sabato 28 febbraio 2009

progetto babele di marco capelli

http://www.progettobabele.it/toplink/chisiamo/marcorcapelli.php

Classe millenovecentosettantuno, modenese.Scrittore, traduttore, autore di testi per canzoni e poesie. Ha vissuto e lavorato in Irlanda, USA e Spagna per quattro anni e parla e scrive correttamente inglese e spagnolo. Rientrato in Italia nel 2002, al momento lavora come tecnico informatico e webmaster e nel, poco, tempo libero, come traduttore free lance. Dirige inoltre la rivista letteraria telematico-cartacea Progetto Babele, da lui fondata nel 2001, il cui sito www.progettobabele.it conta al momento 5175353 visitatori. Dal 2003 è iscritto alla SIAE come paroliere e dalla collaborazione con il musicista romano Andrea Menarini sono nati quattro CD basati sui suoi testi (in lingua inglese): The eternal soul (2004), The age of the return (2005), Dinosaurs (2006) e Time of Truth (2008).Autore di numerosi racconti e saggi, in parte pubblicati su riviste cartacee o telematiche, al momento si sta dedicando alla stesura del suo primo romanzo, cosa che si è rivelata notevolmente più complessa di quanto non avesse stimato in prima analisi.
Su Marco R. Capelli, da Wikipedia:

MARTIRIA alla "LA TELA SONORA" del 27 2 2009

E’ sempre piuttosto difficile tentare di “spiegare” con le parole i dischi dei Martiria, nello stesso modo in cui non è affatto agevole raccontare un’opera d’arte.Perché di questo in fondo si tratta, di opere d’arte: rigorose, armoniose, imprevedibili, fosche, intense, prezioso patrimonio di coloro che sanno apprezzare appieno l’alone mistico, le nebbie tenebrose, l’enfasi catartica e l’eroica forza espressiva che esse sono in grado di sprigionare.Anche per questo terzo capitolo l’unico riferimento stilistico veramente plausibile è quello dei favolosi Warlord, ma come ho già avuto modo di affermare in passato, non c’è la minima ombra di sofisma in questa nobile forma d’allusione. Unici e irripetibili sono stati i Signori della Guerra californiani e originale ed inconfondibile appare oggi il suono dell’act capitolino, mentre gli elementi comuni sono da individuare in un similare approccio culturale alla materia e in un analogo “sacro fuoco” ispirativo. Questo ricorrente paragone comunque potrebbe risultare per alcuni una forma di “dolce” condanna dalla quale cercare di affrancarsi il più possibile, ma non per i nostri, che decidono addirittura di concedere apertamente il fianco a chi eventualmente volesse accusarli con leggerezza di una palese dipendenza, affrontando una rilettura della magistrale “Soliloquy”, una delle scintillanti gemme dei maestri di San Josè che qui diventa una disperata ballata liturgica pregna di grandeur (enorme la prova di Anderson), dimostrando tutto il temperamento e la personalità di una band che non ha paura di esibire le sue affezioni artistiche ed è consapevole di poterle affrontare con il dovuto rispetto e tuttavia anche con un’imprescindibile creatività individuale.Con il contributo di sobrie e razionali strutture corali di stampo “operistico”, “Time of truth” manifesta tutta la sua grandezza in una maniera probabilmente più “diretta” dei suoi predecessori, eppure ciò non adombra minimamente la sua carica trionfale, la sua leggiadria epica e la sua magia gotico-medievale, orchestrate ancora una volta dalle liriche del poeta Marco Capelli (impegnato pure come narratore nel prologo e nell’epilogo dell’albo), dalla penna, dalla chitarra e dalle tastiere maliose e vibranti di Andy Menario e dalla voce arcana ed incantevole di Rick Anderson, le quali, con il fattivo contributo di una pulsante sezione ritmica (composta da Derek Maniscalco e dalla new entry Fabrizio La Fauci) compongono e scompongono, con una perfetta sintonia d’intenti, note maestose ed estasi fascinose, realizzando immaginifici scenari musicali di straordinaria avvenenza.Le pennellate che tratteggiano questa particolare tipologia di tela sono le canzoni: tetre e solenni, melodicamente avvincenti, articolate e traenti, elegiache e intrise di dramma, esse si manifestano catturando incessantemente gli “occhi” e gli altri sensi, stregando l’ascoltatore appassionato, incapace alla fine di operare delle discriminazioni e di distogliere lo “sguardo” da uno spettacolo il cui potere suggestivo si rivela emotivamente tirannico.Un disco incredibilmente valoroso per una band da annoverare nella ridotta schiera di quegli “eletti” ancora capaci di incarnare, con coerenza, ispirazione e credibilità, lo spirito “senza tempo” dell’heavy metal “mitologico” più autentico, maturo ed incantatore, e se questi sono concetti che in qualche modo hanno un significato per Voi, non credo sia necessario aggiungere altro per indicarvi cosa fare per arricchire opportunamente la Vs. “pinacoteca” personale.

venerdì 27 febbraio 2009

Ascolta il tuo cuore

Ascolta il tuo cuore


Buio
Buio amico
Luogo dei momenti migliori
Prima di nascere
Dopo la morte.
Luogo ove nessuna,
delle forme di egoismo
può aver luogo.

Mi avvolgi
Pieno dei misteri
A me svelati
Affollato
Denso
Denso di profumi
Di profumi
Che vanno al cuore

direttamente
Non più alle narici
Non ho corpo
Non soffro più
Ora so come aiutarti
Non ti posso parlare
Ma ascolta
il tuo cuore

È il luogo
Ove io ti incontro
Il luogo dell’amore
Il luogo ove lo spazio
E’ come il tempo
Millenni in un attimo
Universi in un battito
Non ci sono parole…

Ascolta il tuo cuore.

giovedì 26 febbraio 2009

narrabilando

http://narrabilando.blogspot.com/2009/02/premio-tocco-da-casauria-120409.html

1) Possono partecipare al Premio sia autori italiani che stranieri con opere inedite non premiate in altri concorsi.

2) Il concorso si articola nelle seguenti sezioni:
Premio Domenico Stromei
Una sola poesia inedita a tema libero ed in lingua italiana di max 30 versi.
La poesia deve essere inviata in sei copie anonime.
I premi della giuria tecnica saranno così distribuiti:
1° classificato: premio in denaro di € 300,00 (trecento);
2° classificato: premio in denaro di € 200,00 (duecento);
3° classificato: premio in denaro di € 100,00 (cento).
Giuria Tecnica composta da esperti in materia.
Giuria Popolare composta da studenti della Scuola Media Inferiore Domenico Stromei di Tocco da Casauria.
Premio Lorenzo Filomusi Guelfi
Un solo racconto breve inedito a tema libero ed in lingua italiana di max 3 pagine.
Il racconto deve essere inviato in sei copie anonime.
I premi della giuria tecnica saranno così distribuiti:
1° classificato: premio in denaro di € 300,00 (trecento);
2° classificato: premio in denaro di € 200,00 (duecento);
3° classificato: premio in denaro di € 100,00 (cento).
Giuria Tecnica composta da esperti in materia.
Giuria Popolare composta da studenti della Scuola Media Inferiore Domenico Stromei di Tocco da Casauria.

segue sul blog di Narrabilando ..........
D

Squarci di Vipal in tour



Dopo la presentazione ufficiale a Roma del libro di poesia SQUARCI , Vipal ha programmato un tour di incontri in varie città italiane.
Nell’ambito della serata si potrà assistere alla
performance di poesia musica e danza SQUARCI: letture poetiche accompagnate da musica elettroancestrale eseguite al piano elettronico e armonica a bocca.






Tra arie rarefatte e ambient etnotecnico,
si snodano le parole: vapore tra le note.
Gocciolando si amalgamano plasmandosi in danza.







La performance Squarci, nata appositamente per la promozione del libro, è portata in scena da alcuni attori della compagnia di teatro dell’anima “Con Le Ali Ai Piedi” di Torino di cui Vipal è
regista insieme a Prisco Tortora.





Interpreti:

Giusi Lazzara - lettura,
Lidia Chiarello -lettura e armonica a bocca,
Danilo Pugliese - lettura e danza,
Vipal - Lettura, piano elettronico e danza,
Alberto Forrer – tecnico suono



Regia & Musiche di Vipal.














per maggiori info http://www.vipal.it/








mercoledì 25 febbraio 2009

La signora di Ur di Ambar Past

Sono il museo più vecchio del mondo
e mi hanno appena saccheggiato
Bruciato i miei libri
Sbattuto la faccia sul pavimento
Sono la donna della foto
con un fucile puntato
Sono buttata al suolo
le mani legate dietro la schiena
Vogliono quello che nessuno può dare
Alessandro Magno non era avido di petrolio
Lui lodava le mie pesche
quando i frutteti tra i miei fiumi
erano già molto antichi
Sono il Giardino
La prima donna e il primo uomo
Madre della Scrittura
La prima legge
La prima città
Sono il luogo a cui tutti andavano
L’alba e il punto di partenza
Io ho inventato il pane
Ho creato il frumento
Sono arco e volta
La lana, il vino, il miele
Cera perduta della fusione
Canto di tutti i canti
Io ero la Fede
Sono tutte le religioni
In tutte le guerre mi hanno violentato
Mi hanno strappato i figli dal seno
Giaccio sulle piastrelle
Sono la Terra
Per ore e ore
da quando mi sono svegliata
non ho smesso di guardare
il rosso dei mosaici
Ora ricordo di dove sono
Sono la sete
Stanno arrivando
Sento l’eco dei loro stivali
Ambar Past
(13.12.2005)

martedì 24 febbraio 2009

Dalla moda Alberto Mori trae lingua e contenuti per una poesia ironica e giocosa in "Fashion"

Scritto da: Ottavio Rossani alle 19:00
Da alcuni anni un poeta "sperimentale" si muove lungo alcune direzioni di ricerca diverse dal solito, stimolanti, poco frequentate. Si tratta di Alberto Mori (1962), poeta, performer, animatore culturale, organizzatore del festival "Poesia a strappi" a Crema, dove abita. Gli argomenti che elabora nei suoi testi poetici sono tratti dalla vita quotidiana, precisamente dai comportamenti e dai linguaggi della comunicazione, della pubblicità, della moda. Già in passato aveva affrontato e risolto in poesia "zone" contemporanee come il bar, i centri commerciali, i meccanismi di distribuzione delle merci e i nuovi luoghi di aggregazione come appunto i megastore o i cinema multisale con annessi bar e pizzerie. Dopo le tre più recenti raccolte Utòpos (2005), Bar (2006) e Distribuzione (2008), ora propone Fashion (Fara, 2009, pagg. 58, Euro 10), un'agile silloge sul più specifico tema della moda e del glamour, cioè fascino, prestigio, incantamento, e soprattutto della contaminazione dei linguaggi, tenendo conto delle varie incidenze linguistiche provenienti non solo dalla moda ma anche dal più ampio mondo mediatico (varia comunicazione, pubblicità, immagini digitali, marketing e quant'altro). Certo, già Beaudelaire si occupò della moda, nobilitandola come arte. Ma qui Mori compie un'operazione diversa. Parte già dal fascino consolidato della moda per arrivare a una sublimazione psicologica della sua esternalità.
Nei testi di Mori quindi passano grandi griffe (le italiane marche o firme sono proprio brutte, vero?) dell'abbigliamento, della cura del corpo, dei capelli. I vari prodotti sono citati come introduzione a versi pieni d'ironia o addirittura di sarcasmo o anche di cinici disprezzi o di semplice giocosità. Scrive l'autore in una nota finale: "Le espressioni derivano dal francese inglese, giapponese, arabo, hindi e sono tutte creazioni idiomatiche di carattere commerciale reinventate come calchi linguistici simultanei dal linguaggio proliferante della moda. Solo in alcuni casi l'autore interviene con invenzioni personali sui materiali linguistici?. La raccolta si chiude anche con un piccolo dizionario delle espressioni straniere usate nei testi con rapide spiegazioni.
Ora trascrivo un testo che altro non è se non una parodia dell'italinglese in uso tra moda e pubblicità. La poesia risulta, oltre che ironica, anche una seria e grave denuncia della manipolazone della lingua italiana che ogni giorno si impoverisce, da ricca che è sempre stata., per l'uso indiscriminato di espressioni inglesizzanti, spesso non necessarie.
Il grembiule per cocktail Mondrian
coordina e sospinge
Standa By
tavolo/carriola per picnic
pronto per situazionare
aperitivi brunch merende
after hours fast foot night
nei parchi
Accanto sentieri di gazebo
sui prati green relax
Accessoriato con sgabello detraibile
per creare un piacevole disequilibrio elastico
appena sotto al pianale del mobile
Alberto Mori
Come si può notare, l'atteggiamento è demistificatorio, ma anche testimoniale di un'epoca malata, tutto sommato in decadenza, in cui le lingue si degradano per la predominanza della lingua inglese strumentale nel mondo. Nonostante ciò, i prodotti "made in Italy" (soprattutto quelli dei settori abbigliamento ed enogastronomia) sono ancora tra i più acclamati all'estero. Quindi il "morismo", inteso come il tentativo di Mori di cercare nuove frontiere poetiche, è un fenomeno che riguarda sia l'economia sia il costume. La domanda che bisogna porsi è se la sua ricerca porta a risultati poetici di rilievo. La risposta, dal mio punto di vista, è sì. Mi rendo conto però che, trattandosi di un lavoro sperimentale, spesso il significato si perde nei meandri della visionarietà o del dettaglio tecnico, per cui il lettore può perdere il filo della passione che dovrebbe avvilupparlo dentro la poesia. I passaggi misterici e le riflessioni etiche (non moralistiche) comunque non appesantiscono l'epos di questo nuovo territorio di scavo, anche perché, come detto, la continua via d'uscita è l'ironia o il gioco. Come si può evincere da quest'altra breve poesia:
Dal deserto dei cactus
spazzato da nuvole rade di polvere
lo spolverino tagliato a laser frangia lucente
Si apre e lascia riverberare
l?amuleto eolico di caolino fucsia
L?enigma entra poi nella scogliera
N ell?anfratto resta appesa la cintura
ad intarsio labirintico
Alberto Mori
Da Fashion (Fara, 2009)
Scrive Maria Grazia Martina nella prefazione: "L'azione poetica è volta a disarticolare gli slogan e le definizioni delle fogge per iscriverle in uno spartito di note trascritte dal cuore della città, palcoscenico della pubblicità che irrompe nel e dal quotidiano mondo del lavoro, nell'analogia del verso".
Queste poesie possono anche provocare un rigetto se il lettore si aspetta un?intellegibilità razionale. Alberto Mori compone testi sperimentali, come ho detto all'inizio, che passano attraverso i nuovi idiomi mediatici. Dopo i primi versi declaratori, ogni poesia volge verso una visione inedita, spesso gratuita, talvolta anche spaesante, ma sempre efficace sul piano della sorpresa e della denuncia. Poesie queste che contribuiscono a irrobustire il mito moderno degli oggetti (spesso peccaminosi o oltraggiosi) della vita quotidiana, ma nello stesso tempo a condurre tale mito verso una sua possibile "redenzione". Ottavio Rossani

Abd ar-Rahman, "il trapanese"


"Favara dal duplice lago, ogni desiderio in te assommi:
vista soave e spettacol mirabile.
Le tue acque si spartiscono in nove rivi;
oh bellissime diramate correnti! …
oh il lago delle due palme che meraviglia! e il palazzo
sovrano eretto in mezzo al lago che lo cinge…
tutta liscia lama è il lago…
i rami del giardino si protendono
a vedere i pesci scherzare
e nuota il pesce nelle sue acque limpide
e cantano gli uccelli nel suo folto d'alberi
le arance quando nell'isola maturano
sono fuochi che ardono su rami di crisolito,
e limone somiglia al pallore dell'amante
dopo notti di lontananza e di tortura
e somigliano le palme a due leali amanti
in guardia dai nemici in un forte loro inaccessibile…
l'ho veduto questo con i miei occhi
ma sentissi parlare di simili delizie crederei a un imbroglio".
Abd ar-Rahman, "il trapanese"

lunedì 23 febbraio 2009

UNA POESIA DI MAX PONTE PER LA MOSTRA DEL GUGGENHEIM

Un testo dedicato a Hofmann pubblicato nella raccolta di Torino Poesia
Poesia Totale è lieta di comunicare che un brano di Max Ponte è stato
recentemente pubblicato nell’antologia "Pollockiana: poeti italiani
contemporanei per la nuova pittura americana", per la collana Torino Poesia
dell’Editore Marco Valerio. La raccolta è stata realizzata in occasione
della mostra del Guggenheim a Vercelli che proseguirà fino al 1 marzo 2009.
"Pollockiana" è un progetto ideato da Francesca Tini Brunozzi e ha il merito
di mettere in comunicazione la pittura e la poesia. I testi, che annoverano
autori noti della poesia italiana, (tra cui Balestrini, Cepollaro,
Ottonieri, Marmo, Caliceti) sono un commento poetico alle opere esposte.
Max Ponte ha poetato l’opera del pittore astrattista Hans Hofmann, "Untitled
1526", 1949, guazzo su carta, 43x36 cm.
Si consiglia di visitare la mostra e leggere il volume poetico esaminando le
opere, il libro si può richiedere in libreria, eventualmente col catalogo
della mostra, "Peggy Guggenheim e la nuova pittura americana".

Poesia Totale - Rassegna indipendente di poesia di ricerca.
Fatti visitare dal nuovo sito:
http://www.myspace.com/poesiatotale
Poesia Totale, insetto corazzato, si nutre di vocali e consonanze

LE OFF


LE OFF de la foire du livre de BRUXELLESDu 4 au 8 mars 2009
« N'oubliez pas que le IN est à la démocratie ce que le OFF est à l'art Et comme l'art est fougueux et la démocratie molle....Lorsqu'elle s'occupe d'art, l'art de la démocratie c'est le divertissement.»
LE OFF de la Foire du Livre de Bruxelles s'ouvrira pour la 2ème annéeconsécutive à quelques mètres du Davos du Livre, le IN du 4 au 8 mars2009. L'entrée est GRATUIT et ouverte à tou(te)s.Nous vous y attendons nombreux.Nous vous proposons de découvrir tout le programme du OFF en surfant sur le site+ http://www.le-off.be/
Quelles différences entre l'édition 2008 et 2009 ?
Une superficie quadruplée : + de 1200 m2 et désormais nous encerclons le IN. Nous ne sommes plus qu'à 200 mètres de Tours & Taxis. Un programme riche et ouvert sur le monde, sur d'autres cultures, tout en s'impliquant dans le quartier.Le « IN » fait du tourisme à Molenbeek, le « OFF » est en osmose avec le quartier.
3 mars 2009
La deuxième procession du livre partira du Théâtre de la Monnaie pour serendre sur les lieux du crime de lèse-majesté : « L'Escaut » - rue del'Escaut 60 – 1080 Bruxelles.Rendez-vous 19h – Place de la Monnaie – 1000 Bruxelles+ http://www.le-off.be/
4 mars 2009
Marco Parente, immense chanteur / poète / musicien italien, sera au OFFpour les soirées BABEL. LE OFF 2009 se décline en plusieurs langues :italien, français, arabe, néerlandais, portugais, allemand, anglais, ... + http://www.le-off.be/index.php?page=soirees-babel
Où ?
CCM › Rue Vandenboogaerde, 91 – 1080 BXL (Ouvert de 10h à 19h)
Maison des Cultures › Rue Mommaerts, 4 – 1080 BXL (Ouvert de 9h à 23h)
L'Escaut › Rue de l'escaut, 60 – 1080 BXL (Ouvert de 14 à 01h du matin)
De Boekenmolen › Hovenierstraat 47A/ Rue du Jardinier – 1080 BXL
http://www.le-off.be/

e tu? sei dei nostri?


LOVE DIFFERENCE


giovedì 19 febbraio 2009

Love Pastries and Rumi












Brussels (Belgium)
Daniela Terrile is organising a gastronomic laboratory for the 18th of
February
Daniela is organising in collaboration with Claudio Ercoli and the cook
Felice Notarnicola a gastronomic laboratory called "Meeting gastronomic
culture. Light but with taste" about light Sicilian cooking.
From 20.00 until 23.00 the cook will propose a light menu but full of
taste, making a route between tradition and innovation. The topping of the
dinner will be the sweet "Baked Custard with dark chocolate and a
strawberry heart" inspired on the Love Difference Pastries.
Among the people who will participate at this gastronomic laboratory there
are going to be several Iranians, as for example Evrahim Baran, an
established writer who lives in Namur. During the tasting two poems of
Rumi (a Persian philosopher, whose origin is peace and whose language is
love) are going to be read out. By placing a writing of the two poems in
the napkins the evening is going to have a poetic background
You can find the poems, recipe, concept and pictures on our website!

mercoledì 18 febbraio 2009

pietro pedone

“Se guardi un fiore con amore e ti perdi
inebriata dal suo profumo, tra i colori dei suoi petali...
potrai percepire una leggera brezza accarezzare il tuo viso;
è la fatina del fiore che ti svolazza intorno
per dirti che anche la natura ti ama”.
Cecily Mary Barker


dedica
a LilithDan (Daniela Terrile)
e Max (Massimo De Martino)




La “Danza” impalpabile, la leggera brezza che accarezza tutti gli esseri viventi che, disposti amorosamente in un ambiente naturale, “vela” e “ri-vela”, secondo un percorso alchemico di conoscenza, il profondo nucleo di noi stessi è l’itinerario che ha condotto alla elaborazione di questa piccola raccolta di poesie. L’occasione fù data con l’elaborazione del progetto per il Nuovo Orto botanico di Lecce, ma l’inconsapevole inizio ebbe origini molti anni prima ad Erice, al Giardino del Balio.
Erice: La Fontana di Venere
(n.b. in basso a sx il bassorilievo dell’Ape)
Un unico velo della Natura, infatti, un'unica trama, un'unica "rete" univa in quel Giardino, che si affaccia ad Est, tutti i popoli di ogni tempo. In questo spazio, al di là di ogni possibile differenza etnica, culturale, e persino individuale il “Velo” della Natura riconciliava e svelava ogni individuo animale e vegetale. Talvolta avviluppando o nascondendo, soffocando o piuttosto sospendendo, proteggendo e persino rivelando. Un unico velo di nubi leggere o arie sottili che trasformava un luogo da luogo geografico a luogo immaginario.
La chiave di questa scoperta apparve, con la progressiva luminosità degli spazi sapientemente calibrati dalla vegetazione e con l’intuizione di altri simbolismi, nella Fontana di Venere. Una donna distesa su una roccia, al centro di uno specchio d’acqua ottogonale, appariva destata dal primo Sole dell’Est. Di fianco, in un bordo della vasca, l’immagine di un insetto pronubo: L’Ape Regina.
Donna ed Insetto solare uniti in un unico spazio, perché? Alla ricerca della risposta, che avvenne molti anni dopo e proprio in occasione della elaborazione della tesi di dottorato. seguirono altri disegni, altri schizzi.
Nel frattempo mi ero occupato del nuovo assetto dei Parchi di Villa Genna, di Salinella e del Giardino delle Saline Ettore Infersa di Marsala.
Durante l’elaborazione del primo parco una sera, in pieno solstizio d’estate, vidi il Sole che tramontava alla fine del viale di Palme in direzione del mare. Il percorso circolare che avevo proposto e che era intercettato da quella vegetazione, risultò molto simile a quello progettato dall’Architetto Armò cento anni prima. Alla fine del viale l’architetto palermitano aveva previsto una villa con una torretta, forse un’osservatorio astronomico.
Per il Parco di Salinella, in corrispondenza dell’ex porto fenicio, in occasione delle operazioni di rilevamento della vegetazione costiera fui attaccato da un piccolo trampoliere, il Cavaliere d’Italia, Hymantopus hymantopus per gli specialisti. L’uccello nidificava lì. Mi premurai di chierede lumi al Prof. Francesco Maria Raimondo ed al Professore Massa e scoprì che il piccolo trampoliere proveniva dall’area della Camargue francese, dove l’ambiente naturale e la vegetazione era molto simile a quella di Salinella. L’uccello si sarebbe diretto, in seguito, verso la costa africana. L’idea fù quindi quella di creare un parco per questo danzatore del cielo. Realizzai quindi una collina per l’osservazione di quella ed altre simili presenze. L’osservatorio in plain air fù impostato in modo da fungere da centro di un compasso solare. Il primo Sole del solstizio d’estate avrebbe colpito il piccolo rilievo, da esso si dipartiva uno stradone del parco in perfetto asse con la Villa Genna, a circa 2 chilometri di distanza, dove alla sera delle stesso giorno la grande stella sarebbe tramontata alla fine del viale di palme. Un danzatore del cielo euromediterraneo e una danza solare tra i due parchi.
Nel Giardino delle Saline Ettore Infersa il tema fù posto dalla necessità gestionale di separare l’area del piccolo punto di ristoro dal parcheggio; dinanzi, però, avevo le saline e l’approdo da cui parte il tour per l’isola di Mothia. Mi vennero in mente tante suggestioni: un giardino di confine, il Giardino delle Esperidi, uno spazio di altre donne, che preveggevano gli esiti delle vite degli uomini; la dimensione psicologica del salpare verso una mitica destinazione che forse ispirò i dipinti della sala degli specchi di Villa Igea di Palermo; le precedenti esperienze dei Parchi ed il libro sui giardini del Prof. Gianni Pirrone: Architettura dei Giardini in Sicilia - L’ISOLA del SOLE. Quest’ultimo, forse, fù il vero spunto e l’intuizione. Ecco che si spiega lo spazio di questo nuovo Giardino del Sole: lo spazio centripeto, il transetto circolare delle collezioni alofite con le piccole strutture in pietra calcarea orientate verso i punti cardinali e lo zenit.
Palermo,Villa Igea: La sala degli Specchi
Un Giardino del Sole posto a confine tra il mondo terrestre ed il mondo di Poseidone, da cui salpare verso il mondo dell’immaginario, verso l’Isola di Mothia, forse un altro Giardino del Sole.
Qualche anno dopo accadde di occuparmi del recupero del Giardino interno di Villa Favorita di Marsala, un antico baglio-residenza dove nell’ottocento la famiglia Amodeo si dedicava alla produzione del famoso vino ambrato e liquoroso. Il giardino lo conoscevo da tempo per le frequentazioni in occasione di cerimonie nuziali di alcuni amici e conoscenti, ma quella volta lo sguardo fù diverso. Dopo brevi ricerche mi venne di chiedere ai gestori chi fosse stato il proprietario e dove fosse sepolto. Mi fu risposto nella parte del Cimitero di Marsala in corrispondenza della zona che ospita la piramide di Abele Damiani, noto eroe garibaldino.
Mi recai alla città dei morti ma quando vidi il mausoleo con colonne e trabeazione egizia con l’aquila solare ad ali spiegate tornai in giardino con la bussola. Dopo averla posizionata al centro dei quattro ficus un brivido percorse la schiena. I quattro monumenti vegetali erano orientati secondo gli assi cardinali e la loro cupola, opportunamente diradata, poteva accogliere il raggio zenitale di mezzogiorno in occasione del solstizio. Il segreto del Giardino era stato svelato. Il Giardino dialogava con lo spazio cosmico e con il Sole
La nuova sistemazione, destinata ad accogliere e celebrare alcuni dei momenti più significativi della vita, fu organizzata di conseguenza attorno alla centralità dei quattro ficus come luogo dell’armonia e traguardo di percorsi di vita. In breve, dal caos dell’ingresso a serpentina seguiva la regola dei percorsi a squadra e quindi lo spazio armonico dell’ellisse sotto la “volta celeste” dei quattro ficus incardinata allo zenit. Insomma una vera e propria Porta del Cielo.
Venne quindi la rivelazione. L’occasione del Nuovo Orto botanico di Lecce e l’incontro con Betty e Patrizia Lo Sciuto, danzatrici. Gli Orti botanici di nuova generazione percorrono due obiettivi principali: la ricerca scientifica della biodiversità locale e la divulgazione delle conoscenze al grande pubblico.
Nel tema della biodiversità naturale giocano un importante ruolo i vettori del fenomeno naturale. Essi sono gli animali , gli uccelli, gli insetti e tutti coloro che garantiscono la catena alimentare e riproduttiva degli ambienti naturali o pseudonaturali, garantiscono la permanenza dell’habitat. Questi esseri abitano gli spazi della natura, ed in corrispondenza del periodo riproduttivo, assumono movimenti ed abitudini associabili a vere e proprie danze.
La tradizione culturale salentina fonda le sue radici nelle antiche danze della taranta, un antico rituale tipico del mondo contadino dove le forze primigenie prendono il sopravvento sul mondo delle convenzioni, l’esplosione formale e non della dimensione naturale raccontate con il movimento del corpo. Su questa tradizione si celebra in Salento un importante evento culturale, la Camerata salentina, che accoglie numerosi eventi ed artisti di levatura internazionale facendoli esprimere su un variegato panorama di luoghi.
L’area del nuovo Orto botanico di Lecce è localizzata in una zona periurbana ancora dedicata all’agricoltura. Una zona, quindi, che necessitava di una espressione di sintesi. La scelta fu, quindi, di proporre la struttura scientifica, oltre che come luogo della scienza, come luogo di identità urbana e territoriale.
Progettai, quindi, gli spazi destinati al grande pubblico anche come spazi utilizzabili per eventi spettacolari ma soprattutto per le danze; la Camerata salentina avrebbe potuto contare su un luogo speciale: il Giardino della Scienza e dell’Arte. Attraverso l’arte tersicorea, perciò, si poteva raccontare e diffondere la cultura della biodiversità locale e della scienza così come si poteva celebrare e sublimare il movimento come suono del corpo, come linguaggio autonomo dalla parola e dalla scrittura.
Assaporare,“ con la leggera brezza dello sguardo” quello che la danza dei corpi geologici, vegetali, umani e celesti della Serra/Teatro ci può dire in un Giardino della Scienza o in qualsiasi altro spazio naturale se si riesce a guardare con desiderio di amorosa conoscenza. Questi i riferimenti con cui ho quindi disegnato le danze dei corpi delle amiche danzatrici e più disegnavo e più nascevano pensieri che, alla fine, si sono concretizzati in queste brevi ed inaspettate ma significative brezze del suono della parola e dell’immagine di chi scopre come guardare con nuovi occhi al mondo della Natura.
La condivisa consapevolezza dell’importanza della “bellezza della vista” poetica svelatami dalla preziosa conoscenza di due nuovi Amici hanno completato il quadro.
La riscoperta delle origini di questo sacro percorso poetico, con poesie ed acquarelli, iniziato al Giardino del Balio di Erice, dove ora trovano senso le danzanti serpentine delle siepi e dei sentieri che il viaggiatore percorre come un’Ape o come un uccello, e conclusosi con l’illuminata conoscenza di una musa ispiratrice - Daniela Terrile e di un vero poeta - Massimo De Martino, e’ un primo tentativo di esplorare e riflettere sugli elementi di similitudine tra il corpo umano ed il mondo naturale, scientifico se vogliamo. Il segno di questi pensieri, affidato oltre che alle parole alle delicate immagini pittoriche, rappresentano i corpi in movimento dei danzatori dei giardini. I vettori della biodiversità, farfalle, uccelli ed api come corpi-linguaggio ci rivelano la poesia delle parti e del tutto. Evidenziare i caratteri che spesso, per abitudine o per disabitudine, non cogliamo, e che quotidianamente ci portano a non pensare che l’Uomo e la Natura siano parti di un amorevole Unicum è lo scopo di questo primo tentativo di “conoscenza”.
Pietro Pedone

Massimo Sannelli,

Massimo Sannelli, da PROMETEO

1.
non mi furono spenti
gli occhi. gli occhi sono
sempre il meglio di noi.
tolti ad un altro, spenti
dopo, un altro li chiude
da solo, quando l’uomo
parla contro se stesso;
i miei occhi non furono
spenti mai. e, dopo,
«volto fraterno, Antigone»,
«piedi veloci, Achille»,
dopo, dopo, dopo. ecco
quello stile, che chiamo
la memoria del mondo,
che io insegno. muore
oggi lo stile primo.
c’è una gloria più piena
– sei un dio anche tu –
in me e la mia gloria
non è una cosa fredda,
e a noi hai più pensato?
no. e furono per questo
lasciati gli occhi, a me.
io vedo. io vedo. io vedo.

2.
dico che è troppo facile
amare da lontano.
io li amavo. li amavo
tutti da vicino. e tu? anche tu
mi ami? e dici sàlvati.
per mia volontà libera io mi sono
esposto a questa fine. per mia colpa.
per la mia volontà e la mia colpa,
è vero. io non credevo mai che questa
ora venisse. perché? non sapevo?
allontanavo sempre questo tempo.


Il monologo Prometeo, scritto in versi e interpretato da Massimo Sannelli, è un’opera pensata per adattarsi ad occasioni diverse, con diverse regìe. La prima realizzazione teatrale è avvenuta al Teatro Manhattan di Roma, nei giorni 13-15 gennaio 2009. Sarà pubblicata in italiano e nella versione inglese di Daniela Monzeglio sulla rivista internazionale «Le acque di Hermes» (estate 2009).
Massimo accentua la debolezza di chi è isolato: «E a pensare in me sia ancora un dio / sperduto, debole, puerile: / ma la sua voce è così umana / ch’è quasi un canto» (Pier Paolo Pasolini, La religione del mio tempo). In pratica, qui parla la figura precristiana degli ultimi Cahiers di Simone Weil. Oggi le donne del Coro, Efesto, Ermes non ci sono più: quindi esistono come ombre – incoraggianti o brutali – del solo Prometeo. In questo caso, il «monologo» tiene fede alla natura del suo nome: parla uno, parla soltanto, e parla da solo. Parla nell’ossessione del soffrire «per mano degli dèi», «anche se sono un dio». Dunque non tutti gli dèi sono uguali, e non tutti gli dèi sono giusti, di fronte a chi ha «dato tutto». Prometeo ricorda l’umanità, come se fosse anche un uomo, orgoglioso e autodistruttivo. Nessuno può dire se questo Prometeo sia un malato, un uomo, un dio vero. Avvicinandosi alla fine, il monologo si sfalda, nei suoni e nella sintassi, come se il Silenzio fosse un altro personaggio.

lunedì 16 febbraio 2009

..... Vicenza ...

VENERDI' 20 FEBBRAIO
ore 21,00
LIBRERIA MONDADORI
(Piazza delle Erbe, Vicenza)

due poeti, due libri, un editore
Francesco Marotta, Impronte sull'acqua (Le Voci della Luna)
Francesco Tomada, A ogni cosa il suo nome (Le Voci della Luna)

(a cura di Stefano Guglielmin)

Grazie in anticipo se potrete esserci, così come se darete diffusione a questa mail ai vostri amici a cui pensate possa interessare..
Ciao
Francesco

martedì 10 febbraio 2009

da “Il Pensatore” scultura di Patrick Alò

1.
- (Rinascenza):
Ha inizio di soppiatto, dalla stasi irreversibile
… nel segno discontinuo del sospetto
di una tesi insostenibile
nel perpetuo moto del pensiero umano immotivato
… nel ciclo circadiano
nella discesa che ci aliena… ci sospinge al precipizio
che deambula, che brancola
lungo il periplo del buio
… sul sentiero obliquo dell’averno,
dimenatosi nel senso contrario al raziocinio
nei casi in cui diviene lo strumento, adoperatosi al cimento
sopraggiunto per istinto, per la legge di natura… del ragionamento
che come quasi sempre, per concausa… avviene nella vita
da nessuna sede resa nota e comprensibile
ma devota e consapevole nel sentore… dell’impermanenza
che ci appare provvisoria… invero rinascenza,
che mai si mostra frustra o mèntore… per un subìto patimento
e che così fiotta a rilento della materia grigia e nel fermento
dalle falde freatiche di polveri di bistro e di grafite
sgorga dal meato dischiuso sulla fronte.
… l’accesso al Terzo Occhio è dall’angioma
l’ingresso della cripta è nel diaframma dell’Enigma
cosmoràma delle carte cosmonautiche
manufatto siderurgico poemantico
nell’amalgama di zama e ferrochina
colata nella chiosa pressofusa
oracolo e bagatto che sfrega e origlia la conchiglia
arcano dissaldato col soffio del mantice vitale
nel rombo di tuono col martello dell’Opìfice
percosso sulla piastra d’acciaio incandescente…!

2.
- (Rivelazione):
… è un reclinarsi nell’attrito sulla spranga
nel clangore che agglomera i glomeruli ai vocaboli
nell’inciso della sgorbia… nello screzio dello smeriglio
a un dipresso di sei passi dal declivio
è saliscendi sulla falesia della sagoma del soma
carico sul brègma del sintagma e dello zeugma
sul tegumento cerebro del celenterato
che arranca sulla china nell’arco flesso della schiena
restituisce rebus e busillis la formula bruta della molecola
poi per il maglio a contraccolpo… battuto sull’incudine
poi per le necrosi… di cellule e diastole:
sono le parole, che ne hanno la facoltà di guarirne la ferita,
la cicatrice cauterizzata, dal dardo della fiamma ossidrica:
supplizio e sodalizio nell’anelito, scolpito nello Spirito,
nell’evento congeneo all’unzione… col crisma e l’aspersorio
nel memento mori extracorporeo
che in primis… si riconcilia all’hesychia
al propiziante-Comunicante vaso linfatico
nel cortisolo deflusso, nel plesso a reticolo
… dall’ònfalo all’encefalo
e al surrene, per una remissione… in extremis
… cosicché ciascuno senta il suono del triangolo idiòfono,
sia sincrono al respiro spiralico del prana,
al sonaglio del kundala, simultaneo nell’amìgdala,
all’unisono del sibilo del Serpente caducèo,
in risveglio del suo settimo chakra, è al battesimo mitraico,
è al lavacro metalmeccanico, già è alla… shocktermìa,
è in flashback… al retro-verso, è in dislessica analessi,
sui semilavorati biconvessi… è di una musica metallurgica
e la scrittura è in saldatura alla Scultura e ne ausculta la risulta
… per la forgiatura della protoforma… per le glosse e le sinossi
… come mormorio del mantra: è bonzo di zinco, è yoga ignifugo,
è vertebra eterica rameica, è energia psichica radiante:
alla levata eliaca sullo spiraglio del lucernario
galleggia nell’azzurro l’ ”Ipnonebula” di Regina Coeli
fluttua nell’arancione l’ “Astrozigote” di Polluce
nelle latebre lattiginose i corpuscoli dell’aria
a gocce rapprese di liquido mentale
emergono alla memoria defluita, nel rigagnolo del lavatoio,
nella gòra della siviera e nel sottosuolo la massa spugnosa… di un Déja Vù.

3.
- (Fabbricazione):
… adesso è nella fusione, essa stessa combusta alla lauda centigrada
impressa sul morfema metamorfico e per metà filosofale:
è per la mano d’opera artigianale dello scultore
che nel suo sacello, agisce di spatola e scalpello,
che foggia antica sillaba del mito e della fiaba,
che recupera dal mondo il rotore ricom-Pensatore
nell’officina dell’anima, dalla fucina nell’alluminio
ricicla gli sfilacci… rinviene i finimenti
… nell’ansimo dello stasimo… nello spasmo del cloasma,
prima d’ogni atto creativo dell’artefatto primitivo,
nel segreto riposto nella lettera grezza… che si disdegna alla barriera ferrigna
… egli è sulla curva emozionale che scavezza,
è in ogni imprevisto episodico di meditazione,
è per ipotesi la resistenza meccanica, ne è la prensione,
è nella sconnessura dell’ipotalamo, sull’atlante la sua contrattura
è in quell’area smottata, è in quella zona azotata… pressata nell’imbutitura,
è di riflesso, è non vivibile, nella luce mai visibile,
è nell’impulso della meteora elucubrata, della spuma acquitrinosa, ne è l’incanto,
intanto che il residuo è ancor pregno di quel candore… che sembra smarrito
in una lamina di platino stagliata fra le ombre,
mentre il verbo rimane riverso nell’invaso… tracima dall’imbraco delle anse,
è l’immissario che ne riempie l’estuario… che s’incunea nel suo incunabolo misteriosofico,
s’incanala nel suo cunicolo catacombale… nella linea d’uscita della sua sola alea
nel tiro a sorte e nel calcolo dell’abaco… nella probabilità che si approssima ad una vaga idea
… nello spazio vuoto ne sfiora appena il Percetto,
che riaffora nel suo cingolo palpabile… nella sua rotella affusolata,
nell’impiego della Forza Inerte… del Fuoco Purificatore
avverrà che il Pensatore… in avallo alla sua Fabbricazione
sarà allora trasfuso nel metallo
degno finalmente… della sua nominazione.


Dimesioni della scultura:
15x90x100cm (2003)
Corpo: catena mietitrebbia. Testa: ingranaggi.
http://www.patrickalo.org/Italiano/Figurativi.html


La prima parte (Rinascenza) è stata pubblicata nell'antologia
"Quaderni di Lìnfera" (Progetto Cultura, 2008)

Faraòn Meteosès

lunedì 9 febbraio 2009

a volte l'amore: Mash up PP, MM, DT

A volte l’amore
è un grande fiume
senza imbarcazioni, con gli amanti
che si guardano
dalle due distanti sponde

A volte l’Amore
è un cuore diviso in due,
con le sue metà così vicine
da non lasciarci capire
se è un cuor solo
che si spacca in due,
o le due metà
che si fondono…

INADEGUATO ALL'ETERNO

- Felici Editore, Pisa, 2008 -


Non so vedere niente di quello che vedo.
Vedo bene solo ciò che ricordo, e ho
intelligenza solo nei ricordi.

J.J. Rousseau, Les confessions




Se le braccia spalancate
della ragazza nuda
avranno la pietà del miele
selvatico, se il suo sorriso
enigmatico, sconosciuto e impuro
ti darà la certezza del corpo
e del cuore, senza cercare
niente di più, ora, del battito
delle tempie e del fuoco del sudore,
avrai il dono scabro, essenziale,
di un attimo: l'istante leggero e violento
in cui ti senti vivo,
seppure fragile, sporco,
inadeguato all'eterno.


------------------------------------------------------------------------




E' meglio scrivere di riso che di lacrime.
Perché il riso è il segno dell'uomo.

F. Rabelais




I bambini là fuori

I bambini là fuori, ridono di gioia
vedendo uno sprazzo di sole
che sbuca tra le nuvole.
Sono gli stessi con cui, tra qualche anno,
dividerai il buio degli sguardi e il silenzio
delle parole.
Sono gli stessi che sfrecceranno sulle strada,
ombre tetre, mutilando la carezza
delle foglie.
Forse lo sono, anzi, lo sono certamente.
Ma intanto ridono, e alzare la testa
per vedere il sole, è anche per te, ora,
una forma vitale di follia.



Ivano Mugnaini

Ivano Mugnaini

Strade

Come se si potesse scarnificare la parola,
irriderla, violentarla e lasciarla lì, occhi
gelidi, incolume, feroce, ancora serena.
Inebriarsene, sfregiarla di carezze di vetro,
senza pagare lo scotto, la ruga che scava
la pelle, lasciandola bella di bellezza ineffabile.
Passarle addosso il peso del corpo e lamiere
squadrate come si fa con l’asfalto, confidando
nella pazienza dell’eterno, l’immutabile.
Ma l’asfalto si squama, si sgretola.
La strada non è la stessa. Lacera, deborda
la rabbia dei pini, affiorano grida di radici.
Passi al mattino nell’abitacolo surriscaldato,
e ride l’operaio del cantiere stradale guardandoti
blaterare tra i denti frasi che si schiantano
sui finestrini. Ride, lui che sa, conosce la consistenza
del bitume, sonda l’amalgama con i piedi,
una danza imparata da bambino, gambe
salde tra i grumi e l’aria, cosparge
cantando la strada al giusto livello, la quantità
ideale. Ride, mentre il cervello si tritura, pasta
farinosa, impalpabile, e prosegui, lento, a un palmo
dalla striscia della mezzeria. Scruti il guard-rail
con la coda dell’occhio lasciando solo un esile
spiraglio al sogno, Il sorpasso, il mare verde
di Castiglioncello, l’urlo di un’onda fulminea,
sole, vivo, abbacinante, sulla strada salmastra
del tutto, del niente.

paola lazzarini

Coiffeur

Donne si muovono
con lentezza d’acquario,
affondano in schiume pannose
e lucide mantelle di cellophane
come fiori avvolti per un dono;
allentano unghie laccate di fresco
sui lunghi braccioli
o sussurrano chiacchiere distese.
Anch’io nel gioco degli specchi,
i capelli incollati a casco
ascolto la risacca del respiro
nel vento tiepido dei phon,
anch’io come da catarsi
ne uscirò rifatta.
Paola Lazzarini

venerdì 6 febbraio 2009

Scia di note e scritture su Vincenzo Mastropirro




Vincenzo Mastropirro in concerto 04 Febbraio 2009
A Gennaio 2009 il mensile Jazz & Jazz ha dedicato a Vincenzo Mastropirro di Ruvo di Puglia, collaboratore anche di Tellusfolio e Tellus (sarà presente in TELLUS 30. “Narrazioni per 4 stagioni. Dall'Illuminismo a Internet-Tellusfolio”) un articolo riguardante gran parte dell’attività artistica del musicista pugliese, prendendo in considerazione alcuni progetti incisi su CD, che hanno segnato il lungo percorso artistico di Mastropirro.

Sulla base di quest’articolo e di una stretta collaborazione con la Radio di Stato Greca, domani 4 febbraio sarà trasmessa a cura di Sakis Papadimitriou una trasmissione di circa un’ora, un ritratto dello stesso Vincenzo Mastropirro.
Sono stati presi in considerazione brani tratti da alcuni CD che fanno parte dell’ampia e variegata produzione artistica del flautista/compositore di Ruvo di Puglia oltre che autore di poesie in lingua e in dialetto.

Durante la trasmissione il pianista/compositore e critico musicale Sakis Papadimitriou ha fatto un ritratto completo del musicista pugliese ed ha trasmesso brani tratti dai CD:
1) La Banda di Ruvo
2) Mater Dolorosa Stabat su laudi dialettali pugliesi
3) Ballate su liriche di Alda Merini
4) Contamin/Azioni del Trio Giuliani
5) Dopo molto di te con Flo brano scritto per Paolo Fresu e Alborada String Quartet
6) Songs su poesie di Vittorino Curci.

Prossima l’uscita del CD del Trio Giuliani In memoria di Pier Paolo Pisolini con Terre Sommerse di Roma e del libro Tretippe e Martidde, poesie in dialetto di Ruvo pubblicato dalla nota casa Giulio Perrone Editore di Roma.

Redazione Tellusfolio

Alluminio


Edizioni Lietocolle, 2008
recensione di Vincenzo D'Alessio
Mario FRESA, Alluminio,La veste editoriale della raccolta Alluminio di Mario FRESA è ispirata alla elasticità di Umberto BOCCIONI e alla frequenza dei Futuristi. Le diciannove poesie contenute, invece, sono pervase da una musicalità che bene conosciamo: il verso disposto alle analogie e al suo correlativo oggettivo: lezione che Luciano ANCESCHI ha dettato per il filone poetico dell’Ermetismo.Il lessico poetico adottato nella raccolta è soffuso di un “pallore” orfico, velatamente magico. Ritornano alla memoria i versi stupendi del poeta ermetico Alfonso GATTO: “E dirla noi vorremmo mare pane / la donna sfatta che ci prese all’alba / dentro il suo petto e ci nutrì di sonno” (All’alba). Allo stesso modo scrive FRESA: “Ma non importa, questo, noi siamo / ingarbugliati in ciò che avviene: / in questo largo sacco / abbiamo infine trattenuto / voglia e sostanza (…)” (pag. 21).La musicalità del verso è legata alla paratassi della poesia del nostro Novecento. Le parole che vengono usate sovente nei versi sono: riposo, sonno, notte, precipizio, oscuro. Tutte protese a svelare il dialogo tra le divinità della luce e l’allegria sperata dell’amore per la vita. Dialogo intenso e sfuggente. Una “rincorsa vera” per sfuggire alla notte, alla solitudine “nera”, alla lotta intesa come fine dell’ora: “dunque abbàssati nel sonno breve” (pag. 31).Sono un corpo netto, sobrio, le poesie comprese in questa raccolta. Una amalgama stupenda di alghe immaginarie dove lasciarsi prendere. Una fonte cristallina che accende nel lettore un dialogo con “superbe luci” mentre china la testa alla melanconia dell’ “allegrezza che verrà”, annunciata dall’orpello “dell’alluminio” che forma l’anima pulsante dell’intera poetica di FRESA. Bene ha scritto Alessandro RAMBERTI nella sua nota di lettura a questa raccolta: “ma ci pare che i versi di Fresa siano mobili e sfuggenti come l’argento vivo, luminescenti e caldi.”Versi che vanno letti, ascoltati ad alta voce, recitati in piena luce Meridiana.
Febbraio, 2009

mercoledì 4 febbraio 2009

simonetta melani


marco milone

Siamo come estranei (Marco Milone)
C'è un tono elgiaco in questi versi di sostanza sapienziale che tendono al respiro lungo del microracconto rimemorante e si appigliano a nuclei di senso fondamentalmente gnomici: «non è possibile vivere all'infuori del tempo puro. Nessunosi è mosso, nessuno è fuggito durante la bufera. Le sorgenti /si sono riscaldate nuovamente, solo per un istante».

Dove inizia lo spazio? Non durano
che per un secondo Come si muovono, come stanno
sempre legati al suono, ai capricci del letto

***Devo resistere, devo sempre resistere
alla tua anima riflessa. Nessuno degli alberi del corpo, il significato
non è profondo. Il segmento e l'io, l'assenza
della libertà, i giorni che scompaiono. Non dire di sì
per compiacermi, dimentica la bellezza, dimentica i suoni

***Troppo spesso m'insinuavo nelle mente altrui. Divorano
i segreti dei vivi, senza sapore Li mangio
e scompaiono alle mie spalle dolore, menzogne Le copro
non finiscono Vorrei ispirarmi, e mi ispiro
alle mie memorie, ai miei sogni. I mondi
li lascio agli stranieri, io
mi muovo nell'ombra come un falsario




Marco Milone, poeta e scrittore, ha pubblicato l'antologia di racconti L'eterna condanna e altri racconti e le sillogi poetiche Geometria del silenzio, Sulle orme della speranza (Edizioni Progetto Cultura) e Nel labirinto del delirio (Zona). Ha svolto attività redazionali ed è stato redattore della rivista «Inguine magazine», e ha collaborato con le riviste «L'indice dei libri» e «Succo acido», e con le case editrici Comixcomunity e Coconino. È membro del comitato di lettura di “Il foglio edizioni”, collabora con “Due Punti edizioni” ed è stato caporedattore di «Cagliostro e-press» e delle riviste «Be side» e «Solaris». Ha curato mostre di fumetti e rassegne di cinema d'animazione.Scrive sull'animazione, sull'arte, sul cinema e sui fumetti su Mellart.

martedì 3 febbraio 2009

Pedro Correa Vazquez


La canción del pordiosero


Y fue en vano el grito de dolor

que lanzó en medio del Desierto

Su alma era un depósito de oscuros recuerdos.

Su calma, sólo una forma de fingir.


Miró a todas partes:

nadie acudía a salvarlo.

Una inmensa ola, nacida en el infierno,

lo arrastraba y ya no sentía dolor.

Mejor era el placer de saberse ido,

borrado de la faz de la Tierra.


Y en medio del abismo que esperaba a su angustia, pensó:

si la flor hubiera sido eterna...

Y luego, todo cesó.


Pedro Correa Vásquez

traduzione di William Stabile

La canzone del mendicante

E fu invano il grido di dolore

Che lanciò nel mezzo del Deserto

La sua anima era un deposito di oscuri ricordi.


La sua calma, solo una forma di finzione.

Si guardò intorno:

nessuno accorreva a salvarlo.

Un’onda immensa, nata nell’inferno,

lo tirava e non sentiva dolore.


Migliore era il piacere di sapere di essersene andato,

cancellato dalla faccia della Terra.

E in mezzo al baratro che aspettava

la sua angustia, pensò:

se il fiore fosse stato eterno...

E dopo, tutto cessò.


*****Pedro Correa Vazquez era un poeta panamense. Fu ucciso a Panama nel 1995 durante una rapina. Suo fratello Papo Correa, è un mio amico che vive a Chitrè, capoluogo della provincia di Herrera, Panama.Qui trovate un link con una piccola bio-bibliografia www.geocities.com/Athens/Olympus/9427/correa.htm

vivo - "salvate la talpa e l'orologio ora"



vivo di pure emozioni

vivo col fiato sulla gola

vivo con un mondo che scompare

vivo in una città che non vuol combattere

vivo coi sogni


vivo gli incubi di uno sgombero

vivo in una città che ignora la gente dei centri sociali

vivo nella indifferenza


vivo di pure emozioni

vivo con la danza dei poveri

vivo con il dolore di chi perde il lavoro

vivo col tuo bacio sulla bocca


vivo le botte

vivo le false dichiarazioni

vivo il cercare una non violenza


vivo di emozioni

vivo di amici nuovi

vivo della talpa e l'orologio

vivo dei nomi


vivo nel diritto di dire no

vivo nella democrazia

vivo nel diritto di esistere

vivo




by guido guglielmi


la difficile situazione della talpa deve trovare una soluzione spero che il comune trovi una soluzione immediata, disperdere un valore come quello della talpa e l'orologio sarebbe un peccato, io confido nella saggezza del nostro comune ed nel nostro amatissimo sindaco confido in un serio dibattito della sinistra o cosidetta sinistra imperiese che tanto deve alla"talpa e l'orologio", io personalmente spero si trovi una soluzione condivisa, perchè i giovani di sinistra e la cultura di sinistra continui ad esistere.
ovviamente nessuno si offenda Salvate pure il manifesto ovviamente.

Elena Ribet

Musica

Teresa

“Cercare stordimento nella musica
sarebbe automatico e naturale
come perdere il controllo, magari in due.”

Coro

“Capovolgi l’insostenibile
leggerezza nella danza delle mani
aggrappate alla vita
non sfidare gli dei
ma bevi fino all’ultima goccia
dal calice del mondo”

Musici

“L’amore che tu dici
è un riverbero che brilla
fra le mani e batte
come il cuoricino di un passerotto”

Cantore

“Conosco la luce che tu dici
per me è una cura
inafferrabile mistero
nel silenzio.
- sottovoce -
Nascondo gratitudine
la mia carne viva
il richiamo che senza nome
scrive alla vita un cauto epitaffio”

Coro

“Recita una preghiera
trattenendo il respiro.
E in nome del Padre
del Figlio
e dello Spirito Santo.”

Teresa

“Suona ancora
e se la musica è cibo della vita
mangiami e vibra
fa’ sgusciare l’essenza con le tinte dell’Arcilussurgiu
in cadenze sincopate
che incalzano una dolcissima tortura.
Fammi danzare nel fuoco e nella cenere
Mentre seguo l’inutile
traiettoria di una scintilla”.

Lettore

Il corpo assente virtuoso
liberaci dal male
il ventre contratto e solo
liberaci dal male
il cervello scende sotto le suole
liberaci dal male
nei sogni sprofonda l’anima carente
liberaci dal male amen
amen letto che si fa polvere
amen l’acqua scivola dentro la terra
amen le mani scivolano sugli occhi.

Coro

Vogliamo una profezia di luce
in nome della Madre, della Figlia
e dello Spirito della Terra
vogliamo la madre della pioggia
scoperchiare il mistero
violata quiete dove si va a finire
non c’è guerra, c’è solo lo sguardo attonito del cuore.

Epilogo

“Raccoglile” disse la voce
era voce soprannaturale
volontà superiore.
Allora raccolsi la prima pietra
un cristallo di quarzo
e frugando con le dita sul sentiero
scelsi un prisma
poi la calcite
infine una pietra nera.
Con il mio bottino magico
mi avvicinavo alla gente
che per superstizione
avrebbe credutoa ciò che era vero.

Elena Ribet

lunedì 2 febbraio 2009

alessandro moscé

UNA LIRICITA’ TRA FANTASMI DI LUOGHI REALI

Alessandro Moscè è di Ancona e vive a Fabriano ma nelle sue poesie le Marche sono ben compendiate, da nord a sud, dalla riviera alle colline. Qui parlo della recente raccolta Stanze all’aperto, pubblicata da Moretti & Vitali nel settembre 2008 con una introduzione di Alberto Bertoni. Moscè ha già pubblicato due libri di saggi, Luoghi del Novecento (Marsilio 2004) e Tra due secoli. Poeti interpreti del nostro tempo (Neftasia 2007) e tra i due l’esordio poetico, nel 2005 (L’odore dei vicoli, Quaderni del Battello Ebbro).
Ci sono poeti che sono anche saggisti e viceversa, Alessandro sembra appartenere a questa categoria. Così è abbastanza curioso che questo libro di poesie, Stanze all’aperto, abbia un sommario all’inizio e non un indice in fondo, come se si trattasse di una raccolta di saggi, diviso per aree tematiche, e poi che lui stesso ci introduca e presenti la prima sezione (o il primo capitolo) : diario di mare.
Non è andato molto lontano, per le sue vacanze, Alessandro Moscè, perché quelle che vengono descritte sono le nostre spiagge e quel mare intimo, l’Adriatico, che è come insinuato tra occidente e oriente. In effetti, nonostante il titolo, questa non è una poesia nomade o da escursione, ma un viaggio introspettivo, anche un viaggio nel tempo, oppure, con le parole dell’autore, un diario dell’io lirico che sembra avere il ritmo semplice e misterioso dell’onda che va e viene. Sarei tentato di dire che proprio questo è il ritmo dei versi. E si potrebbe anche proporre una similitudine così marina, questo ritmo da perpetuum mobile, tanto questi versi sembrano disegnati sulla pagina come lingue di mare sui litorali. E ne portano anche gli odori, subito, nella prima composizione: “Il lungomare odora / di pesce fritto, di caffè all’aperto / in quel cielo colpito / dalle insegne fluorescenti dei bar / davanti alle case”. Oppure le voci, ai bordi delle strade, in piazze assolate: “Dai chioschi della frutta / ai bar dimessi / senti parlare di rincaro della spesa / e di calciomercato”. Sì, ma non è soltanto così. In realtà queste poesie hanno una tensione verticale più che orizzontale, e una vocazione verso l’immaginario e i ricordi, a volte fondendo i due registri con dei cortocircuiti che spiazzano il lettore, il quale magari si era già pigramente ambientato, cioè – specialmente se marchigiano – aveva prontamente trovato dentro di sé le immagini analoghe, le visioni e le memorie corrispondenti ai luoghi e ai gesti dello scrittore. Ma appunto, non è così. Il linguaggio è ormai un materiale troppo complesso e usurato, e se l'oralità quotidiana galleggia nel grande mare della comunicazione strumentale e dei gerghi, in poesia diventa qualcosa di corporale, perché il linguaggio gioca con i residui mnestici ed è come sottoposto a repulsioni e attrazioni chimiche. A volte le sue concrezioni divengono sintomi che vanno interpellati. Come in quella poesia cardarelliana e sensuale (la VI) che parla di una ragazza in spiaggia e si chiude così: Attraverserà l’epoca dei miti estivi / e non la rivedrò più / passare davanti al tavolo bianco / con le natiche appena gonfie, / con i capelli che nascondono / i sensi rimasti altrove”. Dice bene Alberto Bretoni quando parla di “una fitta trama di incrinature portate sempre al limite dell’epifania: spiragli aperti all’immaginazione del lettore e misteriose incursioni in un mondo che può venire scandagliato in profondo soltanto da un allusivo, mai esibito, occhio interiore”.
Fabriano campeggia nel ‘diario di collina’, una collina fabrianese che ‘respira gli odori della notte’: Nelle case il vuoto / lo senti tra le pieghe del lenzuolo, / nello sbadiglio di una madre / che stira”. Quello che si respira qui è però un senso di stupore verso quei fantasmi realissimi che possono avere anche un camice blu, prendersi un caffè all’alba con dentro un goccio di anice, dare un’occhiata agli uffici di una delle più grandi multinazionali, la Indesit, e restare nello stesso tempo profondamente, tematicamente ancorati a una richiesta di senso delle cose. Che cosa vuol dire? Per me questo: che al di là dei fenomeni e dei fonemi di una quotidianità cittadina che arriva sulla pagina “priva di lusinghe fonetiche” (e spesso sospinta da energiche pulsioni liriche), mi sembra che questo libro sia tutto un palpeggiare, un toccare da un lato la realtà, dall’altro il mistero dei suoi effetti struggenti nel linguaggio. “Luci ininterrotte / sui palazzi in faccia alla strada, / luci che escono timide da cucine / nell’ora masticata dei piatti”. E’ il tempo, ‘masticato’, ruminato, che sembra sfuggire di stanza in stanza, imprendibile, e l’unica consolazione (Seamus Heaney dice ‘riparazione’, the redress of poetry) consiste nell’acquisire quella consapevolezza (o maturità) attraverso la quale si accetta il ‘masticato’ fluire delle ore non solo nelle stanze all’aperto, nei discorsi di ogni giorno, nelle descrizioni domestiche e paesaggistiche, ma anche nell’interiorità, nei magazzini della memoria, dove a volte l’io lirico si accende e si perde.

Marco Ferri

Lorenza Ghinelli


Classe 1981. Un diploma in grafica pubblicitaria, uno in Tecniche della Narrazione alla Holden di Torino, un altro in montaggio digitale a Bologna, un altro ancora in Web Design a Cattolica. Laureanda in Scienze della Formazione. Ma prima o poi ne è certa: dovrà lavorare. Da diversi anni è colta da raptus da scrittura. Scrive qualsiasi cosa: racconti, drammaturgie, cortometraggi, fumetti, che ama poi realizzare coi suoi amici coi quali condivide, oltre l'arte, anche un'arteria di follia. Il suo sito è http://www.onirikadesign.it/

a presto in radio

d

La Tela Sonora

La Tela sonora e' una rete che attrae la poesia per espanderla e farla conoscere nel mondo, qui e ora: non esiste passato non esiste futuro. il futuro é il passato come é stato pensato da TE.

Ascolta ora in questo momento, l'unico possibile attimo.

Le parole della poesia letta sono adesso e ora, la loro musicalità é un tantra che raggiunge il cervello e soprattutto il cuore.

visita http://www.radioalma.blogspot.com/ ed ascolta le puntate trascorse in compagnia dei poeti.

La tela é per tutti grandi e piccini senza distinzione, accoglie per espandere per ritornare nel mondo con una forza più grande

Grazie a tutti coloro che hanno deciso di partecipare, la tela é vostra