mercoledì 18 febbraio 2009

pietro pedone

“Se guardi un fiore con amore e ti perdi
inebriata dal suo profumo, tra i colori dei suoi petali...
potrai percepire una leggera brezza accarezzare il tuo viso;
è la fatina del fiore che ti svolazza intorno
per dirti che anche la natura ti ama”.
Cecily Mary Barker


dedica
a LilithDan (Daniela Terrile)
e Max (Massimo De Martino)




La “Danza” impalpabile, la leggera brezza che accarezza tutti gli esseri viventi che, disposti amorosamente in un ambiente naturale, “vela” e “ri-vela”, secondo un percorso alchemico di conoscenza, il profondo nucleo di noi stessi è l’itinerario che ha condotto alla elaborazione di questa piccola raccolta di poesie. L’occasione fù data con l’elaborazione del progetto per il Nuovo Orto botanico di Lecce, ma l’inconsapevole inizio ebbe origini molti anni prima ad Erice, al Giardino del Balio.
Erice: La Fontana di Venere
(n.b. in basso a sx il bassorilievo dell’Ape)
Un unico velo della Natura, infatti, un'unica trama, un'unica "rete" univa in quel Giardino, che si affaccia ad Est, tutti i popoli di ogni tempo. In questo spazio, al di là di ogni possibile differenza etnica, culturale, e persino individuale il “Velo” della Natura riconciliava e svelava ogni individuo animale e vegetale. Talvolta avviluppando o nascondendo, soffocando o piuttosto sospendendo, proteggendo e persino rivelando. Un unico velo di nubi leggere o arie sottili che trasformava un luogo da luogo geografico a luogo immaginario.
La chiave di questa scoperta apparve, con la progressiva luminosità degli spazi sapientemente calibrati dalla vegetazione e con l’intuizione di altri simbolismi, nella Fontana di Venere. Una donna distesa su una roccia, al centro di uno specchio d’acqua ottogonale, appariva destata dal primo Sole dell’Est. Di fianco, in un bordo della vasca, l’immagine di un insetto pronubo: L’Ape Regina.
Donna ed Insetto solare uniti in un unico spazio, perché? Alla ricerca della risposta, che avvenne molti anni dopo e proprio in occasione della elaborazione della tesi di dottorato. seguirono altri disegni, altri schizzi.
Nel frattempo mi ero occupato del nuovo assetto dei Parchi di Villa Genna, di Salinella e del Giardino delle Saline Ettore Infersa di Marsala.
Durante l’elaborazione del primo parco una sera, in pieno solstizio d’estate, vidi il Sole che tramontava alla fine del viale di Palme in direzione del mare. Il percorso circolare che avevo proposto e che era intercettato da quella vegetazione, risultò molto simile a quello progettato dall’Architetto Armò cento anni prima. Alla fine del viale l’architetto palermitano aveva previsto una villa con una torretta, forse un’osservatorio astronomico.
Per il Parco di Salinella, in corrispondenza dell’ex porto fenicio, in occasione delle operazioni di rilevamento della vegetazione costiera fui attaccato da un piccolo trampoliere, il Cavaliere d’Italia, Hymantopus hymantopus per gli specialisti. L’uccello nidificava lì. Mi premurai di chierede lumi al Prof. Francesco Maria Raimondo ed al Professore Massa e scoprì che il piccolo trampoliere proveniva dall’area della Camargue francese, dove l’ambiente naturale e la vegetazione era molto simile a quella di Salinella. L’uccello si sarebbe diretto, in seguito, verso la costa africana. L’idea fù quindi quella di creare un parco per questo danzatore del cielo. Realizzai quindi una collina per l’osservazione di quella ed altre simili presenze. L’osservatorio in plain air fù impostato in modo da fungere da centro di un compasso solare. Il primo Sole del solstizio d’estate avrebbe colpito il piccolo rilievo, da esso si dipartiva uno stradone del parco in perfetto asse con la Villa Genna, a circa 2 chilometri di distanza, dove alla sera delle stesso giorno la grande stella sarebbe tramontata alla fine del viale di palme. Un danzatore del cielo euromediterraneo e una danza solare tra i due parchi.
Nel Giardino delle Saline Ettore Infersa il tema fù posto dalla necessità gestionale di separare l’area del piccolo punto di ristoro dal parcheggio; dinanzi, però, avevo le saline e l’approdo da cui parte il tour per l’isola di Mothia. Mi vennero in mente tante suggestioni: un giardino di confine, il Giardino delle Esperidi, uno spazio di altre donne, che preveggevano gli esiti delle vite degli uomini; la dimensione psicologica del salpare verso una mitica destinazione che forse ispirò i dipinti della sala degli specchi di Villa Igea di Palermo; le precedenti esperienze dei Parchi ed il libro sui giardini del Prof. Gianni Pirrone: Architettura dei Giardini in Sicilia - L’ISOLA del SOLE. Quest’ultimo, forse, fù il vero spunto e l’intuizione. Ecco che si spiega lo spazio di questo nuovo Giardino del Sole: lo spazio centripeto, il transetto circolare delle collezioni alofite con le piccole strutture in pietra calcarea orientate verso i punti cardinali e lo zenit.
Palermo,Villa Igea: La sala degli Specchi
Un Giardino del Sole posto a confine tra il mondo terrestre ed il mondo di Poseidone, da cui salpare verso il mondo dell’immaginario, verso l’Isola di Mothia, forse un altro Giardino del Sole.
Qualche anno dopo accadde di occuparmi del recupero del Giardino interno di Villa Favorita di Marsala, un antico baglio-residenza dove nell’ottocento la famiglia Amodeo si dedicava alla produzione del famoso vino ambrato e liquoroso. Il giardino lo conoscevo da tempo per le frequentazioni in occasione di cerimonie nuziali di alcuni amici e conoscenti, ma quella volta lo sguardo fù diverso. Dopo brevi ricerche mi venne di chiedere ai gestori chi fosse stato il proprietario e dove fosse sepolto. Mi fu risposto nella parte del Cimitero di Marsala in corrispondenza della zona che ospita la piramide di Abele Damiani, noto eroe garibaldino.
Mi recai alla città dei morti ma quando vidi il mausoleo con colonne e trabeazione egizia con l’aquila solare ad ali spiegate tornai in giardino con la bussola. Dopo averla posizionata al centro dei quattro ficus un brivido percorse la schiena. I quattro monumenti vegetali erano orientati secondo gli assi cardinali e la loro cupola, opportunamente diradata, poteva accogliere il raggio zenitale di mezzogiorno in occasione del solstizio. Il segreto del Giardino era stato svelato. Il Giardino dialogava con lo spazio cosmico e con il Sole
La nuova sistemazione, destinata ad accogliere e celebrare alcuni dei momenti più significativi della vita, fu organizzata di conseguenza attorno alla centralità dei quattro ficus come luogo dell’armonia e traguardo di percorsi di vita. In breve, dal caos dell’ingresso a serpentina seguiva la regola dei percorsi a squadra e quindi lo spazio armonico dell’ellisse sotto la “volta celeste” dei quattro ficus incardinata allo zenit. Insomma una vera e propria Porta del Cielo.
Venne quindi la rivelazione. L’occasione del Nuovo Orto botanico di Lecce e l’incontro con Betty e Patrizia Lo Sciuto, danzatrici. Gli Orti botanici di nuova generazione percorrono due obiettivi principali: la ricerca scientifica della biodiversità locale e la divulgazione delle conoscenze al grande pubblico.
Nel tema della biodiversità naturale giocano un importante ruolo i vettori del fenomeno naturale. Essi sono gli animali , gli uccelli, gli insetti e tutti coloro che garantiscono la catena alimentare e riproduttiva degli ambienti naturali o pseudonaturali, garantiscono la permanenza dell’habitat. Questi esseri abitano gli spazi della natura, ed in corrispondenza del periodo riproduttivo, assumono movimenti ed abitudini associabili a vere e proprie danze.
La tradizione culturale salentina fonda le sue radici nelle antiche danze della taranta, un antico rituale tipico del mondo contadino dove le forze primigenie prendono il sopravvento sul mondo delle convenzioni, l’esplosione formale e non della dimensione naturale raccontate con il movimento del corpo. Su questa tradizione si celebra in Salento un importante evento culturale, la Camerata salentina, che accoglie numerosi eventi ed artisti di levatura internazionale facendoli esprimere su un variegato panorama di luoghi.
L’area del nuovo Orto botanico di Lecce è localizzata in una zona periurbana ancora dedicata all’agricoltura. Una zona, quindi, che necessitava di una espressione di sintesi. La scelta fu, quindi, di proporre la struttura scientifica, oltre che come luogo della scienza, come luogo di identità urbana e territoriale.
Progettai, quindi, gli spazi destinati al grande pubblico anche come spazi utilizzabili per eventi spettacolari ma soprattutto per le danze; la Camerata salentina avrebbe potuto contare su un luogo speciale: il Giardino della Scienza e dell’Arte. Attraverso l’arte tersicorea, perciò, si poteva raccontare e diffondere la cultura della biodiversità locale e della scienza così come si poteva celebrare e sublimare il movimento come suono del corpo, come linguaggio autonomo dalla parola e dalla scrittura.
Assaporare,“ con la leggera brezza dello sguardo” quello che la danza dei corpi geologici, vegetali, umani e celesti della Serra/Teatro ci può dire in un Giardino della Scienza o in qualsiasi altro spazio naturale se si riesce a guardare con desiderio di amorosa conoscenza. Questi i riferimenti con cui ho quindi disegnato le danze dei corpi delle amiche danzatrici e più disegnavo e più nascevano pensieri che, alla fine, si sono concretizzati in queste brevi ed inaspettate ma significative brezze del suono della parola e dell’immagine di chi scopre come guardare con nuovi occhi al mondo della Natura.
La condivisa consapevolezza dell’importanza della “bellezza della vista” poetica svelatami dalla preziosa conoscenza di due nuovi Amici hanno completato il quadro.
La riscoperta delle origini di questo sacro percorso poetico, con poesie ed acquarelli, iniziato al Giardino del Balio di Erice, dove ora trovano senso le danzanti serpentine delle siepi e dei sentieri che il viaggiatore percorre come un’Ape o come un uccello, e conclusosi con l’illuminata conoscenza di una musa ispiratrice - Daniela Terrile e di un vero poeta - Massimo De Martino, e’ un primo tentativo di esplorare e riflettere sugli elementi di similitudine tra il corpo umano ed il mondo naturale, scientifico se vogliamo. Il segno di questi pensieri, affidato oltre che alle parole alle delicate immagini pittoriche, rappresentano i corpi in movimento dei danzatori dei giardini. I vettori della biodiversità, farfalle, uccelli ed api come corpi-linguaggio ci rivelano la poesia delle parti e del tutto. Evidenziare i caratteri che spesso, per abitudine o per disabitudine, non cogliamo, e che quotidianamente ci portano a non pensare che l’Uomo e la Natura siano parti di un amorevole Unicum è lo scopo di questo primo tentativo di “conoscenza”.
Pietro Pedone

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