giovedì 16 settembre 2010

Intervista a Monia Gaita


Intervista
di Antonietta Gnerre
a Monia Gaita

Monia Gaita è nata ad Imola ma ha sempre vissuto a Montefredane, paese d’origine in provincia di Avellino. Tra le sue pubblicazioni: “Rimandi”, persuasiva commistione di poesia e prosa, cui seguono le felicissime polifonie poetiche di “ Ferraluna”, “Chiave di Volta”, “Puntasecca” e “ Falsomagro”. Attualmente collabora con la rivista di studi sulle arti e letterature europee Sinestesie. Una scrittrice, ricca di sperimentalismo soprattutto linguistico, con un uso originalissimo della lingua, ne parliamo insieme in questa intervista:
-La ricerca linguistica è l'elemento che permea ogni sua poesia e la sua ultima raccolta "Falsomagro" lo testimonia.
“Certamente, credo che nella società dell´informatizzazione e del depauperamento infesto del linguaggio, diventi prioritaria una peculiare ricerca epifanica dell´espressione poetica in un´elaborazione testuale sbrigliata da lacci di sorta. Per me il poeta è colui che rifugge dalle soluzioni scontate e dalle comode scorciatoie innescando una reazione a catena di interesse, di stupore, di curiosità, bellezza e riflessione. Un grande filosofo americano Charles Morris nei primi del `900 parlò dei fondamenti della semiotica, la scienza generale del linguaggio. "Non c’è nessun essere vivente - sosteneva Morris - che si serva di segni tanto quanto gli uomini. La civiltà umana riposa su segni e su sistemi di segni " .
-Che cosa vuol dire questo tradotto in ambito poetico?
“Un´indagine accurata, affrancata dalle afte dell´approssimazione, per la forma: più termini s´agglomerano all´ingresso dei poli compositivi, ma uno solo sarà da preferire agli altri perché meglio riuscirà a rendere il senso del messaggio, l´odore, il colore, il sapore di un luogo, di uno stato d´animo, di una persona o di una cosa”.
-Facciamo un esempio?
“In un verso posso dire : " il giorno attiva le voci" oppure: " il giorno accende il forno delle voci". Notiamo subito come la metafora della seconda soluzione, sia più evocativa, più pregnante, più adatta, meno stereotipata. Il poeta ha un importante compito: riscattare il linguaggio dalle sfere della prevedibilità, azionare un processo di meraviglia ma non necessariamente di condivisione o di riconoscibilità. Possiamo amare anche ciò che è distante. Possiamo amare un uomo che non ci ama, un Dio percepito lontano o inseguire una speranza folle, una scia di luce che non si lascia afferrare. Tutto questo per me è poesia”.
-Da dove arriva questa ricerca della parola?
“Arriva da un mio modo di essere e di rispettare i veicoli segnici, cioè le parole, ma anche da una protesta contro i rasoi della banalità che imprimono il moto a un flaccido monopolio comunicazionale. La poesia può, quando è vera poesia, atterrare le scorie contingenti dell´istante fino a lambire l´Assoluto. Bisogna quindi prestare con attenzione non solo a quello che si dice, ma anche a come lo si dice. E´ auspicabile, quindi, che forma e contenuto, superando antitesi e dualismi all´apparenza insanabili, concilino armoniosamente le loro leggi per rifornire i versi del necessario combustibile vitale”.
-Lei scrive di getto oppure rivede i testi?
“Assolutamente rivedo i testi. Espungo, cancello, rinnego, aggiungo, ritraggo, reinvento, correggo e ricorreggo. Sono una fustigatrice severa ed autocritica di me stessa”.
-La poetessa che lei ha amato di più.
“La poetessa acmeista Anna Achmatova e l’americana Emily Dickinson sono per me poetesse assolute”.

-Un poeta italiano prezioso.
“ Eugenio Montale”.
-Di cosa parla la sua prima opera?
“Di ciò che parlerà anche la mia ultima opera. Come la Bibbia, l´argomento per me è sempre lo stesso”.
-Quale libro sta leggendo in questo periodo?
“La storia della letteratura italiana di Enrico Malato”.
-Perché?
“Per afferrare meglio le generalità evolutive delle opere e dei loro autori, nonché lo sviluppo diacronico della lingua italiana a seconda dei relativi periodi storici d’appartenenza”.
-Attualmente su cosa sta lavorando?
“A riordinare il mio disordine mentale senza eliminarlo mai del tutto: spesso dal caos germogliano le idee migliori. Attendo e spero un prossimo parto di luce>>.

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