con Alessandro Quasimodo
Il figlio del poeta Premio Nobel, l'attore Alessandro Quasimodo, leggerà poesie e proietterà filmati a documentare momenti significativi della vita del padre.
Ricordi e suggestioni che passano attraverso un legame di sangue e si offrono all'esterno, con tutta la loro intensità.
Oltre le maschere o !'ipocrisia, ipnotizzando chiunque voglia lasciarsi ipnotizzare, e scansando senza rancore gli indifferenti.
In allegato locandina (ingresso libero)
Dillo ai tuoi amici!
Ti aspettiamo
La Casa della Poesia
web: http://www.lacasadellapoesia.com/
e-mail: segreteria@lacasadellapoesia.com
OPERAIO DI SOGNI
... vi racconto il mio Salvatore Quasimodo
Recital poetico di e con Alessandro Quasimodo
Il figlio del poeta Premio Nobel, l'attore Alessandro Quasimodo, leggerà poesie e proietterà filmati a documentare momenti significativi della vita del padre.
Ricordi e suggestioni che passano attraverso un legame di sangue e si offrono all'esterno, con tutta la loro intensità.
Oltre le maschere o !'ipocrisia, ipnotizzando chiunque voglia lasciarsi ipnotizzare, e scansando senza rancore gli indifferenti.
In allegato locandina (ingresso libero)
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Ti aspettiamo
La Casa della Poesia
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Biennale Anterem di Poesia
6 dicembre 2008 - VIII appuntamento
Gentile lettrice, caro lettore,l'appuntamento conclusivo della terza Biennale Anterem di Poesia si terrà presso la Biblioteca Civica di Verona, Sala Farinati alle ore 10 di sabato 6 dicembre.Sarà un convegno dedicato a Lorenzo Montano (1895-1958) e alla sua influenza sul Novecento europeo.
L'occasione è duplice: il cinquantenario della scomparsa di questo grande autore e la riedizione accresciuta del suo romanzo: Viaggio attraverso la gioventù (Ed. Moretti&Vitali), pubblicato per iniziativa della Biblioteca Civica di Verona.
Le relazioni saranno di Giorgio Barberi Squarotti, Agostino Contò (al cui coordinamento è affidato l'incontro), Flavio Ermini, Claudio Gallo, Giampaolo Marchi, Maria Pia Pagani.
Gentile lettrice, caro lettore,l'appuntamento conclusivo della terza Biennale Anterem di Poesia si terrà presso la Biblioteca Civica di Verona, Sala Farinati alle ore 10 di sabato 6 dicembre.Sarà un convegno dedicato a Lorenzo Montano (1895-1958) e alla sua influenza sul Novecento europeo.
L'occasione è duplice: il cinquantenario della scomparsa di questo grande autore e la riedizione accresciuta del suo romanzo: Viaggio attraverso la gioventù (Ed. Moretti&Vitali), pubblicato per iniziativa della Biblioteca Civica di Verona.
Le relazioni saranno di Giorgio Barberi Squarotti, Agostino Contò (al cui coordinamento è affidato l'incontro), Flavio Ermini, Claudio Gallo, Giampaolo Marchi, Maria Pia Pagani.
martedì 2 dicembre 2008
GROS SEL
ChèrEs Lecteurnautes,
Alors quels sont les gagnants de cette année ?Pour le savoir !
RDV donc demain mercredi 3 décembre 2008 à 18H00.Et Où ?A la Bibliothèque Communale Mille et Une pagesPlace de la Reine, 1 - BE-1030 Bruxelles.Lignes de tram 92 / 94 - Arrêt Sainte-Marie
LA LETTRE DU GROS SEL '08http://www.rezolibre.com/grossel/newsletter/lettre_01dec08.html
Hassan CHARACH
Alors quels sont les gagnants de cette année ?Pour le savoir !
RDV donc demain mercredi 3 décembre 2008 à 18H00.Et Où ?A la Bibliothèque Communale Mille et Une pagesPlace de la Reine, 1 - BE-1030 Bruxelles.Lignes de tram 92 / 94 - Arrêt Sainte-Marie
LA LETTRE DU GROS SEL '08http://www.rezolibre.com/grossel/newsletter/lettre_01dec08.html
Hassan CHARACH
poesia che (r)esiste Chiara de Luca
Poesia che (r)esiste
Non leggete, come fanno i bambini, per divertirvi, o, come fanno gli ambiziosi per istruirvi. No, leggete per vivere. G. Flaubert
Non leggete, come fanno i bambini, per divertirvi, o, come fanno gli ambiziosi per istruirvi. No, leggete per vivere. G. Flaubert
Chiara de Luca
Ho sempre considerato la rete come uno strumento potentissimo che, se utilizzato con criterio, può dare numerosi ottimi frutti. Credo che il rischio più alto che presenta, sia quello della dispersione, del pericolo di privilegiare la quantità a dispetto della qualità. Ma se invece si tenta di attuare il processo inverso, mantenendo sempre costante il filtro, e applicando alla rete criteri selettivi rigidi e scelte metodologiche serie, è possibile sfruttarne tutte le potenzialità, in modo da farne non tanto un surrogato o un sostituto del cartaceo, quanto piuttosto un suo complemento e completamento. Mentre infatti l’editoria cartacea ha in linea di massima tempi piuttosto lunghi, la rete consente l’immediatezza nella trasmissione delle informazioni e nella proposizione di contenuti. Essa può dunque essere utilizzata come un momento di passaggio, un banco di prova su cui cimentarsi prima di fare i conti con la forma più “definitiva” della pubblicazione tradizionale.
Sulla base di queste premesse, nel 2005 ho creato un sito www.chiaradeluca.com, che oltre a contenere lavori miei, aveva/ha il suo punto di forza in una pagina dedicata alla poesia italiana. È in questa sede che, come in una antologia aperta, una sorta di laboratorio, ho cominciato ad accogliere le opere di altri poeti, Adesso la pagina Poeti Italiani del mio sito è consultabile anche in una forma più facilmente fruibile all’indirizzo http://italianpoets.wordpress.com, dove si possono leggere gli scritti di oltre 130 poeti italiani contemporanei.
Ora è il momento di segnare una prima tappa e cominciare a tirare le somme del lavoro di lettura e analisi svolto negli ultimi anni. Nasce così una prima antologia cartacea. Della metodologia e del criterio di selezione dirò più diffusamente nell’introduzione.
In breve questa antologia nasce dal desiderio di diffondere la poesia di qualità, il lavoro serio sui testi, di condividere il bello (cioè la parola quando è vita e verità), poesie che mi hanno detto e dato qualcosa, non mi hanno lasciata uguale. Questo credo che sia il fine primario della poesia. Gli autori, salvo qualche eccezione, sono tutti coetanei (anni ‘70), in qualche modo compagni di viaggio, vicini, lontani o talvolta mai incontrati nello spazio fisico.
L’antologia sarà pubblicata da Fara Editore di Alessandro Ramberti nei primi mesi del 2009
Per qualche assaggio cliccare sui nomi dei poeti quisotto
Sulla base di queste premesse, nel 2005 ho creato un sito www.chiaradeluca.com, che oltre a contenere lavori miei, aveva/ha il suo punto di forza in una pagina dedicata alla poesia italiana. È in questa sede che, come in una antologia aperta, una sorta di laboratorio, ho cominciato ad accogliere le opere di altri poeti, Adesso la pagina Poeti Italiani del mio sito è consultabile anche in una forma più facilmente fruibile all’indirizzo http://italianpoets.wordpress.com, dove si possono leggere gli scritti di oltre 130 poeti italiani contemporanei.
Ora è il momento di segnare una prima tappa e cominciare a tirare le somme del lavoro di lettura e analisi svolto negli ultimi anni. Nasce così una prima antologia cartacea. Della metodologia e del criterio di selezione dirò più diffusamente nell’introduzione.
In breve questa antologia nasce dal desiderio di diffondere la poesia di qualità, il lavoro serio sui testi, di condividere il bello (cioè la parola quando è vita e verità), poesie che mi hanno detto e dato qualcosa, non mi hanno lasciata uguale. Questo credo che sia il fine primario della poesia. Gli autori, salvo qualche eccezione, sono tutti coetanei (anni ‘70), in qualche modo compagni di viaggio, vicini, lontani o talvolta mai incontrati nello spazio fisico.
L’antologia sarà pubblicata da Fara Editore di Alessandro Ramberti nei primi mesi del 2009
Per qualche assaggio cliccare sui nomi dei poeti quisotto
LE OFF
LE OFF 2009 se tiendra du mercredi 4 au dimanche 8 mars 2009(prolongation le 9 mars 2009 pour créer de l'OFFTEMPESTIF)La 2° PROCESSION DU LIVRE partira le mardi 3 mars 2009 à 19H
NOUVEAU SITE WEB : LANCEMENT LE 3 DECEMBRE 2008CONFERENCE DE PRESSE :LE 3 DECEMBRE 2008Bibliothèque Communale "Mille et une pages"1 Place de la Reine - 1030 Bruxelles
SI VOUS ÊTES EDITEUR, et que vous désirez être présent :envoyez un mail à contact@le-off.be
NOUVEAU SITE WEB : LANCEMENT LE 3 DECEMBRE 2008CONFERENCE DE PRESSE :LE 3 DECEMBRE 2008Bibliothèque Communale "Mille et une pages"1 Place de la Reine - 1030 Bruxelles
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EUROPEAN VOICES
Dopo i recenti appuntamenti a Parigi (19-23 novembre) e Berlino (25-26 novembre), EUROPEAN VOICES va a Helsinki con due eventi il 4 e 5 dicembre.
A Parigi European Voices ha dato vita a una settimana densa di eventi in luoghi particolari come la Maison de l’Amérique Latine, Halle Saint Pierre, Institut Roumain, Société des Gens de Lettres, e ha visto la partecipazione di poeti di Francia, Bulgaria, Slovacchia, Irlanda, Italia, Malta, Germania, Lussemburgo, Belgio, Romania.
Il programma è stato un crescendo fino alla serata di domenica 23 novembre al mitico jazz club New Morning dove i poeti Serge Pey, Jacques Darras, Marc Delouze, Adrian Grima, Bas Bottcher, Jean Portante e Mauro Macario hanno intrecciato i loro versi con la musica del Maya Quartet, un gruppo formato da musicisti d’eccezione come Diego Borotti al sax tenore, Fabio Vernizzi al piano, Riccardo Barbera al contrabbasso e Gianni Branca alla batteria.
A Berlino i due eventi sono stati ospitati nella Literaturwerkstatt, la casa della letteratura con sede in uno degli edifici più particolari della città, una ex fabbica di birra.
Nelle due serate si sono alternati sul palco poeti come Gastao Cuz, Morten Sondergaard, Ricardo Domeneck, Nora Gomringer, Tomaz Salamun, André Velter, Joanne McNally, Serge Van Dijnhoven.
Siamo quindi arrivati all’evento di chiusura a Helsinki, con due serate in due luoghi simbolici della comunicazione e cultura della capitale finlandese: il Sanomat Mediatori (palazzo dei giornali) e il Centro culturale internazionale Caisa.
Ancora una volta il direttore artistico Claudio Pozzani ha voluto mettere l’accento sulla diversità di stili poetici e sul connubio tra poesia e musica.
Ci saranno infatti la cantautrice inglese Sally Crabtree, i poeti finlandesi Tommy Taberman, Jyrki Kiiskinen, Merja Virolainen, Saila Susiluoto, il musicista Filippo Gambetta, virtuoso dell’organetto diatonico, il poeta spagnolo Juan Carlos Mestre, che accompagna le sue letture con la fisarmonica, l’autore estone Andrea Ehin, il noto romanziere e poeta svedese Lars Gustafsson.
A Parigi European Voices ha dato vita a una settimana densa di eventi in luoghi particolari come la Maison de l’Amérique Latine, Halle Saint Pierre, Institut Roumain, Société des Gens de Lettres, e ha visto la partecipazione di poeti di Francia, Bulgaria, Slovacchia, Irlanda, Italia, Malta, Germania, Lussemburgo, Belgio, Romania.
Il programma è stato un crescendo fino alla serata di domenica 23 novembre al mitico jazz club New Morning dove i poeti Serge Pey, Jacques Darras, Marc Delouze, Adrian Grima, Bas Bottcher, Jean Portante e Mauro Macario hanno intrecciato i loro versi con la musica del Maya Quartet, un gruppo formato da musicisti d’eccezione come Diego Borotti al sax tenore, Fabio Vernizzi al piano, Riccardo Barbera al contrabbasso e Gianni Branca alla batteria.
A Berlino i due eventi sono stati ospitati nella Literaturwerkstatt, la casa della letteratura con sede in uno degli edifici più particolari della città, una ex fabbica di birra.
Nelle due serate si sono alternati sul palco poeti come Gastao Cuz, Morten Sondergaard, Ricardo Domeneck, Nora Gomringer, Tomaz Salamun, André Velter, Joanne McNally, Serge Van Dijnhoven.
Siamo quindi arrivati all’evento di chiusura a Helsinki, con due serate in due luoghi simbolici della comunicazione e cultura della capitale finlandese: il Sanomat Mediatori (palazzo dei giornali) e il Centro culturale internazionale Caisa.
Ancora una volta il direttore artistico Claudio Pozzani ha voluto mettere l’accento sulla diversità di stili poetici e sul connubio tra poesia e musica.
Ci saranno infatti la cantautrice inglese Sally Crabtree, i poeti finlandesi Tommy Taberman, Jyrki Kiiskinen, Merja Virolainen, Saila Susiluoto, il musicista Filippo Gambetta, virtuoso dell’organetto diatonico, il poeta spagnolo Juan Carlos Mestre, che accompagna le sue letture con la fisarmonica, l’autore estone Andrea Ehin, il noto romanziere e poeta svedese Lars Gustafsson.
Poesia in tre tempi
martedì 2 dicembre ore 20.45
a cura di Tomaso Kemeny , GiancarloMajorino e Amos Mattìo
nove poeti per testimoniare la pluralità delle voci contemporanee:
Corrado Benigni, Rossano Pestarino, Giovanni Turra,Tiziana Cera Rosco, Elisa Ramazzina, Tito Truglia,Giovanni Gardella, Andrea Inglese, Barbara Pietroni.
“Poesia in tre tempi”, perché tre sono i curatori e tre i poeti presentati da ciascuno di loro.
Ma tre sono anche le generazioni rappresentate: i ventenni, i trentenni e i quarantenni, opportunamente mescolate e servite in tre terzine poetiche che scandiranno il tempo della serata.
I nove poeti, incrociando versi e opinioni, apriranno la loro finestra sul mondo, parleranno delle loro motivazioni dei loro spunti e della loro poesia.
Le differenze di esperienza e di maturità diventeranno occasione di confronto tra gli ospiti, i curatori e il pubblico, che verrà invitato a intervenire nel dibattito.
Durante le letture verranno proiettati i testi delle poesie, in modo da dare al pubblico uno strumento in più per seguire, per conoscere e per apprezzare le differenze stilistiche.
Ti aspettiamo!
La Casa della Poesia
web: www.lacasadellapoesia.com
e-mail: segreteria@lacasadellapoesia.com
a cura di Tomaso Kemeny , GiancarloMajorino e Amos Mattìo
nove poeti per testimoniare la pluralità delle voci contemporanee:
Corrado Benigni, Rossano Pestarino, Giovanni Turra,Tiziana Cera Rosco, Elisa Ramazzina, Tito Truglia,Giovanni Gardella, Andrea Inglese, Barbara Pietroni.
“Poesia in tre tempi”, perché tre sono i curatori e tre i poeti presentati da ciascuno di loro.
Ma tre sono anche le generazioni rappresentate: i ventenni, i trentenni e i quarantenni, opportunamente mescolate e servite in tre terzine poetiche che scandiranno il tempo della serata.
I nove poeti, incrociando versi e opinioni, apriranno la loro finestra sul mondo, parleranno delle loro motivazioni dei loro spunti e della loro poesia.
Le differenze di esperienza e di maturità diventeranno occasione di confronto tra gli ospiti, i curatori e il pubblico, che verrà invitato a intervenire nel dibattito.
Durante le letture verranno proiettati i testi delle poesie, in modo da dare al pubblico uno strumento in più per seguire, per conoscere e per apprezzare le differenze stilistiche.
Ti aspettiamo!
La Casa della Poesia
web: www.lacasadellapoesia.com
e-mail: segreteria@lacasadellapoesia.com
poesia GG
Come l'uccello sul ramo
più esile di una luce
di paglia poggia.
E le ossa ha vuote
canta e non vuole
con quelle piegarsi
al peso del mondo.
Canta su un ramo
spezzato e vede
come sanguina.
Leggero è il suo becco
a elevare con il verso
dai polmoni del cielo
il fiato a spiccare il volo.
più esile di una luce
di paglia poggia.
E le ossa ha vuote
canta e non vuole
con quelle piegarsi
al peso del mondo.
Canta su un ramo
spezzato e vede
come sanguina.
Leggero è il suo becco
a elevare con il verso
dai polmoni del cielo
il fiato a spiccare il volo.
Premio Nazionale di Poesia
“Città per l'Uomo – Tivoli” - 1° Edizione 2008-2009A cura del Movimento Città per l’Uomo, con la collaborazione dell’Associazione Ricreatorio S. Vincenzo, Amici di Don Ulisse, e con il patrocinio del Comune di Tivoli e della Presidenza del Consiglio Regionale del Lazio . Tel.3299232702 - 3336274098 ; Tel/Fax. 0774/334324 - E-Mail: movcitu@hotmail.it - pamessali@yahoo.it - Siti: www.mcpu.it e www.aironetivoli.com.Scadenza inoltro poesie: 15 marzo 2009 – Manifestazione presso il Teatro comunale – Giorno 18 Aprile 2009.Si partecipa con una o due poesie, non eccedenti 80 versi cadauna, in 3 copie ciascuna, prive di firma o di nome, da inserire in una busta unitamente ad altra busta più piccola sigillata, contenente una quarta copia con le generalità dell’autore, Via, C.A.P., Città e Provincia, Telefono, (E-mail, e Fax se posseduti), per consentire di attribuire il punteggio di valutazione senza conoscere l’autore.Per partecipare al Premio occorre compilare e sottoscrivere la scheda di adesione, o rilasciare dichiarazione di aver preso visione del regolamento, di accettarlo integralmente, di essere l’autore delle poesie presentate e di autorizzare la trattazione dei dati personali, ai soli fini del Premio, ai sensi della legge sulla privacy, e inviarla unitamente agli elaborati, entro e non oltre il termine perentorio del 15 Marzo 2009, (farà fede il timbro postale), all’indirizzo del Dr. Prof. Federico Torella, via del Trevio n. 46 – 00019 Tivoli (Roma). Fax: 0774/334324 – Tel. 3299232702 - 3336274098. Occorre inoltre versare un contributo di Euro 10,00, se si partecipa solo al Premio Nazionale, con l’aggiunta di Euro 5,00 (quindi complessivamente Euro 15,00), se si partecipa, con le medesime poesie, anche al Premio Regionale e al Premio Comuni del Circondario Tiburtino.Premi:Premio Nazionale: 1° classificato = € 300,00; 2° classificato = € 200,00 – 3° Classificato = € 100,00. Dal 4° al 10° classificato = Attestato, Menzione o segnalazione speciale della giuria.Premio Poeti della Regione Lazio = 1° classificato = € 100,00 (non rientrante nei primi 3)Premio poeti del Circondario tiburtino – 1° classificato = € 50,00 (non rientrante nei premi precedenti)A tutti i premiati verrà inoltre consegnata una medaglia ricordo e un attestato di segnalazione della giuria.Per informazioni, e per richiedere il regolamento: Tel. 3299232702 - 3336274098; Tel/Fax. 0774/334324 - E-Mail: movcitu@hotmail.it - pamessali@yahoo.itL’esito della premiazione e i testi delle poesie vincitrici verranno pubblicati sui siti Internet: www.aironetivoli.com e www.mcpu.itOrganizzazione: Dr. Prof. Federico Torella e Rag. Pasquale Messali.Presidente dell’Associazione: Geom. Igino De Santis
“ Le Giubbe Rosse”
Piazza della Repubblica 13/14 – Firenze
ospitano nell’ambito degli incontri letterari a cura di Massimo Mori
Pianeta Poesia diretto da Franco Manescalchi
in collaborazione con la Biblioteca Marucelliana
LA POESIA PERFORMATIVA E MULTIMEDIALE
Ottobre/Dicembre 2008
A cura di Liliana Ugolini
Martedì 9 Dicembre 2008 ore 17
ADOLFINA DE STEFANI
Con la partecipazione di Antonello Mantovani
“ Una storia bianca”
Performance
L’azione visiva della performance “ Una storia bianca” con le citazione di vari autori scomparsi tragicamente mette in moto allo spettatore procedimenti mentali guidati da simbologie contemporanee a cui corrisponde l’uso della materia flessibile in ogni sua componente facente parte della messa in scena…
L’esperienza artistica di Adolfina Di Stefani pone in dialogo elementi eterogenei secondo un ordine connotato da proprietà fisiche antitetiche e seguendo concetti volti a creare un nuovo senso simbolico di realtà.
ospitano nell’ambito degli incontri letterari a cura di Massimo Mori
Pianeta Poesia diretto da Franco Manescalchi
in collaborazione con la Biblioteca Marucelliana
LA POESIA PERFORMATIVA E MULTIMEDIALE
Ottobre/Dicembre 2008
A cura di Liliana Ugolini
Martedì 9 Dicembre 2008 ore 17
ADOLFINA DE STEFANI
Con la partecipazione di Antonello Mantovani
“ Una storia bianca”
Performance
L’azione visiva della performance “ Una storia bianca” con le citazione di vari autori scomparsi tragicamente mette in moto allo spettatore procedimenti mentali guidati da simbologie contemporanee a cui corrisponde l’uso della materia flessibile in ogni sua componente facente parte della messa in scena…
L’esperienza artistica di Adolfina Di Stefani pone in dialogo elementi eterogenei secondo un ordine connotato da proprietà fisiche antitetiche e seguendo concetti volti a creare un nuovo senso simbolico di realtà.
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La Tela Sonora
La Tela sonora e' una rete che attrae la poesia per espanderla e farla conoscere nel mondo, qui e ora: non esiste passato non esiste futuro. il futuro é il passato come é stato pensato da TE.
Ascolta ora in questo momento, l'unico possibile attimo.
Le parole della poesia letta sono adesso e ora, la loro musicalità é un tantra che raggiunge il cervello e soprattutto il cuore.
visita http://www.radioalma.blogspot.com/ ed ascolta le puntate trascorse in compagnia dei poeti.
La tela é per tutti grandi e piccini senza distinzione, accoglie per espandere per ritornare nel mondo con una forza più grande
Grazie a tutti coloro che hanno deciso di partecipare, la tela é vostra
Ascolta ora in questo momento, l'unico possibile attimo.
Le parole della poesia letta sono adesso e ora, la loro musicalità é un tantra che raggiunge il cervello e soprattutto il cuore.
visita http://www.radioalma.blogspot.com/ ed ascolta le puntate trascorse in compagnia dei poeti.
La tela é per tutti grandi e piccini senza distinzione, accoglie per espandere per ritornare nel mondo con una forza più grande
Grazie a tutti coloro che hanno deciso di partecipare, la tela é vostra